Calolzio: reddito di cittadinanza percepito illegittimamente? Giovane donna assolta

Assolta dall'accusa di truffa aggravata (art.640 bis c.p.) per l'indebito percepimento del Reddito di Cittadinanza. Stamani il giudice in ruolo monocratico del tribunale di Lecco Paolo Salvatore ha sollevato da ogni responsabilità una cittadina romena classe 1984 finita a processo a seguito di controlli effettuati da INPS e Guardia di Finanza.
In particolare alla donna, residente a Calolziocorte, veniva contestata una falsa attestazione sulla modulistica, compilata ed inviata all'istituto di previdenza, per richiedere il sussidio. Fra i requisiti necessari al momento di presentazione della domanda, figura infatti la permanenza in Italia da almeno dieci anni. Dai controlli effettuati dalle Fiamme Gialle - come spiegato in Aula dall'operante del comando provinciale di Lecco - l'imputata risiedeva nel nostro Paese dal 2012. Avendo fatto richiesta del RDC nel dicembre 2019, a detta della GdF non sarebbero quindi trascorsi i due lustri necessari per legittimare la concessione del sostegno economico.
Ascoltato quale teste della Procura anche un funzionario dell'INPS di Lecco che - a domanda postagli dal vpo Caterina Scarselli - ha spiegato l'iter richiesto per inoltrare domanda di assegnazione del RDC. Nel caso specifico l'imputata aveva presentato la propria istanza compilando un modulo presso l'ufficio postale del Comune di residenza; i controlli erano stati effettuati in municipio a Calolziocorte, con la revoca della prestazione amministrativa una volta emersa la mancanza del requisito anagrafico relativo alla residenza.
Sottopostasi ad esame però, la 38enne ha spiegato di essersi trasferita in Italia il 1°maggio 2009, andando a vivere presso un'amica residente in Provincia di Bergamo. A dimostrazione di questa circostanza è stato citato quale teste un amico della donna, con la quale la stessa aveva iniziato una frequentazione proprio in quel periodo. La sua conferma è stata citata nell'arringa dell'avvocato Francesca Allegra che ha chiesto l'assoluzione della propria assistita, sottolineando la buona fede della 38enne e al contempo i difetti di una procedura (quella di richiesta del sussidio) che non tiene conto delle eventuali difficoltà di comprensione da parte di soggetti di origine straniera.
Dopo essersi ritirato in camera di consiglio, il giudice ha assolto la donna poichè ''il fatto non sussiste'', sentenza peraltro in linea con la richiesta formulata anche dal pubblico ministero.
G.C.
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