Lecco: insulti su FB ad un avvocato sotto un post politico, assolto 'perchè il fatto non è previsto come reato'

Il Giudice Paolo Salvatore
I social, ormai si dovrebbe sapere, non sono terra di nessuno e per i così detti “leoni da tastiera” il rischio di ritrovarsi in Tribunale non è poi così basso se, di commento in commento, si travalica il confine della tolleranza e soprattutto se ci si imbatte, dall'altra parte dello schermo, con un soggetto che, dinnanzi all'insulto o all'offesa, non ha intenzione di lasciare correre. Non sappiamo se il lecchese, classe 1954, finito quest'oggi a processo a Lecco per uno “litigata” su Facebook sia un habitué delle “sparate”. Di sicuro lo scorso anno ha rivolto epiteti sgradevoli nei confronti della persona sbagliata. Commentando un post politico se l'è presa infatti con un avvocato marchigiano che non ci ha pensato due volte a denunciarlo. “Diffamazione” il reato ascritto al 68enne. Il difensore questa mattina in apertura d'udienza ha prodotto la remissione di querela sottoscritta, previa corresponsione di un risarcimento, dal collega la cui reputazione sarebbe stata danneggiata dalle espressioni “colorite” usate all'imputato. Il PM d'udienza ha chiesto dunque il non doversi procedere, essendo la “diffamazione” un reato procedibile per l'appunto a interesse di parte.
Il giudice Paolo Salvatore ha però  pronunciato sentenza d'assoluzione nei confronti dell'uomo, non presente personalmente in Aula. “Perché il fatto non è previsto come reato”.
Tecnico ma interessante il perché, che potrebbe tornare utile ad altri. In pratica, come spiegato poi, dal dr. Salvatore dando sommaria lettura delle motivazioni, i post ritenuti lesivi dal querelante sono stati scritti sì in una conversazione pubblica ma di fatto nel corso di un botta e risposta, con scambi tra i due. E' venuto meno dunque il requisito dell'assenza della "vittima", presupposto del reato insieme all'offesa alla reputazione e alla presenza di almeno due persone. Pur a distanza, l'avvocato marchigiano ha, per il giudice, percepito direttamente l'addebito diffamatorio e avrebbe potuto “difendersi”. Pur in un “forum” su Facebook se reato è stato, si è trattato della vecchia “ingiuria” ora depenalizzata e punita “solo” sul piano civile, con una sanzione pecuniaria. Da qui la chiusura della causa penale, sancita dal giudice, con un'assoluzione. E una – indiretta – tirata d'orecchi alla Procura.
A.M.
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