Il Tribunale di Lecco
Il fatto non sussiste. Così quest'oggi ha sentenziato il collegio giudicante del tribunale di Lecco – presidente Paolo Salvatore, a latere Martina Beggio e Gianluca Piantadosi – chiudendo il fascicolo incentrato su un presunto caso di corruzione tra privati (reato previsto dall'articolo 2635 del codice civile) ambientato tra le mura della Clinica San Martino di Malgrate. A processo una sola delle due parti coinvolte. Ha infatti optato per la messa alla prova A.F., infermiera libera professionale che, in qualità di caposala del blocco operatorio, delegata anche alla gestione delle forniture, stando all'originale impianto accusatorio, a fronte di utilità per sé, avrebbe ordinato materiale in sovrabbondanza rispetto alle reali esigenze della struttura, arrivando anche a immagazzinare commesse troppo prossime alla scadenza per essere smaltite per tempo se non già scadute. Tra le scorte, trovate, nel corso dell'inventario disposto dall'amministrazione dopo le segnalazioni di altri dipendenti, anche provviste etichettate come “campione gratuito” i cui costi erano però stati imputati alla Clinica. A giudizio, dunque, solo chi avrebbe “unto” tale comportamento ovvero la signora F.P., classe 1978, rappresentante della HTC, abituale fornitore, al tempo (siamo nei primi mesi del 2019), dell'ospedale privato malgratese per quanto riguarda dispositivi per la protezione individuale, strumentario chirurgico, apparecchiature per sala operatoria e materiale di consumo. Ad incastrarla, nella ricostruzione tracciata in requisitoria dal pubblico ministero Simona Galluzzo – erede di un fascicolo istruito da altro collega – uno scambio di messaggi con A.F. - “dal tenore abbastanza inequivocabile” - “intercettato” da un soggetto terzo e corredato dall'immagine di un bonifico in favore dell'infermiera con casa nel casatese, effettivamente poi riscontrato dagli operanti della Guardia di Finanza che hanno svolto l'attività investigativa. Pur in assenza di una precisa quantificazione del danno arrecato alla Clinica, ritenendo lo stesso comunque sussistente e comprovato, la PM ha quest'oggi chiesto, all'esito della sua disamina, 6 mesi di condanna per F.P. (partendo da una pena base di 8, alleggerito per la concessione di un'attenuante).
Non essendoci costituzione di parte civile – la San Martino ha trovato infatti un accordo con l'imputata, non insinuandosi dunque nel procedimento – la parola è passata subito al difensore della “venditrice” che ha ricordato l'esistenza di un contenzione civile tra Clinica e HTC, contenzioso chiusosi con una transazione che ha implicato, da una parte la restituzione al fornitore di parte del materiale ritenuto “eccedente” ma dall'altra anche la corresponsione da parte dell'ospedale di 15.000 euro per quanto trattenuto, al netto del “surplus” rinviato al mittente. Tutto ciò per sottolineare come per la struttura non vi sia stato – a suo giudizio – alcun danno.
Evidenziato poi come l'istruttoria abbia ben fatto emergere l'inadeguatezza di A.F nello svolgere la mansione che le era stata assegnata, nonché la sussistenza di un rapporto di amicizia o comunque extralavorativo tra l'imputata e la caposala (coinvolgendo anche altri membri della direzione) che in qualche modo giustificherebbe anche le consulenze – a pagamento – rese (nella versione difensiva) dall'infermiera alla rappresentante commerciale, in attività anche in Svizzera, realtà conosciuta dalla casatese per avervi lavorato prima di approdare a Malgrate.
Insomma, a detta del difensore a F.P si può contestare la caduta di stile per il tenore dei messaggi scambiati con A.F ma non vi sarebbero elementi di prova a suo carico per sostenere l'accusa di “corruzione tra privati”. E assoluzione è effettivamente, dopo una breve camera di consiglio, è stata.
A.M.