Calolzio: a processo per violenza si difende, 'comandava lei'

Nulla di quello di cui è accusato sarebbe vero: tutte bugie inventate dalla compagna, a suo dire, esasperata dalla sua condizione di tossicodipendenza. È quanto dichiarato in aula nel corso del proprio esame dal calolziese chiamato a rispondere davanti al Tribunale di Lecco in composizione collegiale di una presunta violenza sessuale avvenuta ad ottobre dell'anno scorso ai danni della ex convivente.
Nelle prime fasi del dibattimento all'uomo veniva mosso l'addebito (oltre a minacce e lesioni personali) del solo tentativo di violenza, poi modificato su iniziativa del sostituto procuratore Andrea Figoni (cui oggi è subentrata la collega Chiara Di Francesco). Il pm dopo aver raccolto la testimonianza del primogenito della coppia, che sarebbe intervenuto appena sentite le grida della madre, aveva infatti deciso di integrare l'imputazione con il fatto consumato. E' stata anche aggiunta l'accusa di violenza privata per aver – secondo quanto riferito dalla vittima stessa – obbligato la donna ad uscire di notte a procurargli dello stupefacente.
Ieri mattina, prima di sentire la versione dell'uomo, è stato chiamato a esporre l'esito della propria relazione lo psichiatra Nicola Molteni, che ad aprile di quest'anno ha visitato la ex dell'odierno imputato, costituitasi parte civile in questo processo e rappresentata in aula dall'avvocato Nadia Colombo del foro di Lecco: alla donna avrebbe diagnosticato un disturbo da stress post-traumatico, con sintomi tipici quali tensione, insonnia, flashback e ansia. “Si auto accusa per non aver prevenuto, per non aver tutelato i figli, per non aver preso le scelte giuste nel momento giusto e non aver lasciato la persona che la vessava” ha riferito il medico al collegio giudicante presieduto dal giudice Paolo Salvatore a latere dei colleghi Martina Beggio e Gianluca Piantadosi.
Quindi è toccato ai due difensori, l'avvocato Marilena Guglielmana del foro di Lecco e l'avvocato Piero Pasini del foro di Bergamo, condurre l'esame dell'imputato. Il 44enne ha raccontato di come lui e la compagna si erano conosciuti ed erano andati a convivere rispettivamente all'età di 17 e 19 anni. Una relazione idilliaca, stando alle parole del calolziese, segnata solo dal suo uso abituale di sostanze e dai costanti problemi con la giustizia: “Lei quando usavo droghe non mi voleva vedere, ma gli altri giorni della settimana per lei ero il solito”. L'uomo ha anche smentito i presunti maltrattamenti nei confronti della madre dei suoi figli affermando che “a casa comandava lei”.
L'imputato ha poi escluso fermamente che la sera del 24 ottobre avrebbe abusato della compagna, spergiurando essersi reso conto che quest'ultima non fosse consenziente solamente dalla denuncia a suo carico: “Forse per lei non era il momento perché c'erano i miei figli in casa” ha detto, ammettendo invece di aver avuto una colluttazione con il figlio piombato in camera da letto. “Lui dice che ho preso un coltello ma sono tutte bugie, non so perché mentono”.
Circa il pugno che avrebbe sferrato alla ex ha dichiarato: “Lei si è messa di mezzo tra me e mio figlio, è stato lui che ha fatto più male alla mamma che a me. Non ricordo, quella sera avevo bevuto, preso dell'hashish e forse della cocaina”.
Prima che il collegio disponesse un rinvio al 31 ottobre per sentire l'ultimo teste a discarico, il calolziese (ad oggi sottoposto a misura cautelare in carcere) ha espresso la volontà di iniziare un percorso di disintossicazione una volta tornato a piede libero.
F.F.
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