Lecco: omaggio ad Alfredo Chiappori nei ricordi di Valassi, Daccò e Castelnuovo

Poliedrico ma non eclettico perché c’era unitarietà nella sua opera, generoso, profondo, spirituale. E’ il ritratto che è stato offerto di Alfredo Chiappori, l’artista lecchese scomparso nell’ottobre dell’anno scorso e al quale è dedicata una mostra diffusa allestita in questi giorni in città e visitabile in diverse sedi ancora per oggi. In un incontro, tenutosi al Palazzo del commercio, alla presenza della moglie Mariarosa e  della figlia Sara,  Chiappori è stato ricordato dal già presidente della Camera di commercio Vico Valassi, dall’ex conservatore dei musei lecchesi Gianluigi Daccò e dall’attore Walter Castelnuovo, con il coordinamento della direttrice di Villa Monastero, Anna Ranzi.

Vico Valassi

Dopo i saluti istituzionali, è intervenuto Valassi che ha ricordato l’incontro con Chiappori dopo che per anni le vite di entrambi sono procedute su binari paralleli, apparentemente destinate a non incrociarsi. Fino al giorno in cui la Camera di commercio, allora presieduta appunto da Valassi, si è interessata – acquistandoli - dei pastelli del “Calendario dell’anima di Rudolf Steiner” realizzati appunto da Chiappori. «Non è stata un’acquisizione qualsiasi. Era molto legato a quel lavoro – ha detto Valassi - ci teneva molto. E quando ha capito che ci interessava proprio quello, è stato contento di cederlo.» Del resto, l’aggiunta, la Camera di commercio ha realizzato una sorta di riunione tra l’allievo e il maestro, tra Chiappori e Orlando Sora che proprio Chiappori indicava come colui che gli aveva insegnato a usare i colori: «E in Camera di commercio ci sono anche quadri di Sora. E’ stato bello metterli assieme».

Gianluigi Daccò con la figlia e la moglie di Chiappori. A destra la Presidente della Provincia Alessandra Hofmann


Da parte sua, Daccò ha rievocato un’infanzia in comune, anche se Chiappori era un po’ più grande. Entrambi però sono cresciuti in via Mascari, «io abitavo davanti a lui che aveva una casetta su un albero e ci invitava salvo poi cacciarci via. Lui ci faceva giocare: ci portava sui tetti e faceva giochi d’ipnosi. Poi, per un po’ ci siamo persi di vista. Ognuno aveva preso la sua strada».
L’ex conservatore si è soffermato sul lavoro artistico di Chiappori che è stato il primo disegnatore satirico italiano («Poi sono venuti tutti gli altri»), ma il suo lavoro andava molto oltre: basti pensare alla “Storia d’Italia a fumetti” realizzata con la collaborazione di Franco Della Peruta e Giorgio Candeloro. Perché Chiappori era un uomo di grande di cultura e aveva queste frequentazioni: Giulio Carlo Argan, Umberto Eco….». E per la cultura lecchese, molto ha fatto, in una città  in cui la cultura – negli anni Cinquanta e Sessanta – era rappresentata da una piccola biblioteca con un migliaio di volumi, un museo abbandonato a se stesso da cinquant’anni e da un teatro chiuso che ha rischiato di essere abbattuto.

Ricordando anche come, in un certo qual modo, per mezzo di Chiappori si sia anche arrivati alla costituzione della galleria d’arte moderna dei musei lecchesi. E’ riandato all’anno 1984, quando Livorno fu teatro della famosa beffa delle teste di Modigliani. Direttrice del museo livornese era Vera Durbé che aveva ipotizzato il “museo progressivo”: non essendoci un museo, Durbé aveva pensato di organizzare mostre di artisti contemporanei chiedendo loro di lasciare ciascuno un’opera che sarebbe andata ad arricchire la collezione museale. «Se la vicenda Modigliani – ha continuato Daccò – è costato il posto a Vera Durbé, la formula del museo progressivo è rimasta ed è quella che abbiamo adottato anche a Lecco, partendo proprio da mostre di opere di Chiappori. E oggi i musei lecchesi hanno appunto una sezione di arte contemporanea».
«Era un personaggio poliedrico – ancora parole di Daccò - E’ stato pittore, fumettista, scrittore, uomo di teatro, insegnava ed era un bravissimo didatta, esperto di musica barocca» aveva approfondito la teoria dei colori di Goethe e l’antroposofia di Rudolf Steiner, aveva illustrato l’Apocalisse e attraverso il Qohelet (il libro dell’Ecclesiaste dell’Antico Testamento) aveva incontrato il cardinale Gianfranco Ravasi con il quale ha avviato un dialogo profondo.

Walter Castelnuovo

In centro Anna Ranzi

 

Infine, Castelnuovo ha palato del Chiappori “taetrale”, della svolta impressa alla nostra città diventata negli anni Settanta del Novecento un punto di riferimento per il teatro di ricerca, con un laboratorio teatrale che ha messo in circolo molte energie portando esperienze del calibro di Jerzy Grotowski,  di maestri indiscussi del TeatrouNo giapponese e del Katakali indiano, dell’Odin Teatret, di Eugenio Barba.
«La sua – ha detto Castlenuovo – era una ricerca della felicità in direzione ostinata e contraria, per usare le parole di Fabrizio De André: ha sempre voluto essere anche scomodo e a Lecco è stato anche scomodo, per una città con la quale i rapporti sono stato anche conflittuali. Certo è che Alfredo era una persona molto generosa. Se si andava al di lè di certi atteggiamenti magari un po’ burberi, si trovava una persona profonda e spirituale, perché la sua era una ricerca spirituale attraverso l’arte, qualsiasi tipo di arte».
D.C.
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