Garlate: strutture stabili e senza permessi? Assolta la 59enne che gestiva il campeggio
Il camping e il cartello affisso nel maggio scorso quando l'intera struttura
è stata posta sotto sequestro dopo l'interruzione dell'attività
è stata posta sotto sequestro dopo l'interruzione dell'attività
La donna - arrivata a dibattimento per opposizione a decreto penale di condanna - era accusata di aver violato il testo unico di edilizia (art. 44 DPR 380/2001) e il codice dei beni culturali e del paesaggio (art. 181 DLG 42/2004). Le si contestava in particolare di aver - secondo la tesi sostenuta dalla Procura lecchese - eseguito alcune opere all’interno della struttura senza i dovuti permessi e di aver abusivamente lasciato che alcune unità abitative venissero utilizzate dagli ospiti come vere e proprie residenze stabili.
Una vicenda che risale al 2019 quando il sindaco Giuseppe Conti aveva notificato alla società rappresentata dall'imputata un'ordinanza che prevedeva l'interruzione dell'attività del campeggio per la presunta assenza dei requisiti di agibilità, prevedendo altresì lo sgombero degli ospiti. Un provvedimento assunto a seguito di un controllo eseguito dai carabinieri della locale stazione, affiancati dal personale dell'ufficio tecnico. In quell'occasione era stata contestata anche la mancata comunicazione alle autorità preposte, circa la presenza di una ventina di ospiti, identificati nel corso del controllo dai militari operanti. Una violazione che aveva determinato un'ulteriore denuncia della proprietà alla Procura della Repubblica di Lecco, da parte degli uomini dell'Arma. Impugnata l'ordinanza comunale, il ricorso presentato dalla società era stato accolto dal TAR della Lombardia, con il campeggio che aveva dunque potuto proseguire la propria attività, pur registrando qualche giorno più tardi, il dichiarato fallimento della Freetime sas, proprietaria dell'area.
A distanza di poco più di due anni da quel ''blitz'', la vicenda è approdata in tribunale a seguito dell'opposizione al decreto penale di condanna che, notificato alla titolare della società e impugnato dalla stessa, prevedeva il pagamento di una sanzione pari a 12mila euro.
Lo scorso luglio, dopo l'esame reso dalla 59enne - difesa dall'avvocato Saverio Megna - il giudice Beggio aveva chiuso l'istruttoria dibattimentale, lasciando la parola alla pubblica accusa per la sua requisitoria. Dura a questo proposito, la richiesta del vice procuratore onorario Caterina Scarselli che aveva ipotizzato per l'imputata la condanna a 30 giorni di arresto, oltre al pagamento di una multa di 25 mila euro e alla confisca del camping. Una posizione condivisa dall'avvocato Biagio Pignarelli (costituitosi parte civile per conto del Comune di Garlate), mentre il difensore Megna aveva chiesto per la propria assistita l'assoluzione con formula piena. Prima appellandosi alla sua buona fede e poi sostenendo che il reato addebitato alla signora fosse inesistente: ''tutti i testi ci hanno confermato che le opere per cui siamo a processo oggi erano già presenti. L'imputata non ha costruito né operato alcuna trasformazione dei terreni'' le parole pronunciate nel corso della sua articolata arringa.
Stamani la sentenza (con motivazioni depositate entro venti giorni): il giudice Beggio ha assolto A.M. dalla presunta violazione edilizia poichè ''il fatto non sussiste'' e per ''non aver commesso il fatto'' per quel che riguarda il codice dei beni culturali e del paesaggio. Disposto altresì il dissequestro dell'area che ora può tornare nelle disponibilità del curatore.
G.C.