Lecco: 'vestito da Manzoni', tra musica e politica Morgan tiene banco al Cenacolo

Debordante. Ospite d’onore dell’ultimo appuntamento del festival “Lecco città dei Promessi Sposi”, ieri sera Morgan è stato semplicemente debordante. Per più di due ore, Marco Castoldi ha dominato il palco del teatro Cenacolo francescano con la sua personalità, la sua sconfinata cultura musicale, il suo enorme talento al pianoforte e le sue idee.

Patrick Mittiga e Mauro Rossetto

L’evento è in realtà iniziato con venti minuti di ritardo rispetto a quanto previsto. Uno spazio utilizzato innanzitutto da Mauro Rossetto, direttore del festival, e Patrick Mittiga per ringraziare non solo il main sponsor Acinque e il comune di Lecco ma anche tutto lo staff che ha contribuito alla realizzazione del festival. Terminato il momento istituzionale, il palco è stato poi lasciato a Lisbona, un giovane cantautore torinese che ha eseguito per il pubblico alcuni dei suoi pezzi, tra cui “Tostapane”.
Nella sala si percepiva un senso di trepidamente attesa.

Lisbona

Tale emozione si è potuta dispiegare in un applauso liberatorio solo quando la capigliatura bianca di Morgan ha fatto capolino sulla scena. “Avete visto, sono vestito come Manzoni” ci ha tenuto a sottolineare subito l’artista monzese, suscitando le risate del pubblico. Seduto di fronte a lui c’era Mauro Rossetto, a cui era stato affidato il compito di coordinare una conversazione che ruotasse intorno alla figura di Alessandro Manzoni. Un’impresa rivelatasi ardua perché il suo interlocutore di cose da dire ne aveva veramente tante. “Siamo qua a ragionare su un personaggio che a scuola ci ha oppresso per anni. Lo abbiamo poi riscoperto diventando adulti e lo abbiamo amato sempre di più. Inizierei questa conversazione partendo dal tuo Manzoni” ha esordito il direttore del festival. “Il mio Manzoni è una figura complessa, un’intellettuale eclettico, un maitre a penser importante nel quadro dell’Italia risorgimentale. Manzoni è nato in un ambiente colto e sta bene socialmente, economicamente e moralmente” ha risposto Morgan. “Manzoni non è Leopardi, non è uno che si mischia con gli altri e fa la lotta. È stato un grandissimo pensatore. Certo poi i due vivevano in un Italia dove la principale preoccupazione era liberarsi degli austriaci. Un pensiero che Beethoven a Vienna non aveva”. Ma la risposta non era terminata. “Manzoni era un ricco e potente intellettuale che si occupava di affrontare le problematiche sociali. Come il PD oggi: sono tutti ricchi e parlano di mondo operaio” ha aggiunto l’artista.

Morgan

L’intera conversazione si è svolta così, a cavallo tra passato e presente, tra la cultura e la musica da un lato e la situazione politica odierna dall’altro. “Autoritratto è un sonetto realizzato in modo molto preciso sul piano formale, per quanto riguarda lo schema metrico. È un endecasillabo come la Divina Commedia, quell’opera che noi utilizziamo per leggere tutte le poesie con una struttura simile” ha proseguito Marco Castoldi, per poi affascinare il pubblico recitando a memoria la prima parte del I canto dell’Inferno di Dante. A memoria e perfettamente a ritmo. Dalla Divina Commedia si è quindi passati alla musica: l’ex frontman dei Bluvertigo ha infatti eseguito un suo brano del 2007, intitolato “Contro me stesso”, e “l’Avvelenata” di Francesco Guccini. Dalla musica si è poi di nuovo tornati alla cultura e alla politica. Una conversazione frenetica e coinvolgente. “Oggi Guccini non potrebbe scrivere “l’Avvelenata”, lo censurerebbero prima ancora che metta piede in studio. Ormai la censura è dentro di noi, sono riusciti ad instillarla nelle persone attraverso la paura” ha sottolineato Castoldi.

“Manzoni sapeva di essere un eterodosso, una persona che non poteva essere inquadrata. Non era amato dai mazziniani, dai laici, dai cattolici. Era un cattolico legato alla parte più progressista della chiesa cattolica francese” ha sottolineato di contro il direttore Rossetto. La risposta di Morgan è stata molto diretta. “Questa è la libertà di pensiero. Personalmente mi ritengo un libertario, privilegio la libertà della persona. In questi giorni sto appoggiando il governo Meloni perché nei colloqui che ho avuto con la futura premier si è detta disponibile ad investire sulla cultura. Questo Paese deve rinascere sul piano culturale e un buon punto di partenza sarebbe Vittorio Sgarbi Ministro della Cultura” ha spiegato Marco Castoldi.

L’ex giudice di X Factor si è quindi tolto anche qualche sassolino dalla scarpa: “Franceschini mi ha trattato malissimo. Una persona come Franceschini non capisce di cultura e rovina la televisione. Più in generale lo stato oggi è contro la libertà e la creatività. Persone come me e Vittorio sono trattate molto male. Manzoni non era screditato, era rispettato. A me è stata tolta addirittura la casa, mi è stata fatta una violenza”. Infine, la chiosa accolta dagli applausi del pubblico: “Io lotto per me e per gli altri. Ho uno spirito combattivo, risorgimentale”. Uno spirito combattivo dotato di armi formidabili come il talento. Un talento tale da permettere di cantare improvvisando un componimento complesso come “Il cinque maggio”. O per lo meno parte de “Il cinque maggio”. “Ma quanto è lunga! Manzoni di cose da dire ne aveva!” ha sottolineato ad un certo punto Morgan suscitando di nuovo le risate degli spettatori. Accanto al talento, la cultura. Una conoscenza sconfinata della musica, nonché della storia della musica, che è emersa nella discussione sull’Adelchi di Manzoni. “De André ha affrontato il tema dell’ingiustizia della guerra perché è un epico. Mentre Luigi Tenco è un lirico, poiché parla dell’io e dei sentimenti, De André racconta delle gesta del popolo e della società. Non ha mai cantato in prima persona, ha sempre assunto il ruolo del narratore. De André, inoltre, costruiva personaggi cattivi, come il giudice, con l’obiettivo di far scattare in noi il meccanismo della pietà” ha spiegato Castoldi. Lo stesso ha poi eseguito proprio il brano di De André intitolato “Il giudice”.

Ma il momento più intenso della serata è arrivato in seguito, nella parte finale. Discutendo della monaca di Monza e dell’innominato, Morgan si è fermato per un attimo a riprendere fiato e poi, guardando la platea, ha confidato al pubblico la sua opinione sui personaggi del Manzoni. “Io credo che i veri rivoluzionari nel romanzo siano proprio Renzo e Lucia. L’amore è la cosa più rivoluzionaria che ci sia e loro sono il modello dell’amore che supera ogni ostacolo. Solo un romantico ha il coraggio di scrivere un’opera in cui l’amore viene prima di ogni altra cosa. In altre parole, Manzoni ha voluto dare un lieto fine, almeno per un po’, ad una storia che ricorda Giulietta e Romeo”.
A.Bes.
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