Lecco: Concita De Gregorio e Erica Mou incantano gli spettatori al festival Treccani

L’atmosfera, ieri sera, nell’aula magna del Politecnico, era quella delle grandi occasioni. Ad un certo punto, le luci si sono abbassate. Silenzio. Concita De Gregorio ed Erica Mou hanno fatto la loro comparsa da una porticina sul lato sinistro. Un’entrata semplice da parte di due artiste e intellettuali che fin dall’inizio dell’evento, il primo serale nell’ambito del Festival Treccani, hanno dominato il palco con estrema eleganza. In scena assieme a loro solo una chitarra e una copia de “Lettera a una ragazza del futuro”, il libro che Concita De Gregorio ha pubblicato alla fine dell’anno scorso con Feltrinelli.

Concita De Gregorio e Erica Mou

Cantautrice pugliese trentaduenne, Erica Mou ha esordito abbracciando gli spettatori con la sua voce dolce. “Amica mia, amica mia non credo che saremo mai non credo che saremo mai più belle di così, più felici di così.” Era un abbraccio caldo, un abbraccio simile a quello del camino che aspetta a casa una donna quando rientra a tarda sera dopo una lunga giornata di lavoro. “Amica mia, amica mia non credo che saremo mai più intere di così o più leggere di così.” Sorride, la donna sorride ripensando alle risate con l’amica di sempre nelle brevi pause che il lavoro ha concesso. Si accorge di essere osservata: è sua figlia, che la guarda dal corridoio. La madre la invita a sedersi lì sul divano, la cinge in un grande abbraccio, le accarezza i capelli e inizia a sussurrarle qualcosa all’orecchio. Questa è l’atmosfera in cui Concita De Gregorio ha iniziato a leggere la sua lettera. “Sii gentile, ragazza del futuro, appassionata e gentile”. Parole lucide e intense. “Questa lettera non la scrivo per te. Non la leggeresti, non la leggerai. Non finché sarai bambina. Allora facciamo così: la scrivo per me. Per la ragazza che sono stata”.

Una lettera colma di vita, di ciò che insegna la vita. Consapevolezze e desideri consolidatisi nelle asprezze del quotidiano che potevano servire come traccia o consiglio per la propria figlia, per un’amica, una conoscente o tutte quelle ragazze che avranno in mano il futuro di questo mondo. “Potrai essere irregolare, indecente, imprevedibile. Potrai essere infelice a volte e scontare la solitudine. Se resti quello che sei, anche quando qualcuno proverà a farti sentire in colpa o in errore, non sarai mai in errore”.
Parole che delineavano complessità. Quella complessità propria dell’anima femminile. Qualcosa che tanti uomini non riescono a comprendere in una vita intera.
Concita De Gregorio ogni tanto si fermava. La madre di questo nostro racconto smetteva di sussurrare alla figlia e, sempre tenendola tra le braccia, guardava il camino per qualche minuto mentre Erica Mou riprendeva a cantare. “Svuoto i cassetti di questa casa imperfetta e penso a quanto sono stata stretta nei panni che non erano i miei”.
Il tempo nella sala sembrava sospeso. Gli spettatori erano come rapiti, anche i bambini presenti non fiatavano. Terminata la canzone, Concita De Gregorio riprendeva nella sua lettura. “Sii imprevedibile. Non far dipendere la tua felicità da nessuno, almeno non da una persona o da una cosa sola”. Qua e là nella sala, emergevano segni di commozione profonda. Quell’emozione che si prova quando lo spettacolo ti tocca nel cuore.

“Non conta dove sei nata, da chi, da dove parti, con chi fai l’amore se lo fai. Conta che tu trovi e difenda il tuo posto nel mondo”. La madre guardava negli occhi sua mentre pronunciava queste parole, così come Concita De Gregorio fissava il suo pubblico in uno tra i momenti più forti della serata. “Difendi la tua differenza”. Parole che la madre sussurra alla figlia nell’orecchio quando oramai è tardi ed è ora di andare a dormire. Parole che rimangono lì, sospese nell’aula magna, in tutto il loro peso e in tutta la loro potenza, anche quando Erica Mou canta l’ultimo dei suoi brani previsti nella scaletta. “Ora non ho le parole per dirtelo. Non importa, le cose si sentono”. C’era un’ultima cosa che la madre voleva dire a quella piccola bambina. Una riflessione sincera ed intensa con cui Concita De Gregorio ha concluso la sua lettera. “Spesso le cose sembrano complicate e sono molto semplici. Nell’amore, per esempio, che è la sola ragione per cui siamo al mondo, conta vedere ed essere visti, riconoscersi, stare nel cuore di qualcuno e fare spazio nel proprio”.

Erica Mou, Benedetto Gallucci, Luigi Romani, Concita De Gregorio

In terza fila, a lato, un ragazzo e una ragazza si tenevano per mano scambiandosi sguardi complici. Alla fine, l’applauso del pubblico ha dato l’impressione di sciogliere la tensione. Per lo meno di questo erano convinti Luigi Romani, responsabile base dati e area linguistica dell’istituto dell’enciclopedia italiana, e Benedetto Gallucci, amministratore delegato Treccani Reti. I due sono infatti saliti sul palco per consegnare a Concita De Gregorio e Erica Mou due copie del nuovo dizionario Treccani. Nonostante lo spettacolo fosse finito e fosse giunta l’ora degli autografi, il pubblico però non si era mosso. Le persone volevano rimanere lì, in quell’atmosfera calda e incantata. Compresa la situazione, Erica Mou ha intonato un ultimo brano. “Hai mai detto le parole giuste? Io tante volte, ma le avrei cambiate tutte”. Un caloroso bacio della buonanotte che il pubblico ha ricambiato con un altrettanto caloroso applauso.
Andrea Besati
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