Lecco: parla l'assistente sociale a giudizio per la 'love story' nata con un utente


Nuova udienza del processo vertente sulla relazione amorosa sbocciata, nel 2019, tra un'assistente sociale del Comune di Lecco e un cittadino marocchino seguito dal servizio. A giudizio entrambi i protagonisti della love story clandestina, chiamati a rispondere - chiaramente a vario titolo, ciascuno per il proprio ruolo - dei reati di induzione indebita a dare o promettere utilità, abuso di ufficio nonché rivelazione e utilizzazione di segreti d'ufficio. Se lo scorso 19 dicembre in Aula - al cospetto del collegio giudicante presieduto dalla dottoressa Bianca Maria Bianchi - era stato lo straniero a raccontare la propria verità, arrivando a sostenere di essersi sentito obbligato a cedere alle avances della professionista, nel terrore di poter perdere i figli, seguiti dal Tribunale per i minorenni nell'ambito del delicato rapporto con la consorte, in un contesto di fragilità anche economica, quest'oggi l'intera udienza - protrattasi ben più a lungo della mezz'ora prevista in sede di calendarizzazione dei lavori - è stata monopolizzata dalla co-imputata. La donna - che oggi fa l'impiegata fuori regione - con tranquillità, dimostrandosi anche in alcuni passaggi ferma e risoluta, ha ripercorso la genesi del suo rapporto (lavorativo) con la famiglia del magrebino, ammettendo poi il coinvolgimento affettivo, ribadendo però a più riprese, incalzata tanto dal sostituto procuratore Chiara Stoppioni tanto dal legale di parte civile (in rappresentanza della consorte dello straniero) di non aver "parteggiato" per lui, avvantaggiandolo in qualche modo nella gestione della crisi con la moglie, rivelandogli informazioni riservate. Perché il cuore del "caso" - dal punto di vista giudiziario - è proprio questo, anche se nel corso dell'esame tanto è stato indagato su come sia nata la frequentazione extra lavorativa. Nella versione dell'assistente sociale, l'uomo, invitato a bere un caffè dopo un incontro, avrebbe fatto il primo passo, avvicinandosi eccessivamente a lei, per poi accarezzarle una spalla. "Rifiutato", avrebbe reiterato in altre occasioni la medesima condotta. "A Pasqua ho abbassato - purtroppo - il muro che avevo eretto e mi sono lasciata coinvolgere" ha riferito, parlando poi di incontri (non lavorativi) in hotel o a Rivabella nel corso dei quali avrebbero affrontato - su iniziativa dell'uomo - questioni relative alle tematiche di competenza dei servizi sociali. "Quello che condividevamo non era un segreto" si è affrettata a ribadire l'imputata, parlando di "risposte istituzionali" date all'amante, spiegando anche il contenuto dei messaggi apparentemente non così formali e neutri scambiati con lo stesso e confluiti nel fascicolo. "A un certo punto mi sono ravveduta. Mi sono concentrata su di me e la mia vita. Ho lasciato il lavoro, preso l'aspettativa e rivolta a altri. Con lui e la sua famiglia non ho più avuto contatti" ha asserito circa la fine della relazione, decretata però quando la moglie del 36enne aveva già scoperto tutto, mettendo in moto la magistratura. Non autorizzata dal collegio l'audizione dell'ex assessore ai servizi sociali Riccardo Mariani e del responsabile del settore, la discussione è fissata ora per il prossimo 23 febbraio.
A.M.
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