Mandello: alle Medie in 'cattedra' Michele Zucchi, superstite della Divisione Acqui

Mandello, 5 settembre 1942. Ancora Mandello, 4 ottobre 1945, che lo accoglie dopo angosce e sofferenze che lo hanno allontanato dalla famiglia e dagli affetti più cari. Sono le date che hanno segnato la vita di Michele Zucchi, 100 anni da compiere il prossimo marzo, unico superstite della Divisione Acqui combattente a Cefalonia, che oggi piange i diecimila morti durante la guerra vissuta in terra greca.



Ieri mattina l'artigliere nativo di Luzzeno è salito in "cattedra" alla Scuola Media Volta di Mandello grazie all'intermediazione dell'assessore all'Istruzione Doriana Pachera, con la presenza del sindaco Riccardo Fasoli. Zucchi, con lucidità mista a commozione, ha ripercorso quegli anni in cui fame, freddo e sventate fucilazioni sono entrate nell'indelebile bagaglio del suo passato, catturando l'attenzione e la curiosità degli studenti a cui ha detto che “diecimila morti sono tanti, troppi, ricordatevi che non bisogna fare le guerre”.



Il suo peregrinare lo ha portato a Cefalonia, Zante, Patrasso, Atene, Pinks, Rudnia, Pietrikof, Danzica e Minsk, queste le località ancora vive nella memoria del superstite mandellese, che con forza e determinazione ha gridato agli orrori della guerra trasmettendo ai giovani messaggi di pace per un futuro migliore. Il freddo, la fame, le privazioni hanno fatto della vita di un giovane Michele un altro percorso. “A quel tempo aveva sei anni più di voi” ha rimarcato l'assessore Pachera agli studenti concentrati sul racconto.



Intanto nelle slide proiettate nell'aula magna del Volta è apparsa la foto di Zucchi con un cappotto militare e un colbacco in testa, dono di un soldato dell'esercito russo, che ancora gelosamente conserva nella sua abitazione. Tutti questi "amarcord" sono stati raccolti in un libro che verrà presentato il prossimo aprile 2023: è la storia dell'unico artigliere della Acqui, rimasto a raccontare e tramandare il suo passato a ribadire con orgoglio, come fece in quel periodo a chi lo interrogava, “non sono fascista, non sono tedesco, sono italiano".
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