Galbiate: il MedFest porta alla ri-scoperta del passato (e del presente) di Figina

Campi sempre più ridotti e boschi che si sono fatti impenetrabili, ma quel che rimane della civiltà contadina resiste ancora: quasi un angolo nascosto dalla storia millenaria. E’ Figina di Galbiate, uno dei luoghi teatro della manifestazioni Medfest, il festival medievale in corso in questi giorni nel territorio e tra i cui scopi vi è anche quello di valorizzare monumenti e località magari poco conosciute anche dai lecchesi.

Stefano Brambilla

Come Figina, appunto, un feudo della famiglia milanese Grassi che nel 1100 la donò ai monaci di Cluny perché ne facessero luogo di preghiera e si ricordassero nelle loro orazioni della famiglia donante. Sorsero così una chiesa, un monastero, un chiostro. Vi risiedevano pochi monaci, nemmeno una decina, le famiglie dei conversi. 

 

Dovettero esserci momenti non particolarmente prosperi, soprattutto in concomitanza con le guerre civili tra i Della Torre e i Visconti. Le carte d’archivio parlano di scarso decoro spirituale e materiale, di indebitamenti e di una vita desolata. Ma seguirono anche epoche fortunate quando il Priorato era in grado di investire in campi foraggeri nel Lodigiano.

Dell’originario complesso religioso quasi nulla ormai rimane. La vecchia chiesa romanica in tre navate è stata rimaneggiata nel Settecento con l’eliminazione delle due navate laterali, sono scomparsi il chiostro e il complesso monastico. Nell’era napoleonica, come per molti conventi, il complesso venne espropriato per essere venduto ai Prinetti e poi agli Amman che ne sono ancora i proprietari: oggi è il conte Edoardo, già centenario.
Gli edifici attualmente esistenti sono stati edificati nel corso dell’Ottocento appunto come villaggio rurale. La casa ancora abitata è pure quella più curiosa, decorata com’è dagli altorilievi scolpiti da Mario Amman, nonno di Edoardo, e dedicati ai personaggi di spicco del Risorgimento.

Cristina Panzeri. Sotto nella sua azienda agricola

 

Nel piccolo villaggio, in parte oggi cadente, nel 1946 vivevano ancora 120 persone: negli anni seguenti, con l’abbandono dell’agricoltura e le persone che andavano a lavorare nelle fabbriche della zona, Figina si è praticamente spolata.
Oggi rimangono due famiglie: la famiglia Panzeri proprio nel vecchio complesso attorno alla chiesa e la famiglia Biffi, poco distante. E sono le famiglie che conducono le due piccole aziende agricole che non “mollano”: la prima produce e vende ortaggi e uova, la seconda alleva vacche, ovini e maiali.

Francesca Biffi. Sotto la sua azienda agricola

 

La domenica di Figina del Medfest è stata appunto l’occasione per conoscere il passato e il presente di Figina, con la visita alle chiese e alle due aziende agricole. A raccontare le vicende del passato religioso è stato lo storico Stefano Brambilla, mentre sulla storia più recente e su questo presente agricolo che resiste, sono state Cristina Panzeri e Francesca Biffi delle rispettive fattorie.
Nella chiesa, intitolata a San Nicolò, inoltre, l’Ensemble Antiqua Laus diretto da Alessandro Riganti ha eseguito alcuni canti gregoriani.
Il festival si conclude martedì alla Casa del Pellegrino di Civate dove alle 21, su iniziativa del Fai,  Mino Manni interpreterà alcuni brani del “Decamerone” di Giovanni Bocaccio riscritto da Aldo Busi.
D.C.
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