Premana: celebrato con la Messa in Chiesa il 'Giorno della Neve'

160° anniversario per "Ol dì 'lla nèef" questa mattina a Premana e prima celebrazione della ricorrenza per don Matteo Albani, nuovo parroco insediatosi nell'autunno scorso. La storia narra che domenica 11 gennaio 1863 tutta la popolazione del paese si trovava raccolta per le funzioni in Chiesa. D'un tratto, come scosse da un violento terremoto, traballarono le mura. Sfondate le porte, infranti i vetri, parve in un momento che tutto l’edificio crollasse: una enorme valanga si era abbattuta contro la Chiesa.



Quasi sospinto da un'irresistibile forza, il popolo in preda al terrore si trovò stretto intorno all'Altare, dove il vecchio parroco don Pietro Acerboni finì a stento la Messa assistito dal coadiutore don Antonio Carissimo. Parve a tutti un miracolo che non ci furono vittime. Nel 1888, poi, una seconda valanga si abbatté su Premana e anche in quel caso la Chiesa Parrocchiale rimase intatta.



Da quell'anno, l'11 gennaio rimase sacro alla riconoscenza verso il Signore e festeggiato da tutti i premanesi che, nel "Giorno della neve", oltre a partecipare alla Messa solenne di ringraziamento, sono soliti passare qualche ora sugli sci. Prima di iniziare l'eucarestia don Matteo ha ricordato che oggi si celebrano anche gli anniversari di consacrazione laicale, religiosa e sacerdotale: Don Antonio Fazzini 55°, Don Ettore Codega 55°, Don Giuseppe Speranzetti 45°, Don Lucio Galbiati 45°, Don Arnaldo Zuccotti 40°, Don Luciano Capra 35° e Sr. Maria Bambina Codega 60°.



L'omelia è stata affidata a don Antonio Fazzini, che ha fatto riferimento alla salvezza di questa ricorrenza. "Umanamente poteva essere una terribile disgrazia, ma i nostri antenati, che hanno vissuto quel giorno, hanno saputo leggerlo come un avvenimento che ha fatto toccare e sentire loro la salvezza del Signore" ha affermato, aggiungendo che oggi "dobbiamo vivere come una slavina, che parte silenziosa e insignificante e che poi travolge tutto".




"Il Signore deve trasmettere questa volontà di radunarci con lui nelle risorse di salvezza, attingere e trasmettere dalle sorgenti che lui ci offre, come le nostre mamme raccoglievano acqua nel grembiule e la passavano ai figli. Dobbiamo sapere donare e trasmettere" ha concluso.
M.A.
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