Esino, la tradizione dei ravioli di Sant'Antonio: il 14 iniziativa per i bambini

La Biblioteca comunale di Esino Lario organizza per sabato 14 gennaio l'iniziativa dal titolo "Riscopriamo le tradizioni: i ravioli di Sant'Antonio", con una lettura ad alta voce e un laboratorio manuale per bambini dalla prima elementare in su (dalle 14.30 alle 16.00) e a seguire per i più piccoli della Materna, a partire dai tre anni (dalle 16.30 alle 17.30). Obbligatoria la prenotazione entro giovedì 12 telefonando al numero 329.7966557 (Marzia).



Come ricostruito da Gianclaudio Ferraroli, autore di diversi libri dedicati a storia e tradizioni del territorio tra cui "Le ricette della nonna", quando San Carlo Borromeo, cardinale della Diocesi di Milano, visitò il paese lariano nel 1565 le due chiesette di Esino Superiore e Inferiore erano cadenti e malmesse. Diede quindi l'ordine di rifarle e iniziò una "gara" tra i due gruppi di abitanti. Mentre per la chiesetta di San Giovanni (Inferiore) non si sopraelevarono che le fondamenta già esistenti, per quella di Sant'Antonio la restaurazione fu condotta con intendimenti vasti: furono costruite basi nuove e più ampie, cosicché ne risultò una struttura migliore di molte parrocchiali.



La chiesetta di San Giovanni fu terminata nel 1611, mentre l'altra nel 1628. Per festeggiarne l'ultimazione il 17 gennaio, giorno dedicato a Sant'Antonio, gli abitanti di Esino Superiore, pur avendo "perso" la gara, invitarono un loro compaesano, un certo Antonio Bertarini, probabile avo dei grandi pastai italiani nella zona di Cremona, emigrato in Emilia, che raggiunse Esino con una bottiglia di anice e una scatola di biscotti amaretti. Con questi ingredienti e con gli altri esistenti in quel periodo - latte, burro, pane, uova, farina bianca, salvia e impasto delle salsicce - fece dei ravioli come si usava allora tra le popolazioni povere, con la pasta spessa e poco ripieno. Al momento del loro consumo gli abitanti di Esino Superiore coinvolsero anche gli amici di Inferiore. Oggi la tradizione si è allargata, e gli invitati provengono da tutta Italia.



Solo dopo il 1850, con l'introduzione nella nostra provincia delle patate per merito dello scienziato Alessandro Volta, la pasta di farina del raviolo originale iniziò ad essere preparata, per una questione economica e riempitiva, proprio con questi tuberi, per cui la sfoglia "moderna" non è più quella dell'antica ricetta del 1628, ma un adattamento ai prodotti locali più alla portata.
"Mia nonna - conclude Ferraroli - mi raccontava che prima di andare in Argentina nel 1916 erano solo le famiglie più povere che aggiungevano le patate alla farina dell'impasto, ma quando è ritornata nel 1924 tutti facevano i ravioli in questo modo. Potenza della miseria provocata anche dalla prima guerra mondiale".

In attesa dell'iniziativa di sabato 14, ecco la ricetta.

Pasta: 1 kg di patate già cotte, pelate e passate con il passaverdura; impastare con 500 grammi di farina bianca, 5 uova intere, sale. Tirare la sfoglia piuttosto alta (2-3 mm).

Ripieno: pane ammollato nel latte, amaretti sbriciolati, bologna, pasta di salame, anice, parmigiano grattugiato, barba di finocchio, uova come legante. Con un grosso bicchiere tranciare un cerchietto di pasta, mettere il ripieno e richiudere “sigillando” con una forchetta. Condire con burro e salvia.
Invia un messaggio alla redazione

Il tuo indirizzo email ed eventuali dati personali non verranno pubblicati.