Omicidio Ziliani: al processo sentita anche una operatrice del CAF di Lecco. Laura sepolta viva?

Laura Ziliani
Anche Lecco entra nel processo per l'assassinio di Laura Ziliani, l'ex vigilessa di Temù, scomparsa dal piccolo borgo della Valcamonica l'8 maggio di due anni fa e trovata esanime solo tre mesi più tardi, lungo il corso del fiume Oglio. Ieri al processo che vede imputati per omicidio volontario e occultamento di cadavere le figlie Paola e Silvia Zani, 21 e 28 anni, nonché Mirto Milani, il fidanzato di quest'ultima, cresciuto tra Olginate e Calolzio, è stata escussa infatti anche un'operatrice del CAF lariano. A lei, telefonicamente, si sarebbe rivolta la mamma del giovane, tratto in arresto con le due coimputate nel settembre del 2021, per poi confessare le proprie responsabilità nove mesi dopo, incalzato dagli inquirenti informati delle confidenze fatte dal 28enne a un compagno di cella.
"Mi chiamò una donna dicendomi di essere la mamma del fidanzato di una ragazza la cui madre era scomparsa nei giorni precedenti, a Temù, nel Bresciano", si legge nelle cronache del processo, in corso in Corte d'Assise nel capoluogo capitale della cultura insieme a Bergamo. L'intento sarebbe stato quello di sbloccare il conto della Ziliani, in quel momento solo scomparsa. Nonostante l'insistenza della controparte, l'operatrice del CAF avrebbe chiuso la conversazione ribadendo la necessità dell'accertamento del decesso, consigliando alla sua interlocutrice di rivolgersi ad un avvocato. Una veloce ricerca in internet avrebbe poi permesso all'impiegata di associare la telefonata al caso della vigilessa sparita nel nulla e ritrovata senza vita solo nel mese di agosto, dopo una serie di depistaggi, dall'iniziale racconto della passeggiata mattutina alle scarpe della 55enne fatte ritrovare a settimane di distanza dall'avvio delle ricerche. Una testimonianza quella della lavoratrice lecchese introdotta probabilmente dal PM Caty Bressanelli a sostegno della tesi del movente economico dell'omicidio. Al centro dell'udienza, comunque, le conclusioni dei consulenti tecnici, chiamati a ricostruire le cause della morte della donna, stordita - nel racconto reso dalle figlie e da Milani - con un mix di benzodiazepine (tre diverse quelle trovate nel suo sangue) per poi essere soffocata con un sacchetto di plastica stretto attorno al collo. I medici legali hanno dovuto altresì stabilire se Laura Ziliani fosse ancora viva quando fu sepolta sull'argine dell'Oglio. Un macabro dubbio nato dalle (presunte) rivelazioni del 28enne con casa a Calolzio. Mirto avrebbe infatti raccontato ad un proprio compagno di cella di essersi sorpreso del fatto che la "suocera" continuasse, in auto, a sussultare.
L'assenza di terriccio nei polmoni dell'ex vigilessa farebbe escludere l'inumazione da viva. Il dottor Andrea Verzelletti ha però aggiunto un particolare: “E’ anche vero che de la respirazione della donna fosse stata fortemente compromessa non l’avremmo trovato. Le contrazioni muscolari in caso di morte si esauriscono subito. Fossero proseguite, avrebbero indicato che Laura era in vita”. Per i consulenti di parte civile Fabio Scarpari e Rossella Gottardi i movimenti sussultori sarebbero compatibili con la morte cerebrale. Quanto al "come", confermata l'asfissia meccanica. "Il sacchetto di plastica è lo strumento più compatibile”.
Invia un messaggio alla redazione

Il tuo indirizzo email ed eventuali dati personali non verranno pubblicati.