Lecco: compra su Instagram una maglia Dior, truffata una poliziotta. Assolta l'imputata

Il Tribunale di Lecco
Ennesima truffa online arrivata all'attenzione di un giudice del Tribunale di Lecco, il dottor Paolo Salvatore per l'esattezza. Pressoché identico a tanti altri il copione se non fosse che a venire fregata questa volta è stata... una poliziotta. Ebbene sì ci è cascata anche un'operatrice della Questura di Lecco. L'agente, nel dettaglio, nell'aprile 2019, ha tentato di acquistare una maglietta Dior vista su una pagina Instagram apparentemente dedicata alla commercializzazione al dettaglio di articoli d'abbigliamento. Apparentemente perché, come in decine e decine di altri casi, una volta effettuata la ricarica sulla PostePay della sedicente venditrice della stessa si sono perse le tracce. E con lei, ovviamente, anche della maglietta firmata prenotata (e pagata 105 euro) dalla vittima. Alla poliziotta non è così rimasto altro che sporgere denuncia, attivando i colleghi della Squadra Mobile. Acquisita la querela della persona offesa, quest'oggi, in Aula, è stato escusso l'assistente capo che si è occupato degli accertamenti che hanno portato a giudizio Francesca C., classe 1988, residente in un comune della cintura milanese, quale intestataria della carta postale su cui è transitato il denaro corrisposto dalla raggirata. A suo carico, a maggio 2019, risultavano, tra l'altro, altre tre “segnalazioni” per fatti analoghi relativi a "vendite" in danno a acquirenti di Arezzo e Porto Cervo, con la sua card poi bloccata di iniziativa dalle Poste in relazione a “movimenti sospetti”.
Per attivare la scheda, è stato appurato sempre dalla Questura lecchese, era stata utilizzata la carta d'identità della donna associata a un'utenza telefonica riconducibile però a soggetto pluripregiudicato, risultato essere il suo allora convivente. La donna, sentita dagli inquirenti nel corso delle indagini, ha poi "incolpato" quest'ultimo, indicandolo quale il reale utilizzatore della PostePay. Evidenziando altresì una difformità tra la firma riportata sulla carta d'identità dell'imputata e quella apposta sui documenti per il rilascio della card, il vpo Caterina Scarselli, all'esito dell'istruttoria ha chiesto l'assoluzione della milanese. Si è associato l'avvocato Arveno Fumagalli, evidenziando manchi anche la prova che a richiedere la tessera - formalmente intestata a lei - sia stata la sua assistita, sottolineando altresì come la 35enne non si sia resa irreperibile come invece l'ex convivente, sparito nel nulla, probabilmente anche per sottrarsi alla giustizia.
Il fatto non sussiste ha sentenziato il giudice, assolvendo dunque la signora.
A.M.
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