Lecco: torna in libreria dopo quasi ottant'anni il primo romanzo scritto da Antonio Ghislanzoni

Franco Minonzio con una copia del libro
Un racconto bellissimo, una storia dolorosissima: è quella de “Gli artisti da teatro” che sarebbe poi il primo romanzo di Antonio Ghislanzoni e che, a quasi ottant’anni dall’ultima, esce ora in una nuova edizione grazie alla lecchese “Polyhistor” che nell’ultimo anno ha già riproposto altre due opere di Ghislanzoni (“Un suicidio a fior d’acqua” e “Memorie di un gatto”), in un percorso che peraltro non dovrebbe finire qui.
 A curare l’opera è Franco Minonzio e suo è il giudizio sul romanzo, nella speranza che la nuova edizione contribuisca a una rivalutazione dopo lo svilimento da parte di una critica troppo severa che ne ha decretato l’oblio.
Il volume è stato presentato dallo stesso Minonzio alla libreria “Parole nel tempo” del rione lecchese di San Giovanni, sede della stessa “Polyhistor”.
La storia è quella di un amore contrastato, quella tra l’avvocato Ernesto Salviani e la cantante lirica Emila Redenti che cresce in un ambiente degradato con un padre e una matrigna abietti che vedono nelle doti canore della figlia un’opportunità per rifarsi delle ristrettezze della vita procurandosi qualche agio. Guardano dunque con sospetto quell’amore giovanile che rischia di mandare all’aria i loro disegni. Da parte sua, Ernesto decide di intraprendere egli stesso la carriera di cantante per poter condividere la vita dell’amata. Finché padre e matrigna hanno la meglio e tutto finisce: lui torna a fare l’avvocato e lei va incontro a una serie di drammatiche disillusioni fino a un tragico epilogo.
Come detto, è il primo romanzo di Ghislanzoni. Che fu convinto a dedicarsi alla scrittura da Giuseppe Rovani, non ancora autore di quei “Cent’anni” che l’avrebbero consacrato all’immortalità ma intellettuale milanese di riferimento, dopo il famoso fiasco al Teatro Carcano che mise fine alla carriera di baritono nella quale il lecchese si era cimentato.
La storia uscì a puntate sulla rivista “Il cosmorama pittorico” tra il 1857 e il 1859: l’accordo prevedeva poi la pubblicazione in tre volumi. Sennonché, Ghislanzoni decise di interrompere anzitempo la collaborazione: la storia restò monca e i volumi pubblicati furono solo due. E incompiuti. Bisognerà quindi attendere il 1865 perché l’editore milanese Daelli pubblicasse la versione definitiva che avrebbe poi avuto numerose altre edizioni, con qualche correzione, fino all’ultima del 1944. Ed è, quella del 1865, la versione riproposta ora.
Minonzio si sofferma sul dettaglio che quando, nel gennaio 1857, sulla rivista “Cosmorama” usciva la prima puntata degli “artisti”, un’altra rivista – “L’uomo di pietra” – pubblicava anche la prima puntata di un’altra opera narrativa dello stesso Ghislanzoni, proprio “Le memorie di un gatto”. Una concomitanza che testimonierebbe l’incertezza dello scrittore sul registro da prediligere, sullo stile che lo contraddistinguesse. Uno più umoristico o uno più “impegnato”.
In quanto agli “Artisti”, il curatore soppesa le riserve espresse dalla critica. A partire dall’accusa di avere eluso il rapporto con la Storia, considerato che la vicenda che si svolge tra il 1845 e il 1850, anni di autentiche rivoluzioni in Europa delle quali però Ghislanzoni non fa cenno. «Ma non è vero – dice Minonzio – perché se la Storia non è esplicitamente raccontata, emerge comunque attraverso il filtro dell’esperienza dei personaggi: la figure dell’esule o quelle di molti fuoriusciti che altro non erano che semplici opportunisti». Considerato che agli eventi politici di quegli anni, lo stesso Ghislanzoni non fu estraneo, «avendo partecipato alle Cinque Giornate di Milano e venendo poi arrestato dai francesi mentre andava a sostenere la Repubblica Romana».
Altra contestazione arrivata nel tempo è quella relativa ai personaggi che apparirebbero come semplici macchiette e non figure d’alto profilo letterario: è vero che «sembrano macchiette, ma sono personaggi davvero esistiti», come lo stesso Ghislanzoni documentava in un commentario che concludeva l’edizione 1865. Personaggi che conosceva o che addirittura aveva incontrato nella sua frequentazione di teatri, ridotti e caffè, i luoghi dove si decidevano le fortune di un’opera o di un artista e dei quali ci è data «una descrizione minuziosissima». Pertanto poteva produrre una critica impietosa nei confronti di impresari senza scrupoli, giornalisti canaglia, artisti sfruttati, finti aristocratici, grandi libertini e nobili generosi, offrendocene i ritratti «in cammei estremamente felici».
D.C.
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