Lecco: suggeriva all'esame per la patente, chiesti 5 mesi
Il vice procuratore onorario Mattia Mascaro ha oggi avanzato una richiesta di condanna pari a 5 mesi di reclusione per il cittadino rumeno che, dietro un cospicuo pagamento avrebbe offerto un “aiuto da casa” ad un conoscente con difficoltà a superare l'esame teorico per la patente di guida.
Lo stratagemma, costato all'odierno imputato C.B. il rinvio a giudizio con l'accusa di concorso in falsa attribuzione di lavori altrui da parte di aspiranti al conferimento di lauree, diplomi, uffici, titoli e dignità pubbliche, era stato spiegato nella scorsa udienza proprio dal “furbetto” P.B. aspirante neopatentato (uscito di scena grazie alla messa alla prova): nel 2019, dopo aver pattuito come compenso 3 mila euro (1.200 subito e il resto a patente ottenuta), l'esaminando si sarebbe presentato insieme a C.B. in motorizzazione a Lecco per sostenere l'esame con tanto di auricolari e microcamera da nascondere sugli indumenti.
P.B. avrebbe così dovuto solo inquadrare il foglio e trascrivere le risposte fornitegli tramite l'auricolare dal complice. Non tutto sarebbe andato però secondo i piani: non solo P.B. non sarebbe riuscito a mettere a fuoco il foglio dalla sua postazione (venendo per di più poi bocciato), ma sul posto sarebbero anche intervenuti gli uomini della Polizia di Stato.
Oggi la discussione delle parti: dopo le conclusioni della pubblica accusa a sostegno della condanna dell'odierno imputato, la difesa (rappresentata dall'avvocato Letizia Semeraro del foro di Lecco) ha invece insistito per la sua assoluzione con la formula “perché il fatto non sussiste”. Secondo il legale, infatti, non sarebbe stata raggiunta nel corso dell'istruttoria la prova della responsabilità penale del proprio assistito: “il modem sotto la maglietta era attivo ma non ci sarebbe stata nessuna chiamata né in entrata né in uscita” ha spiegato.
Il giudice Gianluca Piantadosi ha rinviato solo per la lettura della sentenza al 2 dicembre.
Lo stratagemma, costato all'odierno imputato C.B. il rinvio a giudizio con l'accusa di concorso in falsa attribuzione di lavori altrui da parte di aspiranti al conferimento di lauree, diplomi, uffici, titoli e dignità pubbliche, era stato spiegato nella scorsa udienza proprio dal “furbetto” P.B. aspirante neopatentato (uscito di scena grazie alla messa alla prova): nel 2019, dopo aver pattuito come compenso 3 mila euro (1.200 subito e il resto a patente ottenuta), l'esaminando si sarebbe presentato insieme a C.B. in motorizzazione a Lecco per sostenere l'esame con tanto di auricolari e microcamera da nascondere sugli indumenti.
P.B. avrebbe così dovuto solo inquadrare il foglio e trascrivere le risposte fornitegli tramite l'auricolare dal complice. Non tutto sarebbe andato però secondo i piani: non solo P.B. non sarebbe riuscito a mettere a fuoco il foglio dalla sua postazione (venendo per di più poi bocciato), ma sul posto sarebbero anche intervenuti gli uomini della Polizia di Stato.
Oggi la discussione delle parti: dopo le conclusioni della pubblica accusa a sostegno della condanna dell'odierno imputato, la difesa (rappresentata dall'avvocato Letizia Semeraro del foro di Lecco) ha invece insistito per la sua assoluzione con la formula “perché il fatto non sussiste”. Secondo il legale, infatti, non sarebbe stata raggiunta nel corso dell'istruttoria la prova della responsabilità penale del proprio assistito: “il modem sotto la maglietta era attivo ma non ci sarebbe stata nessuna chiamata né in entrata né in uscita” ha spiegato.
Il giudice Gianluca Piantadosi ha rinviato solo per la lettura della sentenza al 2 dicembre.
F.F.