L’Unione Europea, Zelenski e la guerra
Giorgio Motta
Ma l’ingresso dell’Ucraina nella EU sarebbe veramente un arricchimento per tutti i 27 stati membri? O non sarebbe piuttosto un fattore destabilizzante? Basta dare un’occhiata alla cartina geografica per rendersi conto di come l’ingresso dell’Ucraina nella EU modificherebbe radicalmente l’assetto geopolitico attuale: avremmo lo stato membro più esteso dell’Unione (con una superficie di 603.000 km2, pari cioè a due volte quella dell’Italia, e comunque superiore a quella di Francia e Germania) e al 5° posto per numero di abitanti (ben 44 milioni). Inoltre il baricentro politico slitterebbe da Bruxelles/Strasburgo a est, con le conseguenze del caso, vale a dire un confine diretto di circa 1600 km con la Russia.
Selenski non perde occasione per affermare come l’Ucraina sia il paese che più di altri meriti di far parte della EU: difende infatti in prima linea democrazia e libertà, impedendo al tiranno Putin di espandere a ovest il suo modello autocratico.
E per raggiungere questo obiettivo il presidente ucraino ribadisce ogni giorno la necessità che gli altri Stati europei (e anche gli USA) forniscano armi sempre più potenti e aggressive. I carri armati difensivi non bastono più. Occorrono i carri armati da combattimento se si vuole liberare i territori occupati dalle truppe russe, vale a dire Luhansk, Donetsk,
Zaporizhzia, Kherson e anche la Crimea. E così anche la Germania ha abbandonato la sua posizione di estrema cautela finora portata avanti dal cancelliere Scholz, annunciando che fornirà 14 Leopard a Kiew. Decisione molto apprezzata dai Verdi che, dall’inizio del conflitto, sono ormai i maggiori fautori di un appoggio militare incondizionato all’Ucraina. La ministra degli Esteri tedesca, Annalena Baerbock (Verdi), ha recentemente affermato: “L’Ucraina non può assolutamente perdere questa guerra. L’Ucraina deve vincere!” Uno slogan nel quale sembrano ritrovarsi tutti i Paesi occidentali. I quali sembrano però perdere di vista i rischi di un appoggio militare sempre più massiccio che sta lentamente portando l’Occidente ad essere, suo malgrado, parte in causa.
In occasione dell’80° anniversario della vittoria sovietica nella battaglia di Stalingrado (2.febbraio 1943) Putin è intervenuto con un discorso che non lascia dubbi sulla volontà della Russia di colpire quegli Stati che, appoggiando l’Ucraina, sono giocoforza nemici di Mosca: “Sembra incredibile, ma è un dato di fatto: Veniamo di nuovo minacciati dai carri armati tedeschi! (…) Ma abbiamo qualcosa con cui rispondere. E il tutto non si risolve con l’impiego di carri armati. Tutti dovrebbero capirlo …” Il portavoce del Cremlino, Dmitir Peskow, ha poi aggiunto: “Se vengono impiegate nuove armi fornite dall’Occidente, la Russia utilizzerà totalmente il potenziale a sua disposizione per reagire.”
Per la maggior parte dei politici si tratta della solita propaganda russa per intimorire l’Occidente e dividerlo. Ma io non ne sarei così sicuro. Sono comunque sono parole sconvolgenti, che mettono paura e che vanno seriamente considerate per quello che sono: una minaccia. Ma anche qui molti politici rispondono: l’Occidente non si lascia intimorire da Putin!
Intanto la guerra dura ormai da un anno, e con il passare del tempo la situazione non solo si fa sempre più complessa, ma svaniscono anche le possibilità di una risoluzione diplomatica. Anche perché da nessuna delle due parti c’è la volontà di arrivare ad un compromesso. Sia Russia che Ucraina puntano sulla vittoria finale. Brutta parola, questa, utilizzata dalla propaganda nazionalsocialista negli ultimi mesi di guerra. E sappiamo bene come è andata a finire.
Se all’Unione Europea sta veramente a cuore il destino dell’Ucraina, qualcuno dei vertici politici di Bruxelles dovrebbe cercare di far capire a Selenski che questa guerra va conclusa prima che sia troppo tardi e che l’Ucraina, senza l’appoggio incondizionato della NATO, questa guerra non potrà mai vincerla. E in tal caso a farne le spese sarebbe l’umanità intera. Nel frattempo Selenski e una serie di warlords hanno già fatto sapere che i Leopard non basteranno e che ci sarà bisogno anche degli F-16, gli aerei da combattimento americani. Per ora EU e USA hanno risposto con un secco “no”, come pure all’invio di truppe di terra. Speriamo non finisca come con i Leopard ...
Barlume di speranza in questo minaccioso scenario di guerra: il neo-eletto presidente brasiliano Lula da Silva, oltre ad aver ribadito che il suo Paese non fornirà armi all’Ucraina, ha dato la sua disponibilità a mediare per giungere ad una soluzione diplomatica del conflitto.
Giorgio Motta, ex-docente di Lingua e Civiltà Tedesca Liceo Manzoni Lecco