Lecco, 100 anni dello stadio: il Cantarelli 'salvo' grazie alla Serie A

Pubblichiamo altri "frammenti di memoria" legati ai 100 anni dello stadio cittadino, ricorrenza che sarà celebrata sabato prossimo alle 17 con la posa di una targa.

Incredibile e curioso a dirsi, ma se i blucelesti della Calcio Lecco non fossero stati promossi nel 1960 in Serie A il terreno di gioco del vecchio Cantarelli non avrebbe festeggiato i 100 anni come sarà sabato prossimo, 15 ottobre. La singolare vicenda è presto riassunta: già alla metà del secolo scorso il campo sportivo Cantarelli cominciava a risultare sempre meno periferico di quanto fosse la sua posizione nel vecchio territorio comunale di Castello nell’autunno 1922.


Il campo sportivo Cantarelli nel 1922

Si parlò, allora, per la prima volta, di un nuovo terreno di gioco, e già nella Quinquennale del 1953, rassegna dell’industria e del lavoro lecchese, allestita presso il complesso scolastico del Caleotto, ora Badoni, venne presentato il progetto di un complesso sportivo polifunzionale in località Bione, alla periferia meridionale del quartiere Pescarenico, lungo l’Adda: era stato curato dall’ing. Nino Cugnasca, poi sindaco di Introbio per anni, che divenne anche noto per un progetto grandioso di deviazione del fiume Po nel tratto più a sud del suo corso. L'idea di Cugnasca comprendeva un nuovo stadio calcistico e anche tutte le strutture sportive che si sono poi realizzate all’interno dell’attuale centro, inaugurato come primo settore nel 1966.


"Noi giocavamo al Cantarelli"

Cosa si verificò nell’estate 1960 con il Lecco promosso in Serie A? Il vecchio Cantarelli era inagibile per un campionato di quel tipo: era indispensabile un intervento radicale di sistemazione e di ampliamento per poter consentire alla formazione del presidente Ceppi e dell’allenatore Piccioli di poter giocare.


Festa dei tifosi per la prima promozione in A nel 1960

L’Amministrazione Comunale, con il sindaco Angelo Bonaiti, venne subito chiamata a scegliere il miglior progetto per consentire alla squadra di disputare la A. Venne respinto quello della Commissione Impianti Sportivo di 18.000 presenti, che per alcuni sarebbero stati solo sulla carta per la limitata capienza di settori indicati numericamente come più capaci di quanto realmente efficienti. Venne preferito il progetto dei 20.000 realizzato dall’ing. Meschi. Vi furono diverse riunioni di Consiglio Comunale, alla presenza di grande pubblico.


Festa dei tifosi per la seconda promozione in A nel 1966

La stampa locale scriveva: “Le accese polemiche delle ultime settimane e i motivi politici che si sono inseriti hanno finito per creare confusione nell’opinione pubblica, sviando i veri problemi che sono all’origine della situazione attuale: l’esigenza assoluta di poter avere nel prossimo autunno uno stadio idoneo per ospitare il campionato di A”.


La stampa lecchese nell'estate 1960

Nella stagione estiva l’impresa Colombo mobilitò al massimo il suo personale, annoverando anche 70 presenti nel cantiere che rimase attivo pur nel periodo più tradizionale delle ferie d’agosto. Il Lecco chiese e ottenne di poter disputare le prime due partite in trasferta, come avvenne a Firenze e a Catania e, nella terza giornata, di debuttare all’ampliato Rigamonti con il Padova.


La lapide a Superga che ricorda anche Mario Rigamonti

La prima “pietra” del Centro sportivo del Bione risale all’autunno 1964 con il sindaco Alessandro Rusconi. Il nuovo progetto non prevedeva più ovviamente il nuovo stadio, ma solo campi di calcio con limitate gradinate. L’inaugurazione ufficiale risale alla vigilia di Pasqua del 1966. Rimaneva il vecchio Cantarelli, divenuto Rigamonti in memoria di Mario, giocatore del grande Torino, deceduto nella tragedia aerea di Superga. Quest'ultimo aveva giocato nel Lecco negli anni di guerra: proveniva dal Brescia dove poi tornò per entrare nella leggendaria super squadra del calcio nazionale negli anni post 1945, sino al dramma del maggio 1949. L’aereo tornava da Lisbona, dove il Torino era stato chiamato a una competizione internazionale. Nella fase di atterraggio, mentre imperversava un forte temporale, andò a schiantarsi presso il muraglione della basilica di Superga. Non vi furono superstiti, morirono in 31 fra membri dell’equipaggio, i 18 giocatori del Torino, 5 tra dirigenti e tecnici, 3 giornalisti.
A.B.
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