A processo per maltrattamenti e violenza, ma per i parenti la coppia era spensierata

Il Tribunale di Lecco
Il 18 marzo dello scorso anno il racconto di lei aveva fatto venire i brividi a chi sedeva da spettatore in Aula: una bella ragazza, ancora giovanissima, con compostezza, dinnanzi ad un collegio giudicante oggi cambiato per due terzi dei suoi componenti, aveva raccontato di una convivenza finita per trasformarsi in una prigione, con vessazioni da parte del compagno, arrivato anche ad imporle dei rapporti sotto minaccia, utilizzando un coltello per costringerla a concedersi. Maltrattamenti in famiglia e violenza sessuale i reati contestati all'uomo, residente al tempo dei fatti nella cintura lecchese, descritto dalla denunciante come ossessivamente geloso ma anche incline alla bottiglia e con il "vizietto" del gioco, pur lavorando sì e no, con i problemi economici ad acuire dunque un quadro già a tinte particolarmente fosche.
Quest'oggi, nell'ambito di un'istruttoria particolarmente lunga, ad accomodarsi al microfono sono stati invece il fratello e il padre dell'imputato. Entrambi, neanche a dirlo, hanno puntato il dito contro la ragazza, costituitasi parte civile e presente personalmente in Aula al fianco del proprio legale, l'avvocato Marcello Perillo. Rispondendo alle domande poste dal sostituto procuratore Chiara Di Francesco e dalle altre parti, i due hanno tenuto a evidenziare come la denunciante fosse più legata alla propria famiglia d'origine - con riferimento ad un fratello con trascorsi in carcere e ad una sorella - piuttosto che a quella costruita con l'imputato. “La loro casa era diventata  un albergo-ristorante” ha detto il più giovane dei testimoni escussi quest'oggi, ricordando di aver fatto in più occasioni da autista ai nipoti e alla cognata, facendo a quest'ultima quasi da “fratello maggiore”.
Appassionato di fotografia, avrebbe poi ritratto la coppia in più e più occasioni spensierate.
Eppure suo padre, rendendo testimonianza, è arrivato a dire della nuora “sapeva solo fumare, fumare, fumare. In casa non sapeva fare nulla”, accusandola altresì della sparizione di 500 euro contenuti in un salvadanaio e di aver venduto un bracciale d'oro del compagno “per fare soldi”.
Pur negando, infine, entrambi problemi tanto con l'alcol tanto con le slot, in riferimento all'imputato il padre e il fratello si sono contraddetti sull'aspetto lavorativo. Per il primo nel periodo in esame era autista per una società con sede ad Arcene (dove lo accompagnava tutti i giorni, non avendo una vettura a disposizione), per il secondo invece era “rottamaio” libero professionista.
Quattro i testimoni ancora da sentire, oltre all'imputato, qualora decida di rendere esame. Nel mentre, oggi, il collegio giudicante – presidente Martina Beggio, a latere Giulia Barazzetta e Gianluca Piantadosi – ha acquisito su richiesta dei difensori dell'uomo il decreto di citazione diretta in giudizio notificato alla persona offesa a seguito di una querela presentata a suo carico dal loro assistito nel 2020. Lo scontro in tribunale tra i due avrà dunque un secondo round, a parti invertite.
Per ora si torna in Aula il 19 gennaio per l'esaurimento di questa istruttoria.
A.M.
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