Lecco: ricordati gli scioperi del 7 marzo '44. 'Con la libertà il pane ha più sapore'

«Noi adulti ci siamo addormentati, ci siamo impigriti. Tocca a voi giovani svegliarci. E se qualcuno di noi vi accusa di dire cazzate, non ascoltatelo. Perché avete più cose di noi da dire e dovete svegliarci». Quasi un appello che ha raccolto gli applausi, quello lanciato dal sindacalista Giuseppe Incorvaia  agli studenti radunati nell’aula magna dell’istituto “Bovara” per le celebrazioni della giornata del 7 marzo che ricordano gli scioperi del 1944 nelle fabbriche, quando una ventina di operai lecchesi venne deportata nei lager tedeschi.

Un momento della messa. Sotto la testa del corteo

Dopo la messa celebrata da don Mario Proserpio nella chiesetta dell’oratorio di Castello, il corteo – guidato dal presidente del consiglio comunale Roberto Nigiriello e dal consigliere provinciale Carlo Malugani – ha raggiunto il parco 7 marzo in corso Matteotti, nel luogo dove sorgeva la fabbrica Bonaiti che vide molti suoi operai tra i deportati.

Il presidente provinciale dell’Anpi lecchese Enrico Avagnina ha ricordato quelle tragiche giornate della primavera del 1944 che, per la nostra città medaglia d’argento per i valori resistenziali, hanno significato il legame tra la società civile e le varie Resistenze. Un pensiero, come ogni anno, è andato a Regina Aondio e Pino Galbani, due di quegli operai deportati e tra i pochi sopravvissuti, rimasti in silenzio per molti anni dopo il loro ritorno alla vita normale e che poi, «di fronte a episodi di razzismo, di fascismo, di negazionismo, hanno sentito l’insopprimibile bisogno si testimoniare» ed è proprio in memoria loro che noi oggi dobbiamo mantenere vive quella memoria e quella testimonianza». Concludendo, Avagnina ha ricordato la guerra in corso in Ucraina sottolineando le necessità di battersi per la pace, il cessate il fuoco e l’apertura di trattative.

E’ poi seguito il minuto di raccoglimento davanti alla lapide che ricorda appunto scioperi e deportazione: in prima fila, il prefetto Sergio Pomponio, il sindaco Mauro Gattinoni, il consigliere provinciale Carlo Malugani, il questore Ottavio Aragona.
Le celebrazioni hanno avuto il loro momento clou nell’aula magna dell’ex “Bovara” che ha ospitato l’incontro con gli studenti, uno dei momenti più significativi della giornata proprio per la volontà di trasmette il racconto quell’epoca storica (il fascismo, il nazismo, la guerra, la Resistenza, la liberazione) ai giovani affinché la memoria rimanga materia viva.

La serie degli interventi è stata aperta dal sindaco Gattinoni che ha invitato i giovani a diffidare di chi chiede di sospendere un diritto perché in un dato momento vi sono altri diritti più importanti: non è possibile, «in democrazia i diritti funzionano perché stanno assieme e si bilanciano» perché la democrazia «può ammalarsi se perde il suo spirito e diventa solo tecnica», se ci si limita a un rispetto dei regolamenti, se si elimina il dibattito «andando avanti solo a maggioranza e quindi diventando una dittatura della maggioranza, in fondo il fascismo è nato così». Ha infine ricordato l’inconto con Pino Galbani: «Si slacciò il polsino della camicia, mi mostro il braccio con tatuato il numero da prigioniero del lager e mi chiese toccarlo: “senti, è vero, è esistito”. Possiamo dimenticarcene…».

Il consigliere provinciale Malugani ha rimarcato la necessità che le istituzioni continuino a guardare a quei momenti della nostra storia: «Abbiamo il dovere di ricordare».
Il prefetto Pomponio si è soffermato sui concetti che le celebrazioni del 7 marzo racchiudono: lo sciopero, le Resistenze ed è giusto ormai definirle al plurale, la responsabilità. «Il 7 marzo 1944 – ha detto – si tornava a scioperare e fu un gesto di rottura civile dall’altissimo significato resistenziale. I lavoratori scioperarono perché le loro famiglie avevano fame perché la guerra porta fame e  morte, fu quindi una battaglia per la vita, ma fu anche una battaglia per la libertà: si tratta di valori indissolubili, perché con la libertà il pane ha più sapore».

E’ stato poi letto il messaggio della preside dell’istituto Bertacchi, Stefania Perego, che ha ricordato come in un periodo oscuro della nostra storia siano state le persone semplici, appunto gli operai, a mettersi in gioco per tenere accesa e vivida la luce della libertà.
Successivamente, Angelo De Battista (ex preside ed esponente del gruppo scuola dell’Anpi lecchese) ha presentato dal punto di vista dello storico gli eventi di quei giorni di 79 anni fa, di scioperi che non hanno eguali nella storia mondiale perché si svolsero sotto una dittatura, in tempo di guerra e in un Paese occupato, motivi che da soli spiegano il grande valore di quei momenti. Anch’egli ha concluso con un riferimento all’oggi, ricordando come Hitler e Mussolini non avessero remore nell’annunciare la volontà di entrare in guerra e di come la Costituzione italiana avesse poi stabilito che l’Italia ripudia la guerra»: «Un’altra aria».

E’ toccato poi ad Alessandra Anghileri portare agli studenti il messaggio di Emila Dell’Oro, figlia di uno degli operai deportati (Alessandro Dell’Oro) e residente del comitato lecchese dell’Associazione delle famiglie dei caduti e dispersi in guerra, ormai impossibilitata a muoversi per ragioni d’età, ma che ai ragazzi ha rivolto l’invito a resistere, a non demordere e a non rinchiudersi nell’individualismo per continuare a lavorare e discutere con gli altri, magari anche litigando ma senza superare il limite di non ritorno.

 

La serie di interventi è stata appunto concluso da Incorvaia, in rappresentanza dei sindacati confederali (Cgil, Cisl e Uil).
Ma la giornata è servita anche per presentare il lavoro di approfondimento effettuato nelle scuole, in particolare all’istituto Bertacchi, del quale due classi quinte hanno vinto il concorso “I giovani ricordano la Shoah” e sono state recentemente ricevute e premiate dal presidente della Repubblica. I ragazzi hanno realizzato un gioco sullo stile “Memory” che consente di approfondire una serie di tematiche sulla Shoah. Altre classi hanno invece realizzato un video sui “viaggi della memoria” realizzati ad Auschiwitz e alla Risiera di San Sabba a Trieste. In questo contesto si inserisce anche il brano musicale eseguito da Davide Milani che ha cantato in stile rap le parole di Primo Levi («Considerate se questo è un uomo…»).

L’incontro si è concluso con alcuni canti eseguiti dal coro della scuola media “Stoppani” diretto dal maestro Giuseppe Caccialanza.
D.C.
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