Fragomeli, PD: non faremo più la stampella. Se la destra non saprà governare si voterà
Gian Mario Fragomeli
Nella compagine di centro-sinistra, dopo una lunga esperienza sindacale, approda per la prima volta in Parlamento Tino Magni, eletto con Sinistra Italiana in una circoscrizione di Milano per rivestire la carica di senatore. Dagli scranni di Palazzo Madama potrà dimostrare di essere un collegamento con il territorio di provenienza.
Il PD nelle ultime due legislature aveva potuto contare su uno dei suoi. Gian Mario Fragomeli è stato un punto di riferimento per i sindaci di area centro-sinistra e ha saputo interpretare al meglio la funzione di filo diretto tra Enti locali e Parlamento, facendo valere la sua posizione di componente della Commissione Finanze (dal 2020 ne è stato capogruppo per il PD), un organo centrale specialmente da quando negli ultimi anni per l’approvazione della Legge di Bilancio il Parlamento è stato in sostanza esautorato con il deposito degli atti a pochi giorni, per non dire a poche ore, del voto definitivo. La sua assenza sarà un duro colpo per il centro-sinistra della Provincia di Lecco, che già alle ultime comunali ha mostrato segni di erosione e cedimento con il venir meno di alcune roccaforti. Del resto l’ormai ex deputato dem ci ha messo la faccia davanti ai cancelli delle aziende destinate alla chiusura, nei momenti istituzionali, nelle celebrazioni e nelle inaugurazioni, ai banchetti del partito, alle conferenze, nelle campagne elettorali dei Comuni prima e dopo il voto, sia in caso di vittoria che di sconfitta. Una presenza che si è spesso tramutata in emendamenti e interrogazioni parlamentari alla Camera dei Deputati.
Se contattato, come abbiamo fatto, Fragomeli ci mette ancora la faccia per il suo partito, anche dopo questa cruciale sconfitta, anche se non era più candidato. “È stato un colpo pesante, non tanto per superare delle soglie psicologiche, ma per avere maggiori numeri per battagliare in aula. Hanno vinto gli altri e gli italiani hanno sempre ragione. In questi dieci anni ci siamo sobbarcati la responsabilità di governo, dopo che il centro-destra ha fatto rischiare il default del Paese nel 2011 e poi arrivando in soccorso a quello che stava combinando l’esecutivo giallo-verde”.
Sarà ora il tempo dell’opposizione, ma per impostarla con efficacia il PD dovrà chiarire quale sia la sua natura. Per Fragomeli questo passaggio sarà dirimente: “Dobbiamo avviare una grande riflessione. Serve un percorso rifondatore nelle idee e democratico, che parta dal basso e speriamo di riconquistare il consenso delle persone. Per noi l’Europa resterà il punto di ancoraggio e speriamo che l’asse Francia-Germania non venga meno perché è stato centrale per il superamento della pandemia e l’elaborazione del PNRR. C’è da augurarsi che certi proclami enunciati in campagna elettorale dalla futura maggioranza non vengano portati avanti”.
Il centro-destra è molto meno unito che in passato. Lo si è notato plasticamente nel suo comizio di chiusura della campagna elettorale a Roma. La foto dhe ritrae i leader della coalizione è stata di circostanza. Poi dopo il proprio intervento ciascun politico se ne è andato via dal retro senza aspettare di ascoltare i sodali, lasciando Meloni alla fine da sola sul palco. Il governo deve ancora nascere, ma già qualcuno si domanda se durerà per l’intera legislatura o se le fibrillazioni tra i partiti di maggioranza costringerà a smistare le carte. In tal caso come si comporterà quello che oggi è accreditato come il principale partito all’opposizione? “La politica in questi anni mi ha insegnato che tutto è possibile, ma queste elezioni sono state per noi da spartiacque – analizza il dem Fragomeli – Il responso del nostro elettorato è che non vengono comprese le manovre per assicurare un governo serio. Non saremo più la stampella per coprire gli errori degli altri. Se la maggioranza non riuscirà a governare si andrà al voto. Non è più il tempo delle maggioranze diversificate. Se vogliamo governare dovremo entrare dalla porta principale”.
Non è un mistero che dalla base molti sono stati i mugugni per la mancata ricandidatura di Fragomeli e oggi molti si domandano come sarebbe andata se si fosse candidato anche lui. Molti amministratori locali del PD si dispiacciono per la perdita di un contatto diretto con Roma. “Innanzitutto ringrazio Laura Bartesaghi per la scelta coraggiosa di candidarsi e per l’impegno profuso in questa campagna elettorale. Io ho già dato per due legislature. Non sono presuntuoso e sono consapevole che questa legge elettorale non premia le persone, ma i partiti. Non penso che delle scelte diverse nelle candidature avrebbero cambiato l’esito. È agli atti che ho sempre proposto di cambiare questa Legge elettorale che non prevede le preferenze né il doppio turno”.
C’è stato uno scambio di accuse tra il segretario provinciale del PD, Manuel Tropenscovino, e il sindaco di Valmadrera Antonio Rusconi, uno dei fondatori di Italia Viva. Se per il rappresentante del Partito Democratico gli esponenti del terzo polo hanno soffiato contro i loro ex del PD, per l’ex senatore invece in casa dem dovrebbero fare un’autocritica sulle candidature. Fragomeli, tirato in causa da Rusconi, preferisce tenersi fuori dalla querelle. Però, nel ribadire come le candidature non siano la causa della sconfitta elettorale, l’ex deputato spezza una lancia a favore del segretario provinciale del PD, ricordando come le candidature vengano concordate ai livelli regionali e nazionali della struttura partitica e che la dimensione provinciale ha ben poco peso in quelle dinamiche.
Fragomeli si mantiene infine vago sul suo coinvolgimento diretto alle Regionali della prossima primavera. “Non tocca a me, non ci autocandidiamo. Siamo un partito organizzato e con una sua struttura. È in atto una discussione ai livelli provinciale e regionale, sapendo che c’è spazio per quattro candidature. Vedremo nelle prossime settimane che cosa emergerà”. Parole che fanno comunque intendere la disponibilità di Fragomeli a mettersi a servizio del partito ancora una volta.
Marco Pessina