Calolzio: l'archivio fotografico Marenzi... si mostra. Al Lavello esposta la storia della Valle, scatto dopo scatto
Tagliando - idealmente - il nastro, il sindaco ha presentato quanto in mostra come "un antipasto". Il pranzo sarà sicuramente lauto. Da servire però - come ha avuto poi modo di sottolineare il professor Fabio Bonaiti, pur fuori metafora - portata dopo portata, proseguendo quel "grande progetto di ricerca" di cui l'esposizione allestita ora al Lavello rappresenta soltanto "la punta dell'iceberg", un'anteprima. "Un antipasto", insomma. Ma assolutamente di gusto.
Ercole Marenzi
E' stata inaugurata venerdì sera al Monastero "Controluce", prima restituzione pubblica di quell'inestimabile "tesoretto" - della città e della Val San Martino tutta - rappresentato dall'archivio fotografico Marenzi, fondo storico composto da migliaia e migliaia di stampe, lastre, diapositive e negativi di vari formati, frutto del lavoro (e della passione) di tre generazioni di fotografi calolziesi. I fotografi calolziesi. L'archivio, che annovera scatti dagli anni Trenta del Novecento ai primi anni 2000, è infatti "da considerarsi un "unicum", in quanto deposito di immagini realizzate dal solo studio fotografico (allora) esistente sul territorio".
Dietro l'obiettivo dapprima Ercole Marenzi, classe 1902, fondatore dell'attività sempre rimasta all'incrocio tra via Roma e via Vittorio Emanuele (oggi, rispettivamente, Corso Dante e via Mazzini) con il negozio diventato così nel tempo anche riferimento toponomastico e la rotonda antistante l'uscio la "rotonda del Marenzi"; poi Iginio ed infine Elena, la terza discendenza, che dal 1976 affianca nonno e papà in studio, portandolo avanti, con il marito Franco Longhi ed i loro collaboratori, fino 2016, l'anno della chiusura.
La famiglia Marenzi
"Marenzi – come è scritto nell'opuscolo di presentazione della mostra e come spiegato ieri agli intervenuti dalla dottoressa Elisabetta Gandolfi, curatrice della prima selezione di scatti in esposizione con lo stesso Bonaiti e un gruppetto di volontari - a Calolziocorte e in Valle San Martino è sinonimo di fotografia. I fotografi diventano il polo di attrazione di tutti quei cittadini che desiderano un ritratto per sé o per la propria famiglia nelle circostanze più importanti della loro vita".
Scatti in posa in studio e all'aperto, matrimoni ed eventi privati. Ma anche manifestazioni pubbliche, civili e religiose. Momenti di vita, tra lavoro e svago, scuola e sport. E ancora quella che oggi chiameremmo cronaca. O storia, con un'ampia parentesi chiaramente dedicata alle vicende che hanno investito anche Calolzio, negli anni del Fascismo, della guerra e della liberazione.
Ecco dunque appesa al Lavello – in quella che è da intendersi come un “mostra introduttiva”, focalizzata tra gli anni Trenta e gli anni Sessanta - la foto dei soldati "mongoli" giunti in paese con quella di un matrimonio celebrato a Colle di Sogno e quelle della "narcisata" in Valcava; girotondi di bambini della scuola dell'infanzia, un incidente aereo dinnanzi alla Sali di Bario, il ponte di barche sull'Adda...
"Voglio ringraziare la famiglia Marenzi per il coraggio dimostrato nel mettere a disposizione questo patrimonio" ha detto il Presidente della Fondazione Roberto Monteleone, augurandosi partecipazione di pubblico nei giorni di apertura (da oggi al 13 novembre) e dicendosi orgoglioso di ospitare l'iniziativa al Monastero, luogo di storia e cultura. Due termini, quest'ultimi, ripresi anche dall'assessore Cristina Valsecchi per sottolineare come storia e cultura, per l'appunto, non manchino nella programmazione dell'amministrazione, attraverso però proposte di livello (che richiedono dunque tempo) come questa.
“Abbiamo qualità da dare a tutto il territorio” il concetto espresso infine da Fabio Mastroberardino, calolziese ma intervenuto quale rappresentante della Provincia, confermando dunque quella coerenza di intenti tra enti evidenziata dalla dottoressa Gandolfi, arrivata a sottolineare anche il “senso di appartenenza alla comunità” rinsaldato dallo “scoperchiare” l'archivio Marenzi, “patrimonio della collettività” come lo ha definito anche il sindaco Marco Ghezzi annunciando l'intenzione di proseguire il percorso catalogazione del materiale e valorizzazione dello stesso, attraverso la ricerca storica, per arrivare poi alla digitalizzazione del fondo e alla sua conservazione protetta, assieme ai documenti comunali.
A.M.