Lecco: i commercialisti spiegano la 'tregua fiscale' nella legge di bilancio 2023
Marco Barassi
“Il beneficio – spiega Marco Barassi, Presidente dell'Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Lecco - consiste nella riduzione delle sanzioni a 1/18 del minimo edittale non diversamente graduato a seconda del momento in cui è effettuato il ravvedimento, al contrario di come invece avviene nel ravvedimento ordinario dove la sanzione subisce una riduzione maggiore quanto più la correzione è prossima al compimento della violazione; sono dovute le imposte e gli interessi e vi è la possibilità di rateizzare la somma dovuta in 8 rate trimestrali”.
“Il ravvedimento speciale – prosegue Barassi - è fruibile se la violazione non è già stata contestata con atto impositivo dall’Agenzia delle Entrate. E’ prevista anche la definizione agevolata di quanto dovuto in base agli avvisi bonari relativi ai periodi di imposta in corso al 31 dicembre rispettivamente degli anni 2019, 2020 e 2021; il termine di pagamento non deve essere scaduto al 1° gennaio 2023 o gli avvisi devono essere ricevuti dopo tale data. L’agevolazione consiste in una riduzione delle sanzioni alla misura del 3% in luogo dell’ordinario 30% (ridotto al 10% se si paga quanto richiesto entro 30 giorni)”.
Analoga agevolazione, spiega il presidente dei commercialisti, è stabilita anche per le rateazioni ancora in corso al 1° gennaio 2023 relative a controlli automatizzati (non sono sanabili le comunicazioni da controllo formale); è estesa inoltre la possibilità di pagamento rateale fissata in 20 rate trimestrali.
“E' dunque prevista una riduzione anche molto rilevante delle sanzioni a condizione che il contribuente effettui il ravvedimento operoso speciale – rimarca Barassi - In tal caso, stante la regolarizzazione effettuata dal contribuente, l’ulteriore riduzione delle sanzioni garantita dalla tregua fiscale non contraddice la funzione deterrente della sanzione, ovvero scoraggiare il comportamento antigiuridico del contribuente. Lo stesso vale per gli avvisi bonari perché l’eventuale errore è rilevabile direttamente e in via informatica dall’Agenzia delle Entrate”.
Ulteriore possibilità di definizione agevolata riguarda gli avvisi di accertamento e gli atti di recupero emessi dall’Agenzia delle Entrate non impugnati e ancora impugnabili alla data di entrata in vigore della legge e quelli notificati successivamente entro il 31 marzo 2023 che sono definiti con la riduzione a un diciottesimo delle sanzioni irrogate in luogo dell’ordinaria riduzione a un terzo con pagamento entro i termini per la proposizione del ricorso. Le somme così dovute sono rateizzabili in un massimo di venti rate trimestrali.
“Le motivazioni dell'intervento probabilmente sono quelle che hanno giustificato i condoni che si sono succeduti nel tempo – spiega Barassi - Il contribuente che abbia evaso avrà l’opportunità di evitare la lite pagando il tributo che avrebbe dovuto pagare, oltre agli interessi, e la sanzione sarà decisamente tenue. Il contribuente che, invece, ritenga fondatamente di avere applicato in modo corretto la legge tributaria valuterà la maggiore convenienza tra la definizione pagando il tributo (che ritiene non dovuto) con interessi e sanzioni ridotte oppure cercare ragione davanti alle Corti di Giustizia tributarie, affrontando quindi i costi e l’alea del processo”.
Altra agevolazione concerne anche l’annullamento automatico dei debiti affidati ai concessionari della riscossione nel periodo dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2015 da parte delle agenzie fiscali, delle amministrazioni statali e degli enti pubblici previdenziali, fino a mille euro (comprensivo di capitale, interessi per ritardata iscrizione a ruolo e sanzioni). “E' una misura – dice il commercialista - che risponde, verosimilmente, a una ponderazione dei costi e dei possibili benefici di insistere nella riscossione di somme di importo contenuto, che non sono state incamerate dal 2015: è ragionevole attendere che ulteriori azioni comportino solo altri costi di riscossione”.
Se, invece, la lite fiscale si è già incardinata con la presentazione di un ricorso del contribuente, è possibile accedere alla definizione della lite stessa con il pagamento di somme che variano a seconda dello stadio della lite e che sono commisurate al valore della controversia, pari all’importo delle sole imposte (tranne nel caso di liti relative alle sole sanzioni).
“Se il ricorso è stato notificato entro la data di entrata in vigore della legge di bilancio, ma non è ancora avvenuta l’iscrizione a ruolo (ossia manca la costituzione in giudizio) – spiega Barassi - la lite può essere definita con il pagamento del 100% del valore della controversia (quindi la maggiore imposta accertata); se il ricorso è iscritto a ruolo in primo grado la definizione avviene pagando il 90% del valore della controversia. Ma, se vi è stata soccombenza dell’Agenzia nell’ultima o unica pronuncia depositata alla data di entrata in vigore della legge, la definizione richiede il pagamento del 40% del valore della controversia se la soccombenza è avvenuta in primo grado e del 15% se occorsa in secondo grado”.
E’ prevista anche la possibilità di definire le liti pendenti presso la Corte di Cassazione. Dalla definizione sono escluse le risorse proprie tradizionali dell’Unione europea, l’Iva riscossa all’importazione e le somme dovute per recupero di aiuti di Stato. “Sempre nell’ambito del contenzioso – prosegue Barassi - in alternativa alla definizione agevolata della lite, è stata prevista l’ipotesi della conciliazione agevolata che richiede la partecipazione alla definizione dell’ente impositore in quanto si perfeziona con un accordo conciliativo. Anche in questo caso le sanzioni sono ridotte ad 1/18. La definizione delle liti pendenti risponde ad esigenze di riduzione del numero di processi tributari in particolare nella fase di transizione della giustizia tributaria”.