La frana di Bindo nei ricordi al convegno della Protezione civile: 'fare sintesi è la cosa migliore'
1° dicembre 2002 – 1° dicembre 2022: sono passati vent’anni dalla terribile frana di Bindo, che ha scosso l’intera Valsassina, e non solo.
In giornata, presso la sede della Comunità Montana, a Barzio, si è tenuto il convegno “Dissesto idrogeologico e Protezione Civile”, un’occasione per fare memoria di quanto avvenuto, con le testimonianze dirette di chi ha vissuto in prima linea quei giorni drammatici, oltre che per mostrare i passi avanti fatti dalla Protezione Civile e non solo, anche grazie a quell’evento così tragico.
Il martedì i primi grossi problemi sul torrente Rossiga, il mercoledì il distacco di un primo tronco di frana, che alla sera si ingrandisce e va ad invadere per intero l’alveo del corso d’acqua. Giovedì un sopralluogo sul versante di Bindo, dove, ricorda Melesi, “usciva acqua dappertutto”. Il venerdì un secondo sopralluogo con i geologi Riva e Invernizzi, verso le 16.00, con l’entrata nel corpo di frana. La situazione sarebbe inevitabilmente degenerata definitivamente da lì a poco: “tutto il bosco era piegato verso valle, non dico a quarantacinque gradi, ma poco ci mancava”. Sulla via del ritorno, la decisione che salverà la vita a circa 370 persone: Melesi dispone di evacuare Bindo. Una decisione di coraggio esemplare, perché “non è semplice per un sindaco decidere di portar fuori le persone dalle proprie abitazioni”. La telefonata in comune, poi il colloquio con il vicesindaco, tutti erano in lacrime. In serata un’evacuazione non semplice, perché “quando tutti si conoscono personalmente, quasi non si crede a certe notizie…”.
Alle 20:30, però “tremano gli infissi degli uffici comunali”: la prima fetta di frana era scesa, cancellando già quattro-cinque abitazioni e arrivando a lambire la strada provinciale. Dopo un sopralluogo, si decide di rinviare nuove decisioni o interventi al mattino seguente.
Alle 3.00 di sabato notte “un rumore che non dimenticherò mai, cupo, fortissimo” sveglia Melesi. Suonano alla sua porta di casa e le parole sono queste: “vieni là, che non c’è più Bindo”. In un paesaggio spettrale, immerso in una fitta nebbia, il sindaco si trova davanti un muro di venti metri di terra che ha invaso la provinciale e che ha cancellato per sempre buona parte della frazione.
Da lì, la decisione di sfollare Cortenova e il sopralluogo con un piccolo elicottero per verificare lo stato di quell’enorme frana appena scesa a valle. “Tutti osservavamo e scattavamo foto, ma nessuno diceva una parola”. Solo una frase era uscita dalle loro bocche: “non c’è più nulla”.
Melesi ha voluto concludere ricordando “la fortuna di aver avuto molte persone che incoraggiavano e davano suggerimenti”, sottolineando come “fare unione, fare sintesi, è la cosa migliore”. “Più siamo meglio è”, questo è probabilmente quello che la frana di Bindo ci ha insegnato.
“Penso che se i nostri occhi fossero una cinepresa, potremmo ripercorrere minuto per minuto quei giorni”, ricorda l’attuale consigliere regionale, rivolgendosi a Melesi. Il suo intervento si è focalizzato sull’importanza degli attori che hanno permesso di organizzare una risposta pronta ed efficace di fronte ai primi segnali di emergenza: dai Vigili del Fuoco, alla Protezione Civile, dagli Alpini alla Croce Bianca, fino ai Carabinieri in congedo. Insistendo sulla “necessità di essere preparati, pronti e organizzati, senza farsi trascinare da una convulsa e talvolta controproducente voglia di fare”.
Questi i tre fattori che, secondo Simeone, sono stati indispensabili (sia presi singolarmente, che nella loro sinergia) tra il venerdì e il sabato, per una gestione efficace e davvero riuscita dell’emergenza: la fase “pratica” (con i due militari del Corpo Forestale che scoprono la faglia e insistono per un ulteriore monitoraggio il venerdì pomeriggio); la fase decisionale tecnica (il sopralluogo con i tecnici, che, valutata la situazione, consigliano caldamente lo sfollamento); la decisione politica di Melesi, che “senza guardare in faccia a nessuno dice: dobbiamo sfollare”.
Simeone ha sottolineato infine la necessità che “ognuno abbia il proprio ruolo e la sensibilità di svolgerlo bene”. Rimarcando che, quando si parla di Protezione Civile e controllo del territorio “non si tratta di semplice attenzione, ma di una cultura della Protezione Civile, dove è primario il dialogo tra diverse componenti, il lavoro di squadra”.
“Il binomio essenziale è costituito dalla prevenzione (per mitigare, ridurre il rischio) e da un sistema reattivo e immediato di Protezione Civile” ha poi concluso l’assessore.
Franco Ciresa, coordinatore del gruppo alpini Cortenova nel 2002, ha narrato di come le penne nere si siano subito attivate dopo la frana, organizzando un capannone per dare qualcosa di caldo da bere e un panino a sfollati e volontari.
Marco Pellegrini, volontario del Corpo volontari Protezione civile della Brianza – Casatenovo ha parlato di un “passaggio mentale e organizzativo” generato dagli eventi di Bindo e Castello Brianza, di un “salto di qualità”, che ha reso la Protezione Civile “sempre più pronta a rispondere ad esigenze che cambiano”.
In giornata, presso la sede della Comunità Montana, a Barzio, si è tenuto il convegno “Dissesto idrogeologico e Protezione Civile”, un’occasione per fare memoria di quanto avvenuto, con le testimonianze dirette di chi ha vissuto in prima linea quei giorni drammatici, oltre che per mostrare i passi avanti fatti dalla Protezione Civile e non solo, anche grazie a quell’evento così tragico.
In mattinata, spazio ai ricordi.
Per primo, prende parola Luigi Melesi, sindaco di Cortenova nel 2002, quando a trentotto anni si apprestava a finire il suo secondo mandato. Flashback immediato all’ultima settimana di novembre di quell’anno, una settimana di pioggia insistente, dopo un anno di piovosità straordinaria come è stato il 2002.Il martedì i primi grossi problemi sul torrente Rossiga, il mercoledì il distacco di un primo tronco di frana, che alla sera si ingrandisce e va ad invadere per intero l’alveo del corso d’acqua. Giovedì un sopralluogo sul versante di Bindo, dove, ricorda Melesi, “usciva acqua dappertutto”. Il venerdì un secondo sopralluogo con i geologi Riva e Invernizzi, verso le 16.00, con l’entrata nel corpo di frana. La situazione sarebbe inevitabilmente degenerata definitivamente da lì a poco: “tutto il bosco era piegato verso valle, non dico a quarantacinque gradi, ma poco ci mancava”. Sulla via del ritorno, la decisione che salverà la vita a circa 370 persone: Melesi dispone di evacuare Bindo. Una decisione di coraggio esemplare, perché “non è semplice per un sindaco decidere di portar fuori le persone dalle proprie abitazioni”. La telefonata in comune, poi il colloquio con il vicesindaco, tutti erano in lacrime. In serata un’evacuazione non semplice, perché “quando tutti si conoscono personalmente, quasi non si crede a certe notizie…”.
Alle 20:30, però “tremano gli infissi degli uffici comunali”: la prima fetta di frana era scesa, cancellando già quattro-cinque abitazioni e arrivando a lambire la strada provinciale. Dopo un sopralluogo, si decide di rinviare nuove decisioni o interventi al mattino seguente.
Alle 3.00 di sabato notte “un rumore che non dimenticherò mai, cupo, fortissimo” sveglia Melesi. Suonano alla sua porta di casa e le parole sono queste: “vieni là, che non c’è più Bindo”. In un paesaggio spettrale, immerso in una fitta nebbia, il sindaco si trova davanti un muro di venti metri di terra che ha invaso la provinciale e che ha cancellato per sempre buona parte della frazione.
Da lì, la decisione di sfollare Cortenova e il sopralluogo con un piccolo elicottero per verificare lo stato di quell’enorme frana appena scesa a valle. “Tutti osservavamo e scattavamo foto, ma nessuno diceva una parola”. Solo una frase era uscita dalle loro bocche: “non c’è più nulla”.
Melesi ha voluto concludere ricordando “la fortuna di aver avuto molte persone che incoraggiavano e davano suggerimenti”, sottolineando come “fare unione, fare sintesi, è la cosa migliore”. “Più siamo meglio è”, questo è probabilmente quello che la frana di Bindo ci ha insegnato.
Luigi Melesi e Stefano Simeone
Ha fatto seguito l’intervento di Antonello Formenti, sindaco di Castello Brianza nel 2002. Un comune, quello di Castello Brianza, interessato da eventi analoghi, sebbene di dimensioni più contenute, a quelli di Bindo poche settimane prima della frana valsassinese.“Penso che se i nostri occhi fossero una cinepresa, potremmo ripercorrere minuto per minuto quei giorni”, ricorda l’attuale consigliere regionale, rivolgendosi a Melesi. Il suo intervento si è focalizzato sull’importanza degli attori che hanno permesso di organizzare una risposta pronta ed efficace di fronte ai primi segnali di emergenza: dai Vigili del Fuoco, alla Protezione Civile, dagli Alpini alla Croce Bianca, fino ai Carabinieri in congedo. Insistendo sulla “necessità di essere preparati, pronti e organizzati, senza farsi trascinare da una convulsa e talvolta controproducente voglia di fare”.
Questi i tre fattori che, secondo Simeone, sono stati indispensabili (sia presi singolarmente, che nella loro sinergia) tra il venerdì e il sabato, per una gestione efficace e davvero riuscita dell’emergenza: la fase “pratica” (con i due militari del Corpo Forestale che scoprono la faglia e insistono per un ulteriore monitoraggio il venerdì pomeriggio); la fase decisionale tecnica (il sopralluogo con i tecnici, che, valutata la situazione, consigliano caldamente lo sfollamento); la decisione politica di Melesi, che “senza guardare in faccia a nessuno dice: dobbiamo sfollare”.
Simeone ha sottolineato infine la necessità che “ognuno abbia il proprio ruolo e la sensibilità di svolgerlo bene”. Rimarcando che, quando si parla di Protezione Civile e controllo del territorio “non si tratta di semplice attenzione, ma di una cultura della Protezione Civile, dove è primario il dialogo tra diverse componenti, il lavoro di squadra”.
Franco Ciresa e Fabrizio Casati
Proseguendo nel discorso riguardante la Protezione Civile, significativo è stato l’intervento dell’Assessore al Territorio e Protezione civile della Regione Lombardia, Pietro Foroni, che ha evidenziato l’importanza di investire nel volontariato: nella formazione, nella penetrazione tra i giovani, nella fiducia in termini di operatività. “Dare operatività significa dare maggiori incentivi al miglioramento e alla specializzazione” ha proseguito.“Il binomio essenziale è costituito dalla prevenzione (per mitigare, ridurre il rischio) e da un sistema reattivo e immediato di Protezione Civile” ha poi concluso l’assessore.
“Erano le 3 del mattino quando ho ricevuto la chiamata. Non pensavo che la frana sarebbe scesa quella notte” ricorda, parlando poi di un “paesaggio lunare e fumante, sconvolto, con il paese di Bindo cancellato e la Valsassina tagliata a metà”.
Fabrizio Casati, primo coordinatore del gruppo comunale Protezione civile di Cortenova, ha raccontato poi la storia di un gruppo che non era ancora costituito prima della frana, ma che si è rafforzato dopo la fase emergenziale di quel novembre-dicembre 2002. Sottolineando “l’orgoglio di far parte di un gruppo che funziona, di vedere qualcosa che è cresciuto con te”.Franco Ciresa, coordinatore del gruppo alpini Cortenova nel 2002, ha narrato di come le penne nere si siano subito attivate dopo la frana, organizzando un capannone per dare qualcosa di caldo da bere e un panino a sfollati e volontari.
Marco Pellegrini, volontario del Corpo volontari Protezione civile della Brianza – Casatenovo ha parlato di un “passaggio mentale e organizzativo” generato dagli eventi di Bindo e Castello Brianza, di un “salto di qualità”, che ha reso la Protezione Civile “sempre più pronta a rispondere ad esigenze che cambiano”.
Alessandro Tenderini