In viaggio a tempo indeterminato/244: inizia il quinto capitolo...
CAPITOLO 1 - Noodles e fuso orario
Tutto, appiccicava tutto.
I vestiti alla pelle.
La suola delle scarpe all'asfalto.
Il piatto metallico dei noodles con le verdure e la salsa di soia.
Sentivo il caldo e l'umidità condurmi tra le strade caotiche della città e su quegli infiniti ponti pedonali per attraversare fiumi in piena di auto.
Non capivo bene dove fossi, che ora fosse, quanto avessi dormito.
E se non fosse stato per Paolo che mi chiamava in quella confusione, credo che non avrei nemmeno ricordato il mio nome.
Pensavo non ce l'avrei mai fatta a sopportare quel caldo e che mi sarebbero servite 3 docce al giorno per sentirmi bene.
Credevo che mi si sarebbe chiuso lo stomaco e che avrei fatto fatica a dormire, un po' per il fuso orario un po' per i pensieri costanti.
E, invece, passavano i giorni e tutta quella stranezza, quei colori, quegli odori diventavano sempre più parte della mia vita.
Tutto ciò che possedevo stava sulle mie spalle e il mal di collo dei primi giorni piano piano spariva.
I noodles il piatto che mi faceva più gola. Spostarsi con gli autobus che trasportavano anche galline e piante mi sembrava l'unico modo possibile per viaggiare.
E poi i motorini che sfrecciano, le spiaggie bianche e il mare caldo senza onde.
Gli infiniti templi, i cappelli di paglia a punta, incrociare lo sguardo con un orango tango.
Tutto quello che sognavo ora mi circondava, mi stordiva e mi affascinava.
La mia vita era cambiata per sempre, lì nel Sud Est Asiatico umido e appiccicoso.
CAPITOLO 2 - Facciamo il giro
Gli orsacchiotti giganti con cui farsi le foto.
Le zuppe da mangiare con il risucchio.
E poi i materassi da stendere sul pavimento, le insegne luminose e i cartoni animati che prendono vita.
Tutto mi sembrava così familiare.
Mi sentivo a mio agio in quell'Asia da film.
Potevo sbirciare in quel mondo così complesso e incomprensibile. Entrare in punta di piedi, un inchino alla volta, in quel puzzle fatto da infiniti piccoli tasselli.
E mentre mi sentivo come un elefante in una cristalleria, ecco che un volo Osaka - Oahu ha sconvolto tutto.
Ho iniziato a sentirmi minuscola in un mondo fatto di confezioni di pasta da 5 kg, fatto di auto con ruote alte quanto me e di infinite catene di fast-food, di vestiti, di hotel.
Avevamo fatto il giro, il giro della terra ma a me girava la testa.
CAPITOLO 3 - La señora en rojo
Chi ha detto "il limite è il cielo" di sicuro non parlava del cielo della macchina perché sbatterci la testa è facile quando ci dormi dentro.
Carmencita, la nostra macchina rossa, probabilmente pensava che avrebbe fatto avanti indietro scuola-casa e non il giro degli Stati Uniti e poi sei mesi in Messico e due in Guatemala con due pazzi che l'hanno trasformata in una tenda con le ruote.
Lei non se lo aspettava ma da come si è comportata, direi che non vedeva l'ora di far sentire tutti i suoi potenti cavalli e correre sulle strade del nord America.
Mi ha insegnato tanto Carmencita soprattutto mi ha ricordato che non è importante quanto piccolo sia il tuo letto quando hai il mare come vasca da bagno, la giungla come giardino e il cielo stellato come soffitto.
CAPITOLO 4 - I puffi sanno che un tesoro c'è
Paolo me ne parlava da mesi.
"Lo prenderemo in Sud America" diceva.
Ma poi il mondo si è fermato, i confini si sono chiusi e il progetto è saltato.
Quell'ovetto sulle ruote non avrebbe parlato spagnolo ma il caso, il destino o la sfiga (devo ancora capire quale dei 3) ha voluto che avesse un accento milanese.
Troppo piccolo per viverci in due, impossibile fare lunghe distanze, troppo lento e si surriscalda.
Ma a colpi di riscaldamento accesso e contachilometri ballerino ci ha portato fino in Armenia.
Ci abbiamo impiegato un anno, ma non avevamo fretta.
Abbiamo aspettato le stagioni, visto cambiare i paesaggi e inseguito un'eterna primavera, nonostante l'allergia al polline.
Biagio, il minivan più piccolo del mondo, mi ha ricordato che non è importante cosa creda la maggior parte delle persone, ma solo quello che tu vuoi veramente fa la differenza.
Quattro capitoli, il nostro viaggio finora.
È così che me li immagino se ci ripenso.
Immagini confuse che prendono forma un po' nella mia memoria, un po' con le foto e i video che abbiamo fatto in questi anni.
Questo bel riassuntone arriva ora, a pochi giorni da Ferragosto.
Siamo nel bel mezzo dell'estate, una fetta di anguria in una mano, lo sguardo verso un nuovo inizio a Settembre.
Perché per me quel mese è sempre stato un po' come un Capodanno, un momento in cui tirare le fila e ricominciare o cominciare da capo.
Noi abbiamo anticipato un po' i tempi e ancora con l'anguria in bocca abbiamo deciso di iniziare a scrivere un capitolo tutto nuovo.
Il titolo non lo so ancora perché è più facile darlo alla fine, ma Paolo oggi mi ha dato un'idea che mi ha fatto sorridere per quanto sia perfetta.
Inizia ora ufficialmente una nuova avventura.
CAPITOLO 5 -Living la vida local
Tutto, appiccicava tutto.
I vestiti alla pelle.
La suola delle scarpe all'asfalto.
Il piatto metallico dei noodles con le verdure e la salsa di soia.
Sentivo il caldo e l'umidità condurmi tra le strade caotiche della città e su quegli infiniti ponti pedonali per attraversare fiumi in piena di auto.
Non capivo bene dove fossi, che ora fosse, quanto avessi dormito.
E se non fosse stato per Paolo che mi chiamava in quella confusione, credo che non avrei nemmeno ricordato il mio nome.
Pensavo non ce l'avrei mai fatta a sopportare quel caldo e che mi sarebbero servite 3 docce al giorno per sentirmi bene.
Credevo che mi si sarebbe chiuso lo stomaco e che avrei fatto fatica a dormire, un po' per il fuso orario un po' per i pensieri costanti.
E, invece, passavano i giorni e tutta quella stranezza, quei colori, quegli odori diventavano sempre più parte della mia vita.
Tutto ciò che possedevo stava sulle mie spalle e il mal di collo dei primi giorni piano piano spariva.
I noodles il piatto che mi faceva più gola. Spostarsi con gli autobus che trasportavano anche galline e piante mi sembrava l'unico modo possibile per viaggiare.
E poi i motorini che sfrecciano, le spiaggie bianche e il mare caldo senza onde.
Gli infiniti templi, i cappelli di paglia a punta, incrociare lo sguardo con un orango tango.
Tutto quello che sognavo ora mi circondava, mi stordiva e mi affascinava.
La mia vita era cambiata per sempre, lì nel Sud Est Asiatico umido e appiccicoso.
CAPITOLO 2 - Facciamo il giro
Gli orsacchiotti giganti con cui farsi le foto.
Le zuppe da mangiare con il risucchio.
E poi i materassi da stendere sul pavimento, le insegne luminose e i cartoni animati che prendono vita.
Tutto mi sembrava così familiare.
Mi sentivo a mio agio in quell'Asia da film.
Potevo sbirciare in quel mondo così complesso e incomprensibile. Entrare in punta di piedi, un inchino alla volta, in quel puzzle fatto da infiniti piccoli tasselli.
E mentre mi sentivo come un elefante in una cristalleria, ecco che un volo Osaka - Oahu ha sconvolto tutto.
Ho iniziato a sentirmi minuscola in un mondo fatto di confezioni di pasta da 5 kg, fatto di auto con ruote alte quanto me e di infinite catene di fast-food, di vestiti, di hotel.
Avevamo fatto il giro, il giro della terra ma a me girava la testa.
CAPITOLO 3 - La señora en rojo
Chi ha detto "il limite è il cielo" di sicuro non parlava del cielo della macchina perché sbatterci la testa è facile quando ci dormi dentro.
Carmencita, la nostra macchina rossa, probabilmente pensava che avrebbe fatto avanti indietro scuola-casa e non il giro degli Stati Uniti e poi sei mesi in Messico e due in Guatemala con due pazzi che l'hanno trasformata in una tenda con le ruote.
Lei non se lo aspettava ma da come si è comportata, direi che non vedeva l'ora di far sentire tutti i suoi potenti cavalli e correre sulle strade del nord America.
Mi ha insegnato tanto Carmencita soprattutto mi ha ricordato che non è importante quanto piccolo sia il tuo letto quando hai il mare come vasca da bagno, la giungla come giardino e il cielo stellato come soffitto.
CAPITOLO 4 - I puffi sanno che un tesoro c'è
Paolo me ne parlava da mesi.
"Lo prenderemo in Sud America" diceva.
Ma poi il mondo si è fermato, i confini si sono chiusi e il progetto è saltato.
Quell'ovetto sulle ruote non avrebbe parlato spagnolo ma il caso, il destino o la sfiga (devo ancora capire quale dei 3) ha voluto che avesse un accento milanese.
Troppo piccolo per viverci in due, impossibile fare lunghe distanze, troppo lento e si surriscalda.
Ma a colpi di riscaldamento accesso e contachilometri ballerino ci ha portato fino in Armenia.
Ci abbiamo impiegato un anno, ma non avevamo fretta.
Abbiamo aspettato le stagioni, visto cambiare i paesaggi e inseguito un'eterna primavera, nonostante l'allergia al polline.
Biagio, il minivan più piccolo del mondo, mi ha ricordato che non è importante cosa creda la maggior parte delle persone, ma solo quello che tu vuoi veramente fa la differenza.
Quattro capitoli, il nostro viaggio finora.
È così che me li immagino se ci ripenso.
Immagini confuse che prendono forma un po' nella mia memoria, un po' con le foto e i video che abbiamo fatto in questi anni.
Questo bel riassuntone arriva ora, a pochi giorni da Ferragosto.
Siamo nel bel mezzo dell'estate, una fetta di anguria in una mano, lo sguardo verso un nuovo inizio a Settembre.
Perché per me quel mese è sempre stato un po' come un Capodanno, un momento in cui tirare le fila e ricominciare o cominciare da capo.
Noi abbiamo anticipato un po' i tempi e ancora con l'anguria in bocca abbiamo deciso di iniziare a scrivere un capitolo tutto nuovo.
Il titolo non lo so ancora perché è più facile darlo alla fine, ma Paolo oggi mi ha dato un'idea che mi ha fatto sorridere per quanto sia perfetta.
Inizia ora ufficialmente una nuova avventura.
CAPITOLO 5 -Living la vida local
Angela (e Paolo)