In viaggio a tempo indeterminato/246: tutti i volti dell'Iran

Abbiamo visitato molti Paesi ma in uno così complesso come l'Iran non eravamo mai stati.
Qui è davvero un mondo a parte, o meglio più mondi.
Ce ne siamo accorti fin da subito, fin dal primo passaggio che abbiamo preso o dalla prima persona che ci ha aperto la porta di casa.
Esistono diversi Iran.
C'è l'Iran pubblico, quello che si vede per strada. Un insieme di regole e convenzioni a cui ancora mi devo abituare.
In questo Iran tutte le donne indossano un velo in testa, maglie larghe a maniche lunghe e pantaloni o vestiti fino alle caviglie. Mi osservano spesso, sarà perché sono l'unica senza trucco o quella con il velo che si sposta continuamente.
Gli uomini, invece, rigorosamente in pantaloni lunghi, ci chiedono curiosi da dove veniamo, per poi esclamare "Roberto Baggio!" appena rispondiamo Italia.



L'Iran pubblico è fatto di bazar caotici in location da "Mille e una notte".
È fatto di strade che sembrano fiumi inarrestabili di auto, dove attraversare è un'impresa eroica perché nessuno si ferma.
È fatto di picnic e tende piantate ovunque, anche nei parchi in centro città.
È fatto di fastfood che ad ogni angolo di strada vendono pizza, falafel e panini.
Di gelaterie con il succo alla carote e gelato che, mamma mia, quanto è buono.
L'Iran pubblico d'estate, vive solo di sera.
Di giorno è lento e sonnecchiante, come se qualcuno spegnesse l'interruttore alle 12 e lo riaccendesse alle 17.
L'Iran pubblico è diviso tra uomini e donne.
Code separate per comprare il pane, posti diversi sull'autobus, carrozze riservate nella metropolitana.

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Poi c'è l'Iran privato che scopri solo quando hai la fortuna di entrare in una casa.
E cambia tutto.
I decorati tappeti persiani, gli stessi in vendita nel bazar, ricoprono completamente i pavimenti.
Sono il luogo dove si chiacchiera, si mangia e poi si dorme. Quei decori colorati e floreali, che rendono elegante qualunque ambiente, diventano lo sfondo perfetto per ascoltare storie e scambiarsi opinioni.
Finora, è seduti su quelle trame che abbiamo assaggiato i piatti migliori.
La cucina fatta in casa, in Iran, è decisamente più buona di quella dei ristoranti.
Sarà perché si sente il sapore di famiglia, di affetto e di ospitalità.
Perché l'Iran privato è soprattutto questo: un'infinita e incommensurabile ospitalità.
Dal primo istante in cui siamo entrati in una casa iraniana, ci siamo sentiti come se fossimo amici di vecchia data ritornati dopo un lungo viaggio.
Tutte quelle convenzioni e regole del mondo esterno sembrano sparire dentro le quattro mura e parlare di tutto diventa naturale e genuino.
Couchsurfing, il sito internet che utilizziamo per entrare in contatto con le persone del posto che offrono un alloggio, ci sta permettendo di scoprire questo lato del Paese.
E la cosa più interessante e che ogni volta  mi colpisce per quanto sia reale e al tempo stesso banale, è che condividiamo tutti gli stessi sogni, desideri e paure.



Poi c'è un altro Iran che è quello delle news.
Ma di quello, sinceramente, non credo sia il caso di parlare.
Non perché non ce ne sarebbe motivo, ma perché spesso è l'unico che si conosce.
E se siamo venuti in un Paese così complesso è proprio per andare oltre la facciata e l'opinione che ci siamo costruiti leggendo notizie internazionali.
Quindi preferisco parlare di Parva che ci ha cucinato una buonissima pasta al forno ma non è convinta di sposarsi perché ama la sua libertà.
O di Mamad che ha girato tutto l'Iran in autostop e ora spera di incontrare una ragazza per viaggiare con lei in tutto il mondo.
O di Hussein il barbiere che ha imparato l'inglese perché vorrebbe vivere all'estero ma la moglie non vuole trasferirsi.
Tante piccole storie come tanti fili colorati cuciti insieme a creare le trame di un elegante tappeto persiano.
Angela (e Paolo)
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