La 'faida tra i rapper' e quei cognomi ricorrenti nella cronaca. Già dentro per droga, non negano nemmeno Gapea e Momo

Fabio Carter Dago Gapea
Hanno optato per rendere anche loro interrogatorio, non negando gli addebiti. Del resto l'indagine sembrerebbe essere confezionata talmente bene da "incastrare" entrambi, con tanto di loro "confessione" di fatto già registrata dalle cimici piazzate dagli inquirenti (che a dire il vero, erano loro alle calcagna per altra ragione). Assistiti dell'avvocato Marilena Guglielmana - in nomina con la collega di studio Ilaria Guglielmana - sabato pomeriggio, come la giovane Sara Ben Salha, anche Dago Fabio Carter Gapea - palermitano di nascita, classe 1997 - e Alan Christopher Momo - un anno più giovane, ivoriano - hanno optato per rispondere alle domande poste loro dal Gip del Tribunale di Milano Guido Salvini. Un interrogatorio snello, il loro, al contrario di quello reso dall'amica, durato ore. I due lecchesi e la verderese, come ormai noto, in concorso tra loro nonché con Mohamed Lamine Siada (meglio noto come il rapper Simba La Rue), il "manager" di quest'ultimo Chakib Mounir di Calolzio, Ndiaga Faye di Garlate, Pape Ousmane Loum del capoluogo e Mevljudin Hetem di Introbio sono stati raggiunti all'alba di giovedì da ordinanza di custodia cautelare in carcere quali presunti autori di una violenta rapina messa in atto in via Settala a Milano ai danni di due soggetti colpiti con calci, pugni e fendenti da arma da taglio dopo essere stati attirati in quella che gli inquirenti descrivono come una vera e propria trappola. Una rappresaglia messa in atto per vendicare un'aggressione che avrebbe patito lo stesso Gapea. Aggressione confermata dal giovanotto, a sua volta accoltellato al petto a Padova. Anziché sporgere denuncia per l'accaduto, avrebbe optato per farsi giustizia da sé, preparando - con quelli che gli operati indicano essere i suoi membri della sua stessa crew - l'imboscata ai danni di due componenti della gang avversaria, in una faida tra trapper - da una parte Simba La Rue dall'altra Baby Touchè alias Mohamed Amine Amagour - nel cui ambito si inserirebbe anche il sequestro di persona contestato dal PM titolare dell'indagine a Saida, Loum, Faye e Mounir. Non sono e non avrebbero potuto essere della partita, in riferimento a quest'ultimo episodio, né Gapea né Momo. Entrambi infatti il giorno in cui Baby Touchè sarebbe stato costretto a salire su una Bmw a Milano e "liberato" solo a Calolzio, con il volto tumefatto erano... sotto chiave in quanto già arrestati dalla Squadra Mobile di Lecco per la stessa faccenda per cui erano anche intercettati: spaccio di droga. Un business fiorente, con base in un box a due passi da Viale Turati, zona "sensibile" della città e teatro anche di alcuni dei video registrati dal più celebre del giro dei rapper emergenti apprezzati dai più giovani, il lecchese Baby Gang che neanche a dirlo, è citato - per senza addebiti a suo carico - anche nell'ordinanza del Gip Salvini. All'arrivo a Calolzio della pattuglia dei Carabinieri inviata nel punto in cui il tracciamento del cellulare di Baby Touchè indicava la presenza del ragazzino la notte del sequestro (poi goffamente negato anche dallo stesso) c'era infatti anche lui.
Le manette ai polsi di Gapea e Momo erano scattate, come si ricorderà, a fine aprile. Fermati a bordo dell'auto del secondo - la stessa sulla quale conversando è stata captata dai poliziotti la "confessione" circa il pestaggio di via Settala - erano stati trovati in possesso di due panetti di hashish per 204 grammi complessivi. Ulteriore stupefacente era stato poi trovato a casa dei due e in un garage di via Privata Zanella (dove c'erano ben 5 chili di "fumo", 303 grammi di cocaina, 3 chili di marijuana e due pistole con munizioni). Un terzo revolver con matrice abrasa - ragione per cui risulta indagato non solo per porto illegale di armi ma anche per ricettazione - era stato infine scovato a casa del palermitano di origini africane, attualmente a processo a Lecco anche per un ulteriore fattaccio. Al cospetto del collegio giudicante del tribunale cittadino è chiamato infatti a rispondere - sempre assistito dallo studio Guglielmana - di un'altra rapina, commessa, nella ricostruzione della Procura, in piazza Lega Lombarda, dunque fuori dalla stazione del capoluogo, nel marzo del 2019 in danno ad un senegalese, classe 1995, residente al tempo a Civate. Tra i testimoni già sentiti per quel fatto, ironia della sorte, anche il fratello di Loum mentre, per restare nel giro delle parentele, quello di Hetem (citato pure lui nell'ordinanza, pur non centrando con le indagini) parrebbe essere il moldavo che si era responsabile della sparatoria al Ponte della Gallina nell'autunno 2019, ferendo, in concorso con un soggetto denunciato a piede libero, uno spacciatore marocchino. Insomma, tra tutti, c'è una certa ripetitività nei cognomi nella cronaca recente del territorio. E non stupisce dunque che a Faye e a Mounir sia contestata la recidiva specifica infraquinquennale.
Tornando a Gapea, la discussione finale del processo per la rapina più datata nel tempo è prevista il prossimo 1 dicembre. Difficilmente arriverà all'appuntamento con il collegio da uomo libero. Già in carcere da aprile per la vicenda della droga, per il momento l'avvocato Guglielmana non ha chiesto alcun affievolimento della misura cautelare applicata a suo carico. Per Momo invece era riuscita a ottenere, dopo l'arresto per spaccio, i domiciliari, con braccialetto elettronico: venerdì, all'alba, i Carabinieri lo hanno raggiunto a casa per tradurlo nel carcere di Busto Arsizio. "Al momento non ho chiesto nulla nemmeno per lui. La questione si preannuncia più ampia di quanto finora emerso. Faremo le nostre valutazione a bocce ferme" il commento del difensore.
A.M.
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