Lecco: Cecco Bellosi racconta la sua lotta contro il sistema e a sostegno degli ultimi

Stare dentro e contro. Si può riassumere con queste parole la storia di Cecco Bellosi. Una constante lotta contro il sistema che si è evoluta negli anni di pari passo all’evoluzione della società italiana. “Nelle pagine del libro traspare questo continuo stare dentro e contro, questa capacità di portare una visione radicalmente alternativa ma anche mediare e costruire dei processi che portano effettivi cambiamenti. Non è scontato decidere di raccontare questa storia e per questo ringrazio Cecco” ha sottolineato Emanuele Manzoni, assessore al welfare del comune di Lecco.

Emanuele Manzoni

Questa visione radicalmente alternativa, così come gli effettivi cambiamenti attraverso cui si è provato a realizzarla, sono raccontati all’interno de “L’orlo del bosco”, l’ultimo libro scritto dal direttore dell’area educativa dell’associazione comunità il Gabbiano. Edito da Derive e Approdi, questo testo è stato presentato ieri sera alla pizzeria Fiore di Lecco. Il numero di persone arrivate per l’evento, organizzato dal forum della salute mentale di Lecco, ha costretto a continuare ad aggiungere sedie.

Marco Bellotto

Dopo un breve saluto di Marco Bellotto, rappresentante del Gabbiano nel forum salute mentale, l’autore ha preso subito la parola. “Il senso delle lotte di Potere Operaio era provare a smantellare il sistema capitalistico attaccandolo dall’interno. In quel periodo il potere degli ultimi era espresso attraverso la rivendicazione dei diritti fondamentali come il salario garantito e la casa. Allora quegli argomenti erano affrontati con spirito collettivo, oggi sono trattati nella solitudine” ha esordito Bellosi. Erano gli anni di Franco Basaglia, uno “psichiatra militante” impegnato nella lotta contro la miseria del mondo. C’è un legame molto forte tra queste due figure ed è stato lo stesso ex membro di Potere Operaio a metterlo in evidenza. “Piero Cipriano evidenziò come io e Basaglia avessimo vissuto due istituzioni totali che avevano delle caratteristiche vicine. Basaglia è stato prima in carcere da partigiano poi è arrivato al manicomio di Gorizia. Sentendo gli stessi odori” ha spiegato Cecco Bellosi. “Gli odori di quelle istituzioni totali sono odori di urina, di merda e delle ossa bollite. Io questi odori li ho sentiti per la prima volta andando nel manicomio di Como con mia nonna a trovare suo fratello. Li ho ritrovati tali e quali quando sono entrato in carcere”.

Padre Angelo Cupini

Accanto all’autore sedeva padre Angelo Cupini, anima di Casa sul pozzo. “Mi sono chiesto quali siano i punti di contatto tra la mia esperienza e quella di Cecco Bellosi. Entrambi non abbiamo avuto paura del male, di attraversarlo, di sopportarlo. Entrambi abbiamo avuto compagni di viaggio scomodi, faticosi. Entrambi abbiamo coltivato una passione feroce per l’altro, per la sua vita e i suoi diritti” ha sottolineato il sacerdote. Un riassunto perfetto di tutto ciò che è stato raccontato in seguito. Storie di esperienze in grado di annientare che si trasformano in una scelta ben precisa: la libertà. “Durante la maggior parte degli anni passati in carcere, le lettere che ricevevo e scrivevo erano lette da un censore. Questo ti induce all’autocensura, ti spinge a non dire più niente anche quando scrivi a tua moglie o a tua figlia” ha proseguito Cecco. “Dopo essere uscito dal carcere sono andato a lavorare con don Aldo Fortunato presso la comunità Arca di Como. Li veniva messo in atto la stessa pratica perché si temeva che nelle lettere ci fosse nascosta della droga. Io mi sono opposto fortemente a questo”. L’autore si è fermato un attimo per prendere fiato e poi ha aggiunto. “Del resto, c’era una soluzione semplice. Quando arriva la lettera si chiama la persona destinataria, si apre la lettera davanti a quella persona, si controlla che non ci sia altro oltre al foglio e poi si consegna la lettera senza leggerla”. Ecco un piccolo cambiamento concreto ed effettivo.

Cecco Bellosi

Ma il momento più intenso della serata doveva ancora arrivare. “Dopo uno sciopero della fame hanno ricoverato me e un altro compagno detenuto in carcere. I primi giorni eravamo legati con le manette al letto. Ci hanno minacciato di alimentazione forzata” ha ripreso Bellosi. Bastava guardarle il suo visto mentre raccontava per capire che la sua anima portava ancora i segni di quell’esperienza. “Guardate che la contenzione ti porta a stare veramente male. Suscita un odio e una rabbia che ancora oggi non riesco a reprimere se ci penso”. Oggi, la situazione nelle carceri non è cambiata rispetto a quel periodo. “Le strutture detentive sono un crogiuolo di sofferenza, di miseria e di mancanza di tutto. Non c’è più la contenzione fisica ma c’è quella chimica. Se a metà anni Ottanta a San Vittore venivano distribuiti circa 43 litri di valium al mese, oggi quelle cifre devono essere moltiplicate almeno per dieci. Un detenuto sedato è un detenuto che non si ribella ma è anche un detenuto morto. Da noi al Gabbiano arrivano ex detenuti che sembrano dei fantasmi. Sono così sedati che gli ci vogliono mesi per riprendersi” ha sottolineato con forza l’autore. Da queste vicende è nato un netto rifiuto delle catene e un desiderio di libertà che Cecco Bellosi ha concretizzato in una vita di impegno a favore degli ultimi, dei più fragili. Fondamentale, in questa esperienza, l’incontro con religiosi come padre David Turoldo, a cui è dedicata la casa alloggio per i malati di AIDS della comunità il Gabbiano, o padre Camillo de Piaz, che “ha accompagnato il Gabbiano con spirito paterno e profetico fino alla sua morte”. Tra i tanti problemi affrontati dall’autore e dai suoi collaboratori nel corso dei decenni, quello delle dipendenze è stato sicuramente uno dei più gravi. “Come hai vissuto il passaggio che ha visto l’uso di droghe diventare un fenomeno di massa?” ha chiesto padre Angelo. Immediata e netta la risposta di Cecco. “Negli anni Settanta l’eroina era per pochi. L’esplosione nel nostro paese dell’individualismo e dell’egoismo proprietario si è accompagnata con l’esplosione della cocaina. Oggi c’è una drammatica ricerca del lenitivo. Nel 2017 negli USA sono morte 70mila persone a seguito di overdose di fentanili. Parliamo di antidolorifici”.

La conferenza si è conclusa con il racconto della più recente esperienza relativa a questo problema. “Avevamo organizzato un evento a Rogoredo nell’ambito di Bookcity. C’era tanto cibo ed era venuta tanta gente. Ad un certo punto è uscito il popolo del bosco. Ci hanno chiesto cibo e ci hanno invitato ad entrare”. Di nuovo Cecco Bellosi ha dovuto fermarsi prima di proseguire. Il ricordo di ciò che stava raccontando era molto forte. “La scena che abbiamo visto è stata sconvolgente. Più di 300 persone, fogne a cielo aperto, ragazze che fumavano crack, tende che non erano tende. Abbiamo messo in piedi un progetto che ha fatto uscire dal bosco circa 180 persone. Oggi il bosco di Rogoredo non è più ciò che era una volta ma quella sofferenza non è sparita”.
A.Bes.
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