Lecco: assolta l'insegnante a giudizio per i tre voti sul registro elettronico contestati

Il Bertacchi
Assolta ''perchè il fatto non sussiste''. E' la sentenza pronunciata quest'oggi dal giudice in ruolo monocratico Martina Beggio nei confronti della professoressa Maria Graziella Megna, all'epoca dei fatti in servizio presso l'istituto superiore Bertacchi di Lecco.
Secondo la tesi della Procura della Repubblica - a seguito dell'attività di indagine svolta - la 59enne avrebbe deliberatamente segnato sul registro elettronico delle valutazioni non corrispondenti a quelle comunicate in classe ai ragazzi. Falsità materiale ed ideologica commesse dal pubblico ufficiale in atto pubblico erano infatti le accuse da cui la donna doveva difendersi, assistita di fiducia dall'avvocato Stefano Pelizzari.
Terminata la fase istruttoria, stamani si è passati alla discussione. Il vice procuratore onorario Caterina Scarselli nella sua requisitoria ha ripercorso quanto emerso in aula. Richiamando il valore del registro elettronico, il precedente specifico in capo all'imputata e una sentenza della Cassazione, il pubblico ministero ha chiesto la condanna della docente alla pena di un anno e otto mesi, esperimendo tuttavia alcuni dubbi su uno dei capi di imputazione contestati. Ovvero sull'episodio che riguardava una studentessa che aveva rimediato dalla professoressa Megna la votazione di 3/10. Se nel fascicolo d'indagine dal quale ha avuto origine il dibattimento, quell'interrogazione orale non si sarebbe mai svolta, in aula la ragazza aveva spiegato che in realtà la prova orale - seppur breve - c'era stata. Nonostante quella mattina l'alunna avesse dovuto assentarsi poichè impegnata in un corso di inglese, la docente aveva comunque insistito per interrogarla, assegnandole poi una grave insufficienza.
E proprio da questo episodio è partita l'arringa del difensore, l'avvocato Pelizzari, che ha posto in evidenza la discrepanza fra quanto contenuto nel capo d'imputazione a carico della propria assistita e quanto invece è emerso in aula. Per quanto riguarda invece gli altri due episodi ai danni di altrettante studentesse, il legale ha rilevato come non vi sia stata un'alterazione del voto sul registro elettronico. In un primo caso infatti la professoressa Megna avrebbe assegnato un 5 e mezzo sulla verifica scritta, riportando però un 5 sul registro elettronico. Sul cartaceo sarebbe apparsa successivamente una sorta di firma sopra il mezzo punto, dando quasi l'impressione che fosse stata apposta per nascondere le cifre. In un secondo caso, l'iniziale 7/10 apposto sul compito cartaceo di un'altra studentessa, sul registro elettronico aveva lasciato il posto ad un'insufficienza, ovvero a 5/10.
''Quello che conta è il voto sul registro elettronico'' ha affermato l'avvocato Pelizzari, parlando di una ''valutazione diversa'' o meglio, di una ''divergenza'' rispetto al compito in classe. In sostanza l'insegnante ha cambiato idea, ma non ha modificato il voto inizialmente inserito nello strumento digitale. Un atteggiamento eventualmente criticabile, ma non rilevante in sede penale a detta del difensore, che ha poi messo in luce una presunta violazione del diritto di difesa della propria assistita perchè il documento con la valutazione variata (da 5 e mezzo a 5) è stato prodotto dal pubblico ministero soltanto nell'ultima udienza, non consentendogli di poter porre eventuali domande in merito durante la fase istruttoria. A conclusione del proprio intervento, l'avvocato Pelizzari ha chiesto l'assoluzione della propria assistita ''perchè il fatto non sussiste''.
Una tesi che ha evidentemente convinto la dottoressa Beggio; dopo essersi ritirato in camera di consiglio il giudice ha infatti assolto Megna da tutti e tre i capi di imputazione, pur riqualificando nell'articolo 479 del codice penale (falsità ideologica e non materiale appunto) le due contestazioni relative alla discrepanza fra i voti cartacei e quelli apposti sul registro elettronico. ''Il fatto non sussiste'' dunque.
G.C.
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