L'accesso al tribunale di Lecco
“Ero nomade in casa mia, mi spostavo cercando un posto per non sentirli”. Chiassosi, irrispettosi e anche violenti tra loro: così una donna ha descritto due vicini di casa che le avrebbero reso, per diversi mesi, la vita impossibile, obbligandola poi a cambiare il proprio stile di vita per evitare contatti e problemi. Stalking il reato contestato alla coppia, tutt'ora residente nella corte di Valmadrera teatro dei presunti atti persecutori. Ad essersene andata è la denunciante che, in procinto di comprare l'appartamento dove viveva da anni, dopo i ripetuti scontri con i dirimpettai, ha optato per trovare casa altrove. “Sono andata via per la mia incolumità” ha detto in Tribunale. “Era diventato un incubo tornare a casa dal lavoro. Più volte sono andata da mia mamma per riuscire a dormire”. Il sonno, per quanto raccontato, la prima causa di scontro con i due imputati, un uomo di origini magrebine e la sua compagna, italiana, entrambi difesi dell'avvocato Letizia Semeraro. Complice anche la sottile parete di confine tra le due camere da letto, le urla, gli oggetti lanciati, le feste notturne e perfino i rapporti sessuali dei vicini avrebbero costretto la parte offesa – costituitasi parte civile – a dormire sul divano o a peregrinare per casa cercando la quiete. Le sue lamentele non avrebbero fatto altro che acuire lo scontro, con frasi “sconce” proferite al suo indirizzo, insulti, provocazioni fino ad arrivare a minacce come “ti spezzo le gambe” ed a “appostamenti” per intercettare il suo ritorno a casa e, per esempio, alzare dunque la radio per darle fastidio. Ma non solo, dopo i dissidi con gli imputati, la donna si sarebbe trovata i fili della caldaia strappati, l'alimentazione della corrente più volte staccata, due volte i tergicristalli rotti. A farne le spese anche l'auto del suo compagno, con una gomma “squarciata” l'indomani di una lite con il vicino. Lunga e articolata la deposizione della denunciante, rappresentata dall'avvocato Stefano Gevi, arrivata anche a “confessare” di aver messo in borsa “qualcosa” per difendersi, temendo anche aggressioni fisiche, in particolare da parte del marocchino. Sono poi seguiti i testimoni introdotti tanto dalla Procura – con la pubblica accusa oggi sostenuta dal vpo Caterina Scarselli – tanto dalla difesa, con un altro residente del medesimo complesso che, in gran parte, ha ribaltato la propria versione rispetto a quella resa originariamente ai Carabinieri, additando la persona offesa come il soggetto problematico della vicenda. L'istruttoria si esaurirà il prossimo 29 marzo, data in cui è prevista anche l'eventuale discussione prima della decisione del giudice Paolo Salvatore.