Colico: medico palettato in lockdown, chiesti 4 mesi di condanna
4 mesi di reclusione, la richiesta avanzata dal pubblico ministero nei confronti del medico condotto di Morbegno accusata di resistenza, false dichiarazioni a pubblico ufficiale, inosservanza dei provvedimenti di Autorità e violazione del testo unico delle leggi sanitarie in materia di contenimento di malattie infettive. Di parere totalmente opposto gli avvocati difensori della professionista, Michele Cervati e Laura Redaelli, che ripercorrendo velocemente i fatti risalenti a marzo 2020, hanno ribadito più volte come il comportamento tenuto dai militari sia andato oltre le loro facoltà e questo sia stato la causa della reazione della donna.
La dottoressa, infatti, era stata fermato dai militari di Colico mentre stava circolando, in periodo di restrizioni covid, con le due figlie, il fidanzato della maggiore e un collega, lungo via Nazionale. Il gruppo, a bordo di due auto, avrebbe fatto una inversione di marcia per poi essere palettato poco dopo. In questa circostanza, secondo l’accusa, la donna si sarebbe resa responsabile dei reati indicati nel capo di imputazione, agitandosi a tal punto da costringere i militari ad ammanettarla. Discordanti le versioni presentate in aula nelle precedenti udienze dalle parti. Secondo i legali gli operanti avrebbero chiesto alle persone fermate di riscrivere le autodichiarazioni che, a loro dire, presentavano discordanze. Richiesta però non lecita in quanto non tenuti in quel momento ad accertare la veridicità di quanto scritto ma solo ad acquisire la documentazione. La loro richiesta di riscrivere le autocertificazioni avrebbe per questo provocato il dissenso della donna. I legali, stigmatizzando anche le manette messe alla donna, hanno chiesto l’assoluzione perché il fatto non sussiste o in subordine perché non costituisce reato.
Il giudice Gianluca Piantadosi ha aggiornato il procedimento al 27 gennaio.
La dottoressa, infatti, era stata fermato dai militari di Colico mentre stava circolando, in periodo di restrizioni covid, con le due figlie, il fidanzato della maggiore e un collega, lungo via Nazionale. Il gruppo, a bordo di due auto, avrebbe fatto una inversione di marcia per poi essere palettato poco dopo. In questa circostanza, secondo l’accusa, la donna si sarebbe resa responsabile dei reati indicati nel capo di imputazione, agitandosi a tal punto da costringere i militari ad ammanettarla. Discordanti le versioni presentate in aula nelle precedenti udienze dalle parti. Secondo i legali gli operanti avrebbero chiesto alle persone fermate di riscrivere le autodichiarazioni che, a loro dire, presentavano discordanze. Richiesta però non lecita in quanto non tenuti in quel momento ad accertare la veridicità di quanto scritto ma solo ad acquisire la documentazione. La loro richiesta di riscrivere le autocertificazioni avrebbe per questo provocato il dissenso della donna. I legali, stigmatizzando anche le manette messe alla donna, hanno chiesto l’assoluzione perché il fatto non sussiste o in subordine perché non costituisce reato.
Il giudice Gianluca Piantadosi ha aggiornato il procedimento al 27 gennaio.
S.V.