Lecco: alla vigilia della giornata contro la violenza sulle donne, in Aula una presunta vittima si auto-incolpa per ritrattare quanto denunciato

 


Si è rimangiata tutto (o quasi), arrivando a sostenere, di fatto, di essere lei il problema: in sede di presentazione della querela avrebbe deliberatamente ingigantito le accuse mosse nei confronti del compagno per vendicarsi. Conversazioni con altre donne discinte e continue richieste di denaro da parte dell'uomo, ai domiciliari e dunque mantenuto da lei facendo più lavoretti, l'avrebbero portata ad esasperare situazioni che, quest'oggi, in Aula, al cospetto del collegio giudicante del Tribunale di Lecco, ha provato invece a riportare nell'alveo delle normali interazioni di coppia, trasformando anche calci e pugni riservati - almeno in un'occasione, stando al quadro accusatorio - ad una delle loro figliotte in ben più generiche e assai meno circostanziate "sgridate". Normali anche quelle, quando i bambini "facevano qualcosa che non dovevano fare".

 

Se domani, 25 novembre, si celebra la giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, quest'oggi in Tribunale a Lecco una presunta vittima ha tentato - a tratti anche facendo tenerezza - di salvare quello che, dopo essere uscita di casa, è tornato ad essere il suo compagno.

Già condannato - parrebbe per una vicenda legata ad una precedente relazione - l'uomo, è chiamato a rispondere di maltrattamenti in famiglia, lesioni, danneggiamento per tutte quelle occasioni che avrebbe "perso la testa", tra il 2019 e il 2021, tra le mura domestiche ma anche di maltrattamento di animali per essersi accanito anche contro i due cani della compagna, presi a bastonate come confermato dal figlio maggiore della donna (nato da altro matrimonio), sentito come testimone, dopo la lunga audizione della mamma. Il ragazzetto, residente ora con altri parenti, ha risposto a fatica alle domande del sostituto procuratore Alessandro Gobbis, parlando inizialmente solo di urla sentite in casa per poi arrivare a confermare di aver udito anche "i colpi" delle (supposte) botte ricevute dalla madre, vista però una sola volta con un dito gonfio. La stessa volta che la donna sarebbe rimasta per ben tre giorni chiusa in una stanza, senza uscire (stando alla querela sporta, dopo essere stata minacciata pesantemente dal fidanzato, dettaglio, anche questo "addolcito" dalla donna in udienza). Un'altra volta rispetto a quando - sempre per quanto denunciato e poi ritrattato - sarebbe stata dapprima colpita con una scopa e poi rincorsa con un martello tra le mani, trovando rifugio in un cassettone. Un'altra volta ancora rispetto a quando l'imputato avrebbe esploso tre colpi con una scacciacani dopo una discussione con il suocero. "Succedeva", la laconica conferma, a occhi bassi sotto un ciuffo imponente, del 17enne alla richiesta se espressioni come "menomato" in riferimento ad un fratello e "troia, ti spacco tutta" rivolte alla mamma, fossero effettivamente riecheggiate in casa. Violenza verbale, dunque, non negata nemmeno dalla denunciate. Come pure sulle cose, con cinque cellulari rotti e il vestito della Comunione di uno dei bambini fatto a pezzi. “Rimossi”, invece, se non addirittura “inventati”, pugni in faccia e al costato. Ci sono invece le foto del segno di una cicca spenta sul braccio della donna ma la stessa è arrivata a dire "mi sono appoggiata io alla sigaretta". "Come?" ha chiesto e si è chiesto, basita, la Presidente del collegio giudicante Bianca Maria Bianchi (a latere Martina Beggio e Gianluca Piatadosi). Silenzio. Tante la pause di silenzio. "Volevo tornare con lui", invece, quando detto per giustificare la remissione di querela formalizzata in Procura (previa correzione di un'amica, già avvocato... dell'imputato), per tentare di evitare al compagno un processo che invece, per procedibilità d'ufficio, continuerà comunque. Il 19 dicembre l'audizione dei testi residui del PM e l'esame dell'imputato. Se si presenterà.

Nel mentre, è già un altro 25 Novembre.

A.M.
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