Piani Resinelli: cambia la gestione del Rifugio Porta, che ora punta anche un nuovo 'target'

Il Rifugio Porta (foto tratta da Fb)
Un filo tra la Val Masino e i Piani Resinelli, tra il Rifugio Ponti e il Porta, entrambe strutture storiche della montagna lombarda con una tradizione che è tutta un racconto affascinante. Da qualche settimana il rifugio dei Resinelli, di proprietà dal CAI Milano, ha una nuova gestione ed è quella di Iris Gherbesi, che con i  figli Massimo ed Eleonora Fiorelli, rispettivamente di 34 e 36 anni, da cinque anni manda avanti anche la "baita" in Val Masino. Alle spalle, per tutti, una vita da rifugisti. Perché Iris, quando i suoi ragazzi erano piccolissimi, gestiva già l'Allievi-Bonacossa, sempre in Val Masino, e come il Ponti situato sul tracciato di quel Sentiero Roma che è tra i più frequentati e decantati, «e il crescere in quell’ambiente ha fatto la differenza – sostiene - perché vi si acquisiscono capacità che altrimenti ci vorrebbero magari anni per imparare».
Tra l’altro, il caso vuole che – come ci racconta Ornella Gnecchi nella sua trilogia sui rifugi lecchesi – il primo a gestire il Carlo Porta «fu un certo Fiorelli della Val Masino, che rimase fino al 1921 circa». Cent’anni fa, quasi esatti. Per la cronaca, Gherbesi e il figlio Massimo si occupano del “Porta”, mentre Eleonora manda avanti il “Ponti”, dandosi aiuto reciproco da una parte o dall’altra quando necessario: «Il fatto di gestire due rifugi ci permette di ottimizzare le risorse, e lo stesso personale può essere impiegato secondo le esigenze». Al cronista che non riuscirebbe neppure a gestire un banchetto di gassose, Gherbesi fa osservare che «quando si è dentro a un’attività non è poi così difficile, perché si sa dove mettere le mani».
Iris Gherbesi – origini della Brianza canturina per quanto il cognome abbia radici valtellinesi - arriva al “Porta” dopo un’esperienza di 21 anni al Centro della montagna sempre in Val Masino, struttura di proprietà della Comunità montana Valtellina di Morbegno che, oltre a essere un rifugio-albergo, offre anche la possibilità di praticare una serie di attività mettendo a disposizione, tre le altre cose, una palestra tradizionale e una di roccia. Oltre a essere punto di riferimento per il “Melloblocco”, il raduno internazionale di bouldering che si svolge dal 2004 tra la Val di Mello e la Val Masino.
La scelta di occuparsi anche del rifugio ai Piani Resinelli è arrivata «perché il luogo è meraviglioso, la struttura è storica e ha contribuito a scrivere pagine memorabili di alpinismo».


Massimo Fiorelli, Iris Gherbesi e Simone Doria, altro cuoco

Da quando venne costruito, nel 1910, con il terreno donato da un Carlo Porta che era nipote dell’omonimo celebre poeta milanese - tanto che l’intitolazione ricorda l’uno e l’altro - molto è cambiato ai Piani Resinelli. Alla storica struttura del Cai Milano, ormai si arriva quasi in auto. La si parcheggia sul gran piazzale d’ingresso alla località per poi camminare un quarto d’ora circa, e quel breve tratto di strada da farsi a piedi è comunque un valore – dice Gherbesi – e non solo perché magari fa venire l’appetito come s’usa dire in compagnia, ma «perché un po’ fa selezione, e soprattutto dà quel grado in più di tranquillità che consente di vivere nel silenzio della natura nonostante i Piani Resinelli, così frequentati e rumorosi, siano solo a pochi passi».
Sulla conduzione della struttura, per il momento si va con cautela: «Abbiamo aperto dalla fine di maggio e abbiamo bisogno di sperimentare, capire anche soltanto quale menù preparare, conoscere insomma l’utenza, come inserirci. Indubbiamente, questo posto si presta a tante iniziative. Potremmo anche pensare di intercettare quelle persone che non si sono mai approcciate alla montagna. Si parla, per esempio, di ospitare durante la settimana, quando il rifugio è meno frequentato da escursionisti e alpinisti o semplici turisti, corsi aziendali che si potrebbero così svolgere in un ambiente tranquillo e rilassante». Un orientamento che naturalmente ha anche scelte imprenditoriali, perché un rifugio alpino non vive di solo fascino ma ha bisogno anche di far quadrare i conti.
Una risorsa potrebbe essere lo stesso bosco di faggi e abeti che sovrasta il rifugio e che è chiamato Bosco Giulia, a memoria della moglie del Carlo Porta “nipote”: potrebbe infatti ospitare spettacoli teatrali o piccoli concerti.
D.C.
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