Lecco: appartengo, sostengo, curo. L'attività della Fondazione Comunitaria nell'ultimo triennio

Un dato potrebbe essere quello dei 328 progetti di Comuni e associazioni sostenuti in provincia nel corso del 2021. In realtà, l’accento è stato posto su altro e cioè sulla comunità che al proprio interno trova le energie per costruire il futuro perché è emozionante quando scatta l’immaginazione di gruppi di persone, «quell’attimo in cui ci si rende conto che ora tocca a noi», come ha detto Elena Granata, docente del Politecnico e autrice del libro “Placemaker” che significa “costruttori di luoghi”.

Al microfono Giovanni Fosti

La presentazione del rapporto delle attività dal 2020 al 2022 della Fondazione comunitaria del Lecchese ha voluto essere non una semplice enucleazione di cifre, ma un momento di riflessione proprio sul ruolo nell’organismo all’interno di un territorio, ma anche sulla crescita e la “rigenerazione” della comunità che di quel territorio è espressione. Soprattutto nei momenti di particolare difficoltà com’è quello presente, considerato che il triennio che va a concludersi è quello della pandemia di covid nei suoi risvolti sanitari ed economici, dell’aumento esponenziale della povertà, della guerra russa in Ucraina.

Affollato, per l’occasione, l’auditorium della Camera di Commercio di Lecco che ha ospitato l’appuntamento apertosi con il saluto portato dallo stesso presidente camerale Marco Galimberti, dal vicario episcopale Maurizio Rolla, dal sindaco lecchese Mauro Gattinoni, dalla presidente provinciale Alessandra Hofmann e dal prefetto Sergio Pomponio. Sono poi seguiti gli interventi della presidente della Fondazione, Maria Grazia Nasazzi, e appunto di Elena Granata, mentre il segretario della stessa Fondazione, Paolo Dell’Oro, ha sintetizzato il bilancio dell’attività suddiviso per grandi temi. La conclusione è stata di Giovanni Fosti, presidente della Fondazione Cariplo, della quale le fondazioni comunitarie sorte in Lombardia vent’anni fa sono sostanzialmente una gemmazione. Come ha spiegato proprio Fosti ricordando come all’epoca si ragionasse con l’allora presidente Giuseppe Guzzetti sulla necessità che la Fondazione Cariplo fosse più vicina ai territori: «Potevamo aprire degli uffici periferici e invece abbiamo fatto una scelta diversa, quella appunto di dare vita a fondazioni che non fossero della Cariplo bensì espressione delle comunità». E ruolo delle fondazioni – come ha sottolineato Hofmann – è stato ed è quello di coordinare e radunare le energie che il territorio esprime. Del resto – per usare le parole di Dell’Oro - l’impegno non è solo quello di erogare contributi, ma anche l’assunzione di responsabilità da parte di chi quei contributi li riceve.

Maria Grazia Nasazzi

Nel presentare il rapporto, la presidente Nasazzi ha parlato di una storia ventennale «importante», spiegando il titolo-slogan scelto per il rapporto: “Appartengo, sostengo, curo”. «Perché l’appartenenza a una comunità civica è una cosa seria – ha detto - non si improvvisa, ma ci vuole tanta pazienza: la Fondazione non eroga solo risorse, ma ascolta la comunità. E dall’appartenenza nasce il sostegno che è un’amicizia civica, mentre la comunità si rigenera con la cura». Passando attraverso iniziative le più varie: dagli interventi per aiutare i profughi ucraini alle vacanze per i disabili, dalle fonti rinnovabili al restauro di un dipinto del Cinquecento».

Paolo Dell'Oro

Da parte sua, il segretario Dell’Oro ha illustrato gli interventi suddivisi in tre grandi capitoli: La “filantropia dell’emergenza” che ha visto la Fondazione mobilitarsi immediatamente per affrontare la pandemia e a seguire la costituzione dei fondi per affrontare le povertà e fronteggiare il rischio di licenziamenti dovuti proprio all’emergenza sanitaria, fino ad arrivare al sostegno delle arti dal vivo che è un settore sul quale il covid ha pesato in maniera non indifferente. Con risultati straordinari anche sul fronte delle donazioni (per il progetto “Aiutiamoci” sono stati raccolti 9 milioni di euro a dimostrazione che «c’è voglia di partecipazione» e della «maturità del territorio») e nel contempo agendo con la rapidità necessaria senza sacrificare l’efficienza. In aggiunta la tradizionale erogazione di fondi: per lo sviluppo e per i Comuni. Infine i progetti da “Nord a Sud”, il gemellaggio con altri territori italiani per mettere in comune le esperienze.
In quanto a obiettivi, il sindaco Gattinoni nel suo saluto ha offerto una “riflessione per il futuro”: la necessità di un’attenzione per l’innovazione a tutto tondo e per le competenze e i talenti, auspicando una vera e propria «alleanza contro lo spreco di talenti», quello di una vita degli anziani che rischia di non essere tramandato e quello dei giovani costretti a rimanere parcheggiati.

Elena Granata

Granata ha poi parlato appunto della capacità di individui e comunità nell’immaginare il futuro, di quelle tante «persone che sentono la chiamata ad attivarsi e che diventano plasmatori di luoghi, reinventori dei luoghi che abitano, perché la dimensione poetica e quella politica stanno assieme» e le comunità diventano “energetiche” nel senso che trovano in sé le energie per andare avanti.
Le conclusioni, come detto, sono state di Fosti, secondo cui la comunità non va vista «come una fuga protettiva per quando abbiamo paura» bensì come momento per fare le cose assieme e così andare avanti e creare sviluppo: «Oggi abbiamo bisogno più che mai delle comunità. Lasciare le persone da sole lacera le comunità, impedisce la crescita imprenditoriale e istituzioni credibili. Bisogna essere umili ma anche ambiziosi e abbiamo bisogno di soggetti che alimentino condizioni di fiducia. Ricordo il titolo di un libro di architettura, di Le Corbusier: “Quando le cattedrali erano bianche”. Ci fu un tempo in cui le cattedrali non c’erano e qualcuno pensò di costruirle. Oggi bisogna costruire non con mattoni ma con legami».
Infine, c’è stato anche lo spazio per un aggiornamento sul recupero dell’ “Officina Badoni”, lo stabile rimasto della storica industria lecchese in corso Matteotti. Una palazzina di tre piani che un tempo era la mensa della fabbrica e ora diventerà proprio la sede della Fondazione comunitaria del Lecchese, una struttura «che non è solo un edificio storico – ha detto Nasazzi – ma un bene identitario, non solo una sede prestigiosa, ma un luogo di confronto».  I cantieri per la ristrutturazione dovrebbero essere aperti nel febbraio del prossimo anno e i lavori dovrebbero concludersi nel giro di dodici mesi. Nel primo scorcio del 2024, dunque, l’Officina Badoni tornerà dunque a nuova vita.
D.C.
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