PAROLE CHE PARLANO/86

Stufo

Non di rado preleviamo le parole di tutti i giorni da ambiti impropri. Sappiamo bene, ad esempio, come la botanica possa venirci in aiuto: un problema intricato lo possiamo definire spinoso; un'idea ormai diffusa e condivisa diviene ben radicata e se è cattiva difficile da sradicare; una persona sana e fiorente è rigogliosa; chi è giovane si dice che sia nel fiore degli anni, che stia sbocciando o che sia un virgulto; semina zizzania chi porta discordia e cattivi frutti sono i risultati delle sue azioni.
Allo stesso modo, possiamo rifugiarci in cucina per avere un'altra amplissima fonte a cui attingere.
Succede che ci beviamo una storia, fidandoci ciecamente di chi ce la racconta, o un avversario se siamo atleti in gara. Capita anche di divorarsi un bel libro. E poi, chi non ha mai avuto una cotta per qualcuno? O chi non si è mai sentito bollito o lesso tanto da buttarsi su un divano stravolto? Capita sicuramente a tutti una giornata faticosa, magari piena di imprevisti, alla fine della quale salta fuori l'aggettivo stufo. Ma ha a che fare con la cucina? Diciamo subito che proviene dal verbo stufare e coloro che si intendono di cibo sanno che è un metodo usato per cuocere la carne: dopo ore e ore, risulterà sicuramente più morbida e saporita.
Il termine non è moderno, perché deriva dalle stufe a legna, sulle quali si poneva la carne e gli altri cibi, chiusi nei loro recipienti, che cuocevano o venivano fatti riscaldare in tempi molto lunghi; pertanto venivano letteralmente stufati. Queste attese snervanti, durante le quali in casa si sentiva il sottofondo del sobbollire delle pentole, hanno infine permesso un salto di significato ai termini stufare, stufato e stufo che oggi usiamo quando vogliamo trasmettere i nostri sentimenti di noia, stanchezza e mancanza di desideri. 



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Rubrica a cura di Dino Ticli
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