Cortenova: 'le ceppaie delle piante rivolte a valle ci fecero capire tutto'. Vent'anni fa la frana di Bindo. I ricordi

Sono passati vent’anni. Eppure a Bindo di Cortenova il ricordo è ancora fresco. Come dimenticare quei giorni in cui l’enorme frana ha cambiato la morfologia del paese, per sempre?

Il novembre 2002, contrariamente a quello appena terminato,  è stato decisamente piovoso. Specie nella seconda metà del mese. Specie in Valsassina.
Il versante montano, a Cortenova, è stato interessato da diversi dissesti, differenti tra loro per tipologia e volumetria del fronte franato.

Osservato speciale era il torrente Rossiga, monitorato dall'amministrazione comunale – guidata dal sindaco Luigi Melesi – con il supporto di un geologo, il dr. Massimo Riva. I primi cittadini ad essere evacuati furono però sei famiglie residenti in via Ungaretti: a spaventare lì era il Pioverna, vicino ormai al limite di portata.

Poi un sopralluogo evidenziò una situazione critica in località Galéra, dove alcune colate di fango avevano riempito l'alveo del Rossiga. Anche lì si procedette all'allontanamento dei cittadini in potenziale pericolo, facendo intervenire gli escavatori per ripulire il greto del corso d'acqua, accumulando il materiale prelevato “sopra l’argine esistente, creandone uno di altezza maggiore, che salvò la località stessa” racconta Melesi, riavvolgendo il nastro della memoria per tornare a quei giorni insonni di preoccupazione e massima allerta.

Tra gli sfollati di Galéra, anche i titolari di un'azienda agricola, con una ventina di bovini. “La colata di fango è arrivata a 10 metri da casa - ricorda la signora Uberti, moglie dell'intestatario dell'attività - La nostra abitazione non è stata danneggiata e dopo l'evacuazione, abbiamo continuato a tornare ad accudire gli animali ‘scortati’ dai vigili del fuoco. Fino a quando il 29 novembre una frana è scesa dalla montagna ed è letteralmente entrata in stalla. Abbiamo perso 11 capi di bestiame”. Sono stati i pompieri a mettere in salvo gli altri animali, trasferendoli poi, con altri volontari, “a tetto” da altre parti. “Noi siamo stati ospitati invece all'albergo Gnocchi”, rammenta la donna, rivivendo la paura e l'incertezza che regnavano tra chi era consapevole di correre il rischio di perdere tutto ciò che aveva costruito nel tempo.

La sera del 30,  un nuovo ordine di evacuazione: a uscire di casa furono le famiglie residenti lungo la provinciale, a ridosso del nuovo ponte di ferro.
A Bindo intanto cresceva l'agitazione. Enrico Vitali, attuale capogruppo della protezione civile comunale, racconta come, durante i sopralluoghi – che erano praticamente continui - camminando “i piedi sprofondavano nel terreno”, segno inequivocabile di come il suolo fosse pregno.

“Le ceppaie delle piante erano completamente rivolte verso valle” questo il “dettaglio” rilevato dal sindaco Melesi che salvò gli abitanti della frazione. “In quegli anni i telefoni cellulari venivano utilizzati solo per le chiamate, non come ora che vengono usati per la messaggistica e le fotografie, non ho potuto documentare il tutto” afferma l'allora borgomastro che, compresa la situazione, diede immediatamente disposizione di far allontanare tutti da Bindo, salvando di fatto decine e decine di vite quando effettivamente l'enorme frana si staccò, seppellendo abitazioni e aziende, tagliando poi la sp62 in due, con l'interruzione rimasta tale per ben 7 anni.

L’amministrazione comunale in quei giorni e nei tanti a seguire non ha mai abbandonato la popolazione ed anche tra concittadini si mise subito in moto il meccanismo della solidarietà: gli abitanti di Cortenova non direttamente toccati dall'emergenza, si attivarono per prestare assistenza agli sfollati. Tra loro anche la signora Giselda Barina, prima villeggiate e poi residente a tutti gli effetti, che, presso il salone teatro dell’asilo comunale,  allestì, grazie alla Caritas, un punto di smistamento dei beni di prima necessità. “Arrivavano molte persone,  c'era smarrimento tra chi aveva perso la casa, chi l’aveva ancora ma non poteva entrarci e chi aveva perso, oltre all’abitazione, anche il lavoro, perché era impiegato nelle ditte spazzate via dalla frana”.

Eppure, grazie a Giselda e a altri, anche il Natale 2002 fu un vero Natale, nonostante tutto. Con la collaborazione di diversi volontari, venne organizzato il pranzo, proprio nel luogo in cui avveniva la distribuzione delle derrate Caritas: al tavolo 90 commensali. Chiaro l'intento: stare in compagnia, alleviando il peso di quanto accaduto solo 20 giorni prima e di tutte le incertezze legate al futuro.

La famiglia Uberti è potuta rientrare nella propria abitazione – non danneggiata - nel mese di giugno del 2003, dopo la costruzione, a monte, di un muro di protezione alto oltre dieci metri. “La paura mi è rimasta – racconta la titolare dell'azienda agricola –  Avevo sempre pronta una valigia che conteneva alcuni indumenti miei e della mia famiglia e, quando pioveva, l’auto era girata nel senso di marcia, pronta a partire in caso di pericolo”.

Poi nacque “la nuova Bindo”, dove chi aveva perso tutto poté ricostruire la propria casa.  La SP 62 vide la riapertura solo nel 2009, con la galleria che attraversa il materiale franato dal costone della montagna.

Per quest'oggi, 1 dicembre, l’attuale amministrazione comunale, con la guida di Sergio Galperti, ha organizzato una giornata per ricordare ciò che è stato.  Il programma prevede un incontro in area frana alle 10.45 con gli alunni delle classi 4° e 5° della scuola “Giovanni Bellomi”. Nel pomeriggio, alle 17.15 una fiaccolata con partenza da Largo de Vecchi e arrivo a Bindo, dove alle 18 ci sarà una messa, cui seguirà alle 19 presso il centro polifunzionale, “momenti di racconto” e un rinfresco.
Presso la Comunità Montana, invece, il convegno a tema “Dissesto Idrogeologico e Protezione Civile”. Seguiranno gli articoli.

Si ringrazia la Protezione Civile e l'Azienda agricola Uberti per il contributo fotografico
Moira Acquistapace
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