Garlate: chiesta la condanna (con confisca della struttura) della titolare del camping

L'accesso alla struttura
30 giorni di arresto, 25 mila euro di multa e la confisca del camping: è stata la richiesta di condanna oggi avanzata dal Vpo Caterina Scarselli, che ha rappresentato la Pubblica Accusa nel processo a carico di A.M., la 59enne titolare della società Solelago che, fino al 2019, aveva in gestione il Camping Village Riviera di Garlate.
La donna – arrivata a dibattimento per opposizione a decreto penale di condanna - è accusata di aver violato il testo unico di edilizia (art. 44 DPR 380/2001) e il codice dei beni culturali e del paesaggio (art. 181 DLG 42/2004).
Le si contesta in particolare di aver – questa la tesi seguita dalla Procura lecchese - eseguito alcune opere all’interno della struttura senza i dovuti permessi e di aver abusivamente lasciato che alcune unità abitative venissero utilizzate dagli ospiti come vere e proprie residenze stabili.
Quest'oggi a smentire il quadro accusatorio è stato chiamato come ultimo testimone a discarico l'ex marito della donna, nonché “storico” titolare della Solelago ed ora proprietario dei terreni dove sorge la struttura. “L'azienda era stata costituita da mio padre nel 1969: eravamo i primi sul lago di Como” ha spiegato il teste al giudice Martina Beggio. “Tutti i manufatti del campeggio erano opera sua, creati con le dovute licenze rilasciate dal Comune”.
Quanto alle persone che pare vivessero in pianta stabile al camping l'uomo ha dichiarato che (finché l'area si trovava sotto la propria gestione) per la maggior parte si trattava o di soggetti che avevano acquistato le casette per poterle poi utilizzare durante le ferie o di trasfertisti. Ci sarebbe stato anche un periodo in cui sarebbe stato lo stesso comune di Garlate ad appoggiarsi alla struttura per dare ospitalità a famiglie e cittadini in difficoltà. “Siamo diventati praticamente la succursale dei servizi sociali del Comune di Garlate”. Lo stesso Comune che nemmeno dieci anni dopo avrebbe notificato all'odierna imputata un'ordinanza di sospensione dell'attività per l'inagibilità della struttura a seguito di un controllo effettuato dall'ufficio tecnico e dei Carabinieri della locale stazione.
È toccato quindi a A.M. rendere il proprio esame: la donna si è difesa dalle accuse confermando di aver ospitato almeno una decina di persone (su un totale di circa quaranta “casette”) che stabilmente “risiedevano” al Camping, in attesa di trovare nuove sistemazioni. “L'unica che stava lì tutto l'anno era l'ex custode, che poi è rimasta anche quando ha smesso di lavorare perché era ammalata” ha detto in aula la 59enne.
Dichiarata conclusa la fase istruttoria, il giudice ha quindi invitato le parti a concludere: alla richiesta del Vice Procuratore Onorario Scarselli si è associato l'avvocato di parte civile Biagio Pignarelli (a rappresentare in sede penale il Comune di Garlate), mentre il difensore Saverio Megna ha chiesto per la propria assistita l'assoluzione con formula piena. Prima appellandosi alla sua buona fede e poi sostenendo che il reato addebitato alla signora sia inesistente: “tutti i testi ci hanno confermato che le opere per cui siamo a processo oggi erano già presenti. L'imputata non ha costruito né operato alcuna trasformazione dei terreni”.
Con un rinvio per repliche fissato al 27 settembre il giudice si è riservata di esprimersi allora in merito alla questione.
F.F.
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