Lecco: appartengo, sostengo, curo. L'attività della Fondazione Comunitaria nell'ultimo triennio
Un dato potrebbe essere quello dei 328 progetti di Comuni e associazioni sostenuti in provincia nel corso del 2021. In realtà, l’accento è stato posto su altro e cioè sulla comunità che al proprio interno trova le energie per costruire il futuro perché è emozionante quando scatta l’immaginazione di gruppi di persone, «quell’attimo in cui ci si rende conto che ora tocca a noi», come ha detto Elena Granata, docente del Politecnico e autrice del libro “Placemaker” che significa “costruttori di luoghi”.
Al microfono Giovanni Fosti
La presentazione del rapporto delle attività dal 2020 al 2022 della Fondazione comunitaria del Lecchese ha voluto essere non una semplice enucleazione di cifre, ma un momento di riflessione proprio sul ruolo nell’organismo all’interno di un territorio, ma anche sulla crescita e la “rigenerazione” della comunità che di quel territorio è espressione. Soprattutto nei momenti di particolare difficoltà com’è quello presente, considerato che il triennio che va a concludersi è quello della pandemia di covid nei suoi risvolti sanitari ed economici, dell’aumento esponenziale della povertà, della guerra russa in Ucraina.Maria Grazia Nasazzi
Nel presentare il rapporto, la presidente Nasazzi ha parlato di una storia ventennale «importante», spiegando il titolo-slogan scelto per il rapporto: “Appartengo, sostengo, curo”. «Perché l’appartenenza a una comunità civica è una cosa seria – ha detto - non si improvvisa, ma ci vuole tanta pazienza: la Fondazione non eroga solo risorse, ma ascolta la comunità. E dall’appartenenza nasce il sostegno che è un’amicizia civica, mentre la comunità si rigenera con la cura». Passando attraverso iniziative le più varie: dagli interventi per aiutare i profughi ucraini alle vacanze per i disabili, dalle fonti rinnovabili al restauro di un dipinto del Cinquecento».Paolo Dell'Oro
Da parte sua, il segretario Dell’Oro ha illustrato gli interventi suddivisi in tre grandi capitoli: La “filantropia dell’emergenza” che ha visto la Fondazione mobilitarsi immediatamente per affrontare la pandemia e a seguire la costituzione dei fondi per affrontare le povertà e fronteggiare il rischio di licenziamenti dovuti proprio all’emergenza sanitaria, fino ad arrivare al sostegno delle arti dal vivo che è un settore sul quale il covid ha pesato in maniera non indifferente. Con risultati straordinari anche sul fronte delle donazioni (per il progetto “Aiutiamoci” sono stati raccolti 9 milioni di euro a dimostrazione che «c’è voglia di partecipazione» e della «maturità del territorio») e nel contempo agendo con la rapidità necessaria senza sacrificare l’efficienza. In aggiunta la tradizionale erogazione di fondi: per lo sviluppo e per i Comuni. Infine i progetti da “Nord a Sud”, il gemellaggio con altri territori italiani per mettere in comune le esperienze.In quanto a obiettivi, il sindaco Gattinoni nel suo saluto ha offerto una “riflessione per il futuro”: la necessità di un’attenzione per l’innovazione a tutto tondo e per le competenze e i talenti, auspicando una vera e propria «alleanza contro lo spreco di talenti», quello di una vita degli anziani che rischia di non essere tramandato e quello dei giovani costretti a rimanere parcheggiati.
Elena Granata
Granata ha poi parlato appunto della capacità di individui e comunità nell’immaginare il futuro, di quelle tante «persone che sentono la chiamata ad attivarsi e che diventano plasmatori di luoghi, reinventori dei luoghi che abitano, perché la dimensione poetica e quella politica stanno assieme» e le comunità diventano “energetiche” nel senso che trovano in sé le energie per andare avanti.Le conclusioni, come detto, sono state di Fosti, secondo cui la comunità non va vista «come una fuga protettiva per quando abbiamo paura» bensì come momento per fare le cose assieme e così andare avanti e creare sviluppo: «Oggi abbiamo bisogno più che mai delle comunità. Lasciare le persone da sole lacera le comunità, impedisce la crescita imprenditoriale e istituzioni credibili. Bisogna essere umili ma anche ambiziosi e abbiamo bisogno di soggetti che alimentino condizioni di fiducia. Ricordo il titolo di un libro di architettura, di Le Corbusier: “Quando le cattedrali erano bianche”. Ci fu un tempo in cui le cattedrali non c’erano e qualcuno pensò di costruirle. Oggi bisogna costruire non con mattoni ma con legami».
Infine, c’è stato anche lo spazio per un aggiornamento sul recupero dell’ “Officina Badoni”, lo stabile rimasto della storica industria lecchese in corso Matteotti. Una palazzina di tre piani che un tempo era la mensa della fabbrica e ora diventerà proprio la sede della Fondazione comunitaria del Lecchese, una struttura «che non è solo un edificio storico – ha detto Nasazzi – ma un bene identitario, non solo una sede prestigiosa, ma un luogo di confronto». I cantieri per la ristrutturazione dovrebbero essere aperti nel febbraio del prossimo anno e i lavori dovrebbero concludersi nel giro di dodici mesi. Nel primo scorcio del 2024, dunque, l’Officina Badoni tornerà dunque a nuova vita.
D.C.