Lecco: crac della 'Grisori', parte in salita il processo bis a Marinaro e Meoli



Anche il Presidente del Collegio giudicante - la dottoressa Bianca Maria Bianchi - nel bel mezzo dell'udienza si è posto la domanda "ma perché un altro processo?".
E' entrato quest'oggi nel vivo il secondo procedimento intentato nei confronti di Matteo Meoli e Giovanni Marinaro (il "Gianni" già condannato nell'ambito dell'inchiesta Insubria come pure in Wall Street) quali presunti amministratori della Grisori Company Srl, impresa con sede in città, attiva, fino al 2012, nel settore delle imbiancature. A vario titolo sono chiamati a rispondere di bancarotta fraudolenta, per presunte distrazioni dai conti societari per un totale di circa 220 mila nel periodo intercorso tra il 6 novembre 2019 e il fallimento. Soltanto nell'ottobre 2020 il primo round con la Giustizia si era chiuso positivamente per entrambi gli imputati. Al centro del primo processo vi era la presunta distruzione delle scritture contabili sempre della Grisori, allo scopo di non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio societario. Marinano - assistito dall'avvocato Ilaria Guglielmana - era stato assolto. Meoli aveva ottenuto la derubricazione del reato a lui ascritto in bancarotta semplice con contestuale dichiarazione di non luogo a procedere per intervenuta prescrizione. Poi un nuovo rinvio a giudizio e dunque, per l'appunto, il procedimento numero due "azzoppato" - o almeno questa è stata la sensazione odierna - proprio dall'essere uno spin off del fascicolo originale. La testimonianza dell'operante della Guardia di Finanza che avrebbe dovuto ricostruire in Aula l'impianto accusatorio è stata "mutilata" dal fatto che le deleghe per alcuni accertamenti fossero riferite all'inchiesta madre, con gli elementi racconti non utilizzabili dunque nell'istruttoria bis. A complicare ulteriormente il quadro le vicissitudini della filiale presso cui era aperto il conto della Grisori, passata da Banca Etruria a Banca Progetto, con l'archiviazione della documentazione utile per capire chi avesse accesso allo stesso. Ricostruiti invece i movimenti dell'anno 2010 (279.000 euro per assegni bancari, 61.000 euro per assegni circolari, 47.180 per bonifici e 44.460 euro per prelievi).
Per chiarire poi chi gestisse l'impresa, introdotto come testimone anche un ex dipendente di nazionalità marocchina, che - esprimendosi a fatica, pur essendo in Italia da vent'anni - ha spiegato come dopo un ricovero Marinaro sia passato dall'essere il "padrone" all'essere il "capocantiere", cedendo le redini a altro soggetto. Nella sua nuova veste "Gianni" avrebbe comunque continuato a dargli direttive, portandogli anche la paga (assegni o contanti). In assenza di un ulteriore testimone assente pur regolarmente citato (la prossima volta sarà accompagnato dai carabinieri), il processo è stato aggiornato al prossimo 15 giugno.
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