Lecco: un libretto per aiutare i bimbi ucraini a superare il trauma della fuga dalla guerra

Una favola per aiutare i bambini a superare il trauma della fuga dalla guerra. È il frutto dell’attività di supporto svoltasi nei mesi scorsi al Centro per le famiglie “Dire, fare, giocare” del Comune di Lecco che ha sede a Pescarenico, dove sono stati ospitati i bambini più piccoli delle famiglie ucraine accolte nel nostro territorio. La storia ora è diventata un libretto che presto sarà stampato e distribuito negli asili e nelle scuole.




L’iniziativa è stata presentata in un incontro al quale hanno partecipato Katia Zucchi (referente del Centro per le famiglie), Alessandra Durante (assessore comunale), Guido Agostoni (presidente della conferenza dei sindaci dell’Azienda sanitaria), Maria Grazia Nasazzi (alla guida della Fondazione comunitaria del Lecchese), Michela Maggi (del consorzio Consolida) e Maria Lynova, la mediatrice culturale che ha accompagnato il dialogo e il confronto con le mamme ucraine coinvolte nelle creazione del racconto originato proprio dall’interrogativo sul come affrontare con i bambini l’argomento della guerra in Ucraina.



Alcune illustrazioni contenute nel libro

Complessivamente, dallo scoppio del conflitto nel mese di febbraio, la provincia lecchese ha accolto una media di un migliaio di persone arrivando a picchi di 1.400: tra cinquecento e seicento bambini con le loro mamme, pochi gli uomini che sono riusciti a lasciare il loro Paese dove tutti i maschi sono stati mobilitati per combattere. Circa 240 le persone ospitate in città. I minori sono stati inseriti, secondo le età, nel nostro sistema scolastico.


Katia Zucchi e Maria Lynova



Il Centro per le famiglie a Pescarenico è diventato punto di riferimento per i più piccoli, quelli da 0 a 3 anni. E con le loro mamme è stato appunto avviato un percorso di aiuto per riuscire a trovare le parole giuste con le quali spiegare cosa stesse accadendo. Alcune di loro (Viktoria, Tetiana, Rusiana, Kateryna) e una nonna hanno raccontato le loro storie e le loro paure.
Dal confronto è uscita appunto la favola di “Squitty e la farfalla”.


Maria Grazia Nasazzi e Guido Agostoni



Squitty è una scoiattolina costretta a lasciare con la mamma il bosco dov’era nata e cresciuta perché una macchina sputa-fuoco lo aveva incendiato all’improvviso. Una fuga al di là del fiume dove le fiamme non potevano arrivare e si poteva quindi stare tranquilli in attesa di tornare nel bosco una volta spento il rogo. Una fuga accompagnata da una farfalla gialla e blu. E con un cuoricino di pietra sepolto sotto un albero ad attendere il rientro.


Alessandra Durante e Michela Maggi



La creazione della storia è stata una lunga riflessione su concetti e parole da usare. Inizialmente, per esempio, si era ipotizzato un incendio provocato da un drago, ma il rischio era che quella figura diventasse l’autentica protagonista della storia, in negativo, quando invece l’intento era quello di infondere serenità nei bambini che vivevano spaesati quel loro arrivo in un ambiente sconosciuto con i papà raggiungibili solo in videochiamata e le mamme preoccupate quando quel contatto non si riusciva a creare. A poco a poco, ha quindi preso forma la storia di “Squitty” alle prese con la paura e la nostalgia, ma nello smarrimento anche il conforto dell’aiuto di altri: la farfalla appunto, e poi un gufo, i castori. Si è così arrivati al libretto arricchito da una serie di illustrazioni.



Si è trattato di un’esperienza importante che può suggerire molto anche per affrontare altre situazioni delicate, quali i ricongiungimenti familiari degli immigrati, quando donne e figli raggiungono il marito già in Italia da tempo per lavoro e i bambini si trovano all’improvviso in una terra straniera e devono ricostituire i punti di riferimento.
D.C.
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