Lecchese, fatture false per sconti sull'affitto: patteggiano gli inquilini, assolti 2 imprenditori su 3
L'accesso al Tribunale di Lecco
Si è chiuso stamani al cospetto del giudice per le udienze preliminari del Tribunale di Lecco Nora Lisa Passoni il procedimento originato dall'inchiesta “Do ut des” portata a termine nell'autunno del 2020 dalle Fiamme Gialle del Comando di via Gondola. Il faro della Finanza, nello specifico, si era acceso su un presunto giro di fatture per prestazioni inesistenti, emesse – nella versione degli inquirenti - da un lato per ottenere sconti sui canoni di locazione e dall'altro per ottenere benefici in termini di versamenti all'Erario.
Otto gli imputati: Aurelio Bolis (classe 1935), Franco Bolis (1965) e Pietro Bolis (1970), assistiti dall'avvocato Savero Megna nonché di Davide Di Leo (classe 1990), Eugenio Di Leo (1960), Pietro Sirianni (1959), Mario Sirianni (1953) e Marzio Lanzaro (1944). “Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti” la contestazione mossa ai primi. “Emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti”, l'accusa formulata in capo agli altri. Quest'ultimi, inquilini di abitazioni riconducibili alle attività immobiliari dei Bolis, secondo quanto a suo tempo comunicato dalla stessa Guardia di Finanza, non essendo in grado di corrispondere gli affitti pattuiti, si sarebbero prestati ad emettere, in qualità di tenutari di partita iva, false fatture, consentendo così a alcune società della stessa "galassia", di aumentare artificiosamente i costi di esercizio, riuscendo poi in sede di dichiarazione fiscale annuale, ad abbattere i debiti con l'Erario. Cinque gli anni vagliati dai baschi verdi, per fatture per complessivi 1.5 milioni di euro circa e una supposta evasione di Iva quantificata in prima battuta dagli inquirenti in circa 100 mila euro.
Revuso il danno patrimoniale, Franco e Pietro Bolis sono stati quest'oggi assolti (a fronte della condanna rispettivamente a 6 e 9 mesi chiesta dalla PM) mentre il GUP ha condannato il padre Aurelio Bolis a un anno e 8 mesi (la Procura aveva ipotizzato 2 anni e 8 mesi), concedendo all'impresario la sospensione condizionale della pena e i benefici di legge.
Come anticipato, hanno invece patteggiato gli altri coinvolti. Un anno e 6 mesi la pena applicata (e quasi per tutti sospesa) a Pietro Sirianni, Mario Sirianni e Marzio Lanzaro (rappresentanti dall'avvocato Marcello Perillo) nonché a Davide Di Leo e Eugenio Di Leo.
A.M.