Solidarietà al popolo ucraino e fermezza nell'invio di armi: il messaggio dal 'sit-in' lecchese a un anno dalla guerra

A causa del maltempo, il sit-in organizzato domenica in piazza Cermenati a Lecco ad un anno dalla scoppio della guerra in Ucraina, si è trasformato in un’assemblea pubblica nella sala civica di via Seminario a Castello. Qui, in poco più di un’ora, si sono susseguiti oltre dieci interventi in rappresentanza dei tanti soggetti che hanno aderito all’iniziativa lanciata dalla sezione della Gioventù Federalista Europea di Lecco, tutti con una linea molto chiara: solidarietà al popolo ucraino e fermezza nell’invio di armi a Kiev.

Una posizione condivisa anche dal consigliere comunale di Ambientalmente Paolo Galli intervenuto in rappresentanza dell’amministrazione comunale che, ha detto, “appoggia la forza degli ucraini che si ribellano all’idea che si possa ottenere qualcosa con un’invasione. Che cosa è una pace giusta lo devono stabilire gli ucraini, come cittadini europei dobbiamo chiederci perché in questo anno abbiamo voltato la faccia dell’altra parte. La politica e la democrazia devono garantire una vera pace, mi piacerebbe che parlassero le persone e non le armi ma in questo momento non vedo alternative”.

Sull’importanza della libertà e della democrazia si è concentrato anche l’intervento di Alexandre, giovane studente ucraino che si trovava in Italia al momento dello scoppio della guerra e ha voluto cominciare il suo discorso proprio ricordando quel giorno: “Era una mattina molto tranquilla, quando mi sono svegliato e ho saputo quello che stava accadendo non riuscivo a crederci. Ho chiamato subito mia mamma, le ho detto di rimanere calma, di avere fiducia nell’esercito e di fare quello che avrebbe detto il governo. Da quel giorno ogni sera, con altri ucraini, mi ritrovo in piazza del Duomo e Milano per un sit-in e sotto alla bandiera del nostro Paese ci sono ogni giorno tante persone di nazionalità diverse, non solo per denunciare l’invasione e il conflitto ma per affermare il valore della libertà: non si tratta solo dell’Ucraina, ma anche dell’Europa e del mondo. Perché quello che sta accadendo in Ucraina dimostra che dobbiamo impegnarci a difendere quei diritti che a volte diamo per scontati”.

E proprio sulla Europa si è concentrato l’intervento del Segretario regionale del Movimento federalista europeo: “Come europei dobbiamo farci un esame di coscienza e chiederci come mai abbiamo consentito di arrivare a questo punto? La guerra è scoppiata nel 2014 ed è precipitata lo scorso anno, forse si poteva fare qualcosa in questi anni? La guerra ha mostrato subito le fragilità dell’Europa, gli accordi di Minsk del 2015 dovevano essere garantiti anche da Francia e Germania, tutti noi condanniamo la Russia da anni ma servono degli strumenti per agire e su questo noi federalisti ci battiamo. Pensiamo a quello che è successo in Afghanistan, noi europei abbiamo siamo rimasti a guardare quello che facevano i nostri alleati e poi siamo fuggiti anche noi, se domani gli Stati Uniti decidessero di abbandonare anche l’Ucraina? Per agire serve il potere di agire ed è quello che manca alla Unione Europea”.

Un tema su cui ha insistito anche Costantino Ruscigno: “La Russia ha aperto una nuova fase geopolitica in cui le autocrazie hanno dichiarato guerra alle democrazie di tutto il mondo. Sull’Ucraina si sta concentrando questo scontro e noi dobbiamo permettere alla Ucraina di fare questa battaglia per loro e per noi, per dare un messaggio alle altre autocrazie. E dobbiamo riflettere anche sul tema della difesa comune, è incredibile che non riusciamo a costruire una difesa europea con quello che sta succedendo. Stiamo dimostrando di non essere all’altezza del tempo”.
La “pace pragmatica” è stata poi invocata da Filippo Bagnara, segretario dei giovani federalisti europei: "L’opinione pubblica in Italia è male informata e ritiene che l’invio di armi alimenti la guerra ma non è così perché Putin non si fermerà davanti a niente. L’unico modo per terminare la guerra è mettere gli ucraini nelle condizione di contrattaccare. Senza armi e finanziamenti occidentali l’Ucraina non può vincere, l’escalation esiste già e noi siamo già in conflitto con la Russia. Questo è un test della storia per l’Unione Europea e per i suoi alleati”. Una posizione condivisa da Armando Crippa di “Cassago chiama Chernobyl” che ha ribadito che “la difesa dell’Ucraina oggi è la difesa dell’Europa, perché con i guerrafondai non si può ragionare”. Il cavaliere ha ricordato la resistenza dei cittadini della regione di Chernobyl che “è stata eccezionale” e la raccolta di fondi promossa sul territorio per la ricostruzione dell’Ucraina che ha già raccolto 110mila euro”.

L’esponente del Comitato Giovani Per L’Ucraina ha invitato i presenti a “portare nella quotidianità il messaggio ascoltato durante l’assemblea, facendo capire a chi ancora nonna una posizione netta che la questione ci riguarda direttamente e per questo non dobbiamo lasciare da solo il popolo ucraino”. Un concetto ribadito da Più Europa con Domenico Saggese: “Quando si comprimono i diritti di qualcuno si possono comprimere i diritti di tutti. La Russia è una minaccia per la democrazia”. Eleonora Lavelli di Azione ha invitato i presenti a rimanere informati: “In quest’anno ci siano abituati a questa guerra e ha preso un po’ spazio l’indifferenza che è il male più grande”. Mentre Giorgio Papa dei Giovani Democratici ha denunciato il fatto che questa "guerra è trattata in maniera banalizzante dai media italiani, con una narrazione putiniana che viene portata avanti come se l’autodeterminazione dei popoli non contasse. L’obiettivo russo è quello di trasformare l’Ucraina in una colonia, dobbiamo tracciare una linea: o si è putiniani o si difende la democrazia”. Polemica aperta con l’Anpi per il rappresentante dei Democratici europei secondo il quale l’associazione sarebbe portavoce del messaggio “meglio una resa che la difesa”. “Quelli che vogliono la pace dicono che la guerra è voluta da Nato, dall’Europa, dall’Ucraina, avallati dall’indifferenza della popolazione italiana. L’Europa è stata molle, perché non avevano un esercito è un’idea”.

A tirare le fila del pomeriggio il Presidente dell'associazione L'Asino di Buridano: “È un anno che sentiamo il dibattito tra pace e guerra. Qua tutti amiamo la pace ma che cos’è la pace? Non può essere piegato a un concetto, le paci non sono tutte uguali perché le guerre non sono tutte uguali. Questa non è una guerra ambigua, quindi non può esserci una pace ambigua: la pace è quando l’aggressore depone le armi”.
M.V.
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