Sabrina Impacciatore 'apre' il Lecco Film Fest. Da Non è la Rai al Concertone, restando 'bambina'

Inaugurata la terza edizione del Lecco Film Fest che fino a domenica proporrà incontri e film nel centro cittadino. Intervistati dalla giornalista Tiziana Ferrario, sul piccolo palco di piazza XX Settembre organizzatori e autorità pubbliche hanno dato il via alla manifestazione.

In primo piano, naturalmente, il prevosto don Davide Milani che è l’ideatore dell’iniziativa promossa dalla Fondazione ente dello spettacolo di cui è presidente e il numero uno di Confindustria Lecco-Sondrio, Plinio Agostoni a proseguire nell’impegno dell’associazione in questa “scommessa”, impegno voluto dal suo predecessore Lorenzo Riva.
Assieme a don Milani e Agostoni, si sono avvicendati il sindaco Mauro Gattinoni, il consigliere regionale Mauro Piazza, il presidente della Camera di commercio Marco Galimberti, la presidente della Fondazione comunitaria del Lecchese Maria Grazia Nasazzi, Mario Mozzanica per la Fondazione Cariplo e naturalmente il presidente di Egea, l’azienda energetica massimo sponsor del festival, Pier Paolo Carini.

Negli interventi sono stati sintetizzati il significato e l’importanza di questa iniziativa per la nostra città con il cinema visto non soltanto come un medium – parole di don Milani - ma occasione di una comunità che l’esperienza della pandemia ha fatto sorgere e quindi un festival come antidoto alla chiusura nelle nostre case che ha lasciato molte lacerazioni. E quindi “Luci della città” – questo il tema dell’edizione di quest’anno della rassegna – come un modo di riaccendere la vita comunitaria.
Poi, riflettori puntati su Sabrina Impacciatore, attrice, comica, conduttrice, ma anche autrice. O, come ha detto la critica cinematografica Caterina Taricano che l’ha intervistata, “ricercattrice”.

Impacciatore ha ripercorso a cuore aperto la propria vita e la propria esperienza, senza tralasciare qualche dettaglio salace. Cominciando il racconto da quegli otto anni in cui durante una recita scolastica impersonò la Madonna e, quando la maestra le dispose il velo sul capo, si disse che avrebbe voluto restare con quei panni addosso: «Sono rimasta impigliata. Perché essere attrici significa proprio restare impigliate nella bambina che si è state. E spesso le donne se lo dimenticano, fregate dai ruoli che rivestono di mamma, moglie, amante. A differenza degli uomini che restano bambini tutta la vita. E allora faccio l’attrice per continuare a giocare». Ma non nel senso di recitare o fingere che è la tradizione attoriale italiana, aprendo quindi una riflessione sul metodo d’interpretazione: «Purtroppo, nella scuola drammatica italiana non esiste l’insegnamento a entrare nel personaggio. Noi abbiamo la tradizione della commedia dell’arte. E allora t’insegnano a recitare, a imitare la realtà. Mentre non bisognerebbe fingere mai: entrare nella psicologia del personaggio, vivere come lui, camminare come lui, vedere come lui. Proprio come fanno i bambini quando giocano che davvero credono di essere quello impersonano in quel momento. Occorre dunque credere che quella illusione che stai vivendo sia reale».

Ha poi raccontato le tappe della propria carriera professionale, dalla trasmissione televisiva “Non è la Rai” con Gianni Boncompagni che in lei vedeva la nuova Raffaella Carrà: «Era un visionario, vedeva cose che noi umani nemmeno immaginiamo, è stato il mio papà artistico che ringrazierò per sempre e che mi a dato una fiducia che nessuno poi mi ha più dato».
E poi la scuola di teatro dove faceva anche le pulizie per pagarsi i corsi e poi la scuola tradizionale e l’università per tranquillizzare i genitori che non ci credevano: «Speravano che mi passasse. Era davvero un’impresa impossibile, fare l’attrice di cinema. Nemmeno io credevo di farcela». E invece è arrivato il debutto a teatro e nel 1999 il primo film con Citto Maselli «e sembrava un miracolo» e poi Ettore Scola, un ricordo ancora intenso tanto da commuoversi e lasciarsi scappare una lacrima: «I veri grandi maestri sono umili, sanno guardarsi con ironia, non si mettono sul piedistallo».
Complessivamente una trentina di film e poi serie televisive, una televisione «che mi ha riconcorsa offrendomi molte possibilità ma alla quale ho sempre detto di “no” perché altrimenti non sarei stata credibile come attrice di cinema. Non m’interessa diventare famosa, ricca, riconoscibile per strada». Però, un’impennata di orgoglio non se la dimentica: la conduzione, la prima volta di una donna in solitaria, del concertone del Primo Maggio: «Con quattro maschi preparammo lo spettacolo per un mese. Poi, poco prima dello spettacolo vennero nel camper a dirmi che non ce l’avrei mai fatta e che avevano deciso di affiancarmi un conduttore.  M’infuriai: o io o lui. In quel momento mi sembrava di lottare per tutte le donne, contro il pregiudizio di questa nostra società italiana che è ancora molto maschilista e secondo cui la donna in certe professioni non ce la farà mai. Bene, quella volta, dopo otto ore di trasmissione, quei quattro, vennero a mettersi in ginocchio davanti a me».

Per tutte le informazioni sul proseguo della Festival: https://www.leccofilmfest.it
D.C.
Invia un messaggio alla redazione

Il tuo indirizzo email ed eventuali dati personali non verranno pubblicati.