Lecco: a cento anni dalla marcia su Roma Spazio Teatro Invito ospita 'Ottobre 22'


“Ma come è stato possibile?”. Il passante se lo è chiesto più volte. Ha posto questa domanda al personaggio che stava tenendo in ostaggio, l’ex primo ministro Luigi Facta. E in fondo, lo ha chiesto anche al pubblico. A tutti noi. “Ma come è stato possibile?”. È intorno a questa domanda che si è sviluppato di fatto lo spettacolo “Ottobre 22”, che Teatro della Cooperativa, storica compagnia milanese, ha portato in scena sabato sera sul palco di Spazio Teatro Invito. Scritta e diretta da Sergio Pierattini, la drammaturgia si è aperta con un uomo in camicia da notte, legato ad una sedia e bendato. Era Luigi Facta, liberale nonché ultimo capo di governo italiano prima dell’avvento di Mussolini. Dietro di lui, nell’ombra, il passante, un giovane uomo rimasto privo di un braccio dopo essere stato colpito da un proiettile mentre passeggiava per Roma la mattina del 28 ottobre 1922. I giorni della marcia su Roma. “La storia mi è saltata addosso come una tigre e mi ha sbranato un braccio. Davanti agli occhi ha un reduce. Un reduce di pace” ha sottolineato il passante. Già, la Storia. Qualcosa di complesso, non riassumibile in poche battute. “Siamo un paese di sbadati, in cui la memoria storica è un optional e l’oblio è uno sport nazionale. Eventi come la marcia su Roma hanno condizionato in modo indelebile la storia del nostro paese” ha sottolineato Renato Sarti, l’interprete di Luigi Facta, al termine dello spettacolo. “In quegli anni nella società italiana c’era un fortissimo malcontento, causato dalle conseguenze della Prima Guerra Mondiale” ha ricordato Fabio Zulli, divisosi tra il ruolo del passante e quello del segretario del politico piemontese. La complessità della Storia, però, è plasmata dalle tante decisioni che i singoli uomini prendono nelle profondità del loro vissuto quotidiano. Ed è qui che torna quella domanda: ma come è stato possibile? “L’obiettivo ultimo di questa drammaturgia è quello di indagare le responsabilità della marcia su Roma e dell’avvento del fascismo. Responsabilità che non sono in capo solo a Facta” ha sottolineato ancora Zulli. Certo, l’avvocato di Pinerolo non è stato all’altezza della situazione, cosa che nella drammaturgia ha ammesso evidenziano come “In quelle ultime settimane il governo tirava a campare. Sognavo di tornare a casa mia in Piemonte e non me ne vergogno”. Certo, il primo ministro stava trattando con Mussolini per far entrare i fascisti nel governo. “Abbiamo cercato di fermare Mussolini con la politica e la mediazione. Lui però è stato molto abile nel giocare contemporaneamente sul tavolo politico e su quello insurrezionale” ha rivendicato l’ex capo del governo. Quella che si verificò negli ultimi giorni dell’ottobre 1922, infatti, fu una vera e propria insurrezione armata. Si moltiplicavano, come racconta sempre Facta nella drammaturgia, le lettere di prefetti che raccontavano di intere città occupate da squadre di migliaia di fascisti. Folle in cammino dirette verso Roma. “Dovevate difendere Roma” ha urlato ad un certo punto il passante. Già, difendere Roma con un decreto di stato d’assedio che era già pronto, tanto è vero che i manifesti erano stati appesi in gran parte della città. Decreto che però il re all’ultimo decise di non firmare, dopo aver inizialmente raccomandato al governo di prendere tutte le misure necessarie affinché i fascisti non arrivassero a Roma. “Quella notte tra il 27 e il 28 il re Vittorio Emanuele III ricevette la visita del capo di stato maggiore Diaz, il quale gli disse che era meglio non mettere alla prova la fiducia dell’esercito” ha ricordato bisbigliando Facta. Oltre a quelle di Facta e della classe politica a cui apparteneva, infatti, sono chiare le responsabilità della famiglia reale. Compresa quella regina Margherita che, come ricorda l’ex primo ministro, ricevette a Bordighera de Vecchi e de Bono e li benedisse con le parole “andate, andate, io sono sempre stata per le cose buone e belle”. Grazie alla qualità del dialogo scritto da Pierattini e alla maestria dei due attori, lo spettacolo ha colpito gli spettatori con una potenza interrogante in grado di andare oltre questi, che alla fine sono dati storici. Mano a mano che lo spettacolo si sviluppava infatti, rimaneva in sottofondo una domanda. E il passante, simbolo di una società intera, che responsabilità ha avuto in questa storia? Quel giovane uomo, rimasto inizialmente affascinato come migliaia di persone dalla propaganda fascista incentrata sulla necessità di riportare l’ordine, ha delle colpe? Iconico il suo racconto sul perché quella mattina camminava per le vie della capitale. “La cosa che mi fa più male ripensando a quei giorni è quel pensiero piacevole, quasi divertito che io provavo all’idea di quella gioventù che da Milano attraverso tutta l’Italia scendeva verso Roma. Come un colpo di vento forte avrebbe spazzato via il marciume della vecchia politica. Io volevo esserci, volevo vedere”.
A.Bes.
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