Lecco, processo Micheli: chesta dal PM la condanna a 1 anno. 'Non ci fu distrazione'

Il Cortile delle Botti e dei Sassi di via Ghislanzoni
in una foto tratta da https://www.facebook.com/bottesassi/

Il sostituto procuratore Chiara Di Francesco ha chiesto la condanna dell'imputato alla pena di un anno, pur ritenendo doveroso riqualificare il capo di imputazione in bancarotta semplice.
Nel bollare l'operazione edilizia al centro del fascicolo d'indagine come ''imprudente'' e ''azzardata'', la distrazione per la pubblica accusa non ci sarebbe stata.
Nuovo capitolo questa mattina in tribunale a Lecco, nell'ambito del procedimento penale che vede imputato Mattia Micheli, imprenditore noto sul territorio lecchese anche per il suo impegno politico, rivestendo il ruolo di capogruppo in seno all'assise di Abbadia Lariana e al contempo di vice presidente del consiglio provinciale.
Sotto la lente della magistratura lecchese - come già anticipato nei precedenti articoli - vi è infatti il crac della CBS srl, nata per il "rilancio" dello storico Cortile delle Botti e dei Sassi di via Ghislanzoni a Lecco; società dichiarata fallita nel 2019.
E' pari a 170.800 euro la cifra indicata nel capo d'imputazione quale presunta distrazione in capo a Micheli, all'epoca dei fatti legale rappresentante dell'impresa, per un pagamento (apparentemente senza una plausibile giustificazione) effettuato in favore della costruttrice, altra società riconducibile alla stessa famiglia dell'imputato, poi anch'essa fallita. Oggetto del contendere, più specificatamente, un terreno che la CBS avrebbe pagato alla Impresa edile Micheli Livio & figli. Un'operazione che, a detta dell'imputato, sarebbe legata agli oneri di urbanizzazione dovuti al Comune di Lecco per la ristrutturazione del Cortile delle Botti e dei Sassi. CBS avrebbe infatti optato per acquistare dalla Micheli un terreno da cedere poi all'ente pubblico al posto del pagamento in denaro.
Diversi elementi però, ''non tornerebbero'' a detta dall'avvocato Davide Brambilla, costituitosi parte civile per conto della curatela fallimentare. A cominciare dal valore del terreno, ritenuto sproporzionato, considerando che dopo il fallimento della Impresa edile Micheli Livio & figli quel rettangolo verde a Rancio era stato poi venduto per 2.000 euro, cifra - pur ribassata per effetto della procedura - che apparirebbe irrisoria rispetto a quella bonificata da CBS.
Una criticità, quest'ultima, sottolineata nella sua requisitoria anche dal PM Di Francesco, che dopo aver riassunto brevemente la vicenda nei suoi passaggi più rilevanti, ha evidenziato anche l'assenza di un contratto fra le parti (nè preliminare, nè definitivo) nell'ambito della compravendita del terreno, pur rilevando l'effettiva interlocuzione avviata con il Comune di Lecco per la cessione all'ente dello stesso quale area standard.
Nell'escludere l'ipotesi del dolo e quindi la condotta distrattiva, l'esponente della Procura lecchese ha comunque ritenuto che dall'istruttoria dibattimentale siano emersi profili di colpa in capo all'imputato, tali da chiederne la condanna a un anno di reclusione (per bancarotta semplice e non più fraudolenta, art.217 cp).
Ha invece tentato di smontare l'impianto accusatorio contestato al proprio assistito, l'avvocato Marcello Elia, difensore di Micheli, secondo il quale il processo avrebbe consentito di fare piena luce sull'estraneità dell'imprenditore rispetto ai fatti che gli vengono contestati. La toga milanese ha infatti parlato di ''suggestioni'' e di ''cortine fumogene'' riferendosi agli interventi che lo hanno preceduto, definendo l'operazione legata alla compravendita del terreno perfettamente in linea con l'oggetto sociale dell'impresa, evidenziando poi il credito che vantava la Impresa edile Micheli Livio & figli nei confronti di CBS che con l'acquisto dell'appezzamento a Rancio avrebbe così incrementato il proprio valore patrimoniale. Del resto, il cambio di destinazione dell'area urbanistica oggetto dell'intervento - da residenziale a commerciale - presupponeva un corrispettivo in denaro o in standard per l'ente pubblico. Da lì la scelta di mettere gli occhi su un'area rilevante, peraltro di interesse per il Comune di Lecco, altro elemento che sarebbe emerso in maniera decisa nel corso del dibattimento.
A conclusione della propria arringa, l'avvocato Elia ha dunque chiesto l'assoluzione di Mattia Micheli. Di opposto parere la parte civile, secondo la quale l'operazione al centro del fascicolo d'indagine sarebbe da ritenere un mero escamotage per ''drenare risorse da una società ad un'altra''. L'avvocato Brambilla ha infatti chiesto la condanna di Mattia Micheli, oltre al risarcimento del danno.
Per conoscere la decisione del collegio giudicante presieduto da Martina Beggio con a latere i colleghi Giulia Barazzetta e Gianluca Piantadosi, bisognerà attendere il prossimo 20 ottobre. Il processo è stato rinviato a quella data per eventuali repliche cui seguirà la sentenza.
G.C.
Invia un messaggio alla redazione

Il tuo indirizzo email ed eventuali dati personali non verranno pubblicati.