Lecco: Beppe Mambretti lancia il progetto di 'Italia al centro', Andrea Secchi coordinatore provinciale
Insediato ufficialmente il coordinamento provinciale lecchese di “Italia al centro”, il movimento che a livello nazionale fa riferimento al presidente regionale ligure Giovanni Toti e che raccoglie quelle frange di Forza Italia che, con il declino politico di Silvio Berlusconi, seppure mantenendosi sulla scena, non tollerano un centrodestra guidato da Matteo Salvini o Giorgia Meloni, dai quali rimarcano le distanze. Il progetto consiste nello spostare il baricentro del centrodestra, ora sbilanciato verso l'estremo, e riportarlo nell’area moderata e liberale, in quel famoso “centro” che è mito e mantra nel dibattito politico italiano. Area peraltro affollata da più di un leader – sono stati fatti i nomi di Carlo Calenda, di Matteo Renzi e anche di Luigi Di Maio – in frenetico indaffararsi per far nascere l’agognata forza politica del futuro.
Beppe Mambretti, Paolo Romani, Andrea Secchi
Più che una conferenza stampa – così com’era stata presentata alla vigilia – si è trattato quasi di una vera e propria cerimonia di fondazione alla quale è intervenuto telefonicamente lo stesso Toti che ha definito i lecchesi «pionieri di un movimento che sta nascendo in queste ore», con buone presenze parlamentari e territoriali considerati i nove consiglieri comunali eletti nelle città capoluogo nell’ultima tornata elettorale, e che vuole essere catalizzatore di altre forze per creare qualcosa di più grande.
Ad aprire l’incontro è stato il coordinatore provinciale Andrea Secchi, ma è stato soprattutto Mambretti a illustrare lo spirito fondativo: «Chi siamo? Quelli che aspettavano Giorgetti? Può darsi. Quelli che volevano un ruolo differente per Forza Italiua? Sicuramente. Quelli che sperano in un centrodestra allargato? Lo dicono i dati». Partendo dal presupposto di un’apertura al dialogo, l’obiettivo è appunto «un centrodestra dove si fanno i congressi», non come avviene nella Lega Nord di Salvini che lo rimanda o in Forza Italia che non lo convoca. «Perché la democrazia interna ai partiti – ha continuato – serve a selezionare la classe dirigente, e non come accadeva quando si doveva essere amici di una fidanzata o di un maggiordomo».
“Italia al centro” si presenta come una forza di centrodestra – ha detto ancora Mambretti – che vuole avere pari dignità con le altre, che non vuole essere sgabello o dependance di nessuno. Citando don Luigi Sturzo e Palmiro Tagliatti, ha proseguito paragonando il periodo storico che stiamo vivendo all’immediato secondo dopoguerra, almeno dal punto di vista economico perché allora c’erano valori che hanno consentito di ricostruire l’Italia, valori che oggi non ci sono più e pertanto si dovranno fare i conti con problemi valoriali, oltre che economici. C’è quindi bisogno di una forza politica che esprima persone autorevoli e credibili: «Il nostro mondo è quell’elettorato che non va più a votare, che nella politica non crede più, che quando ne sente parlare spegne il televisore». E che nel centrodestra non vede più un punto di riferimento, un centrodestra che sulla politica estera non sa cosa fare, con un partito (Fratelli d’Italia) diventato totalmente atlantico, un altro (la Lega Nord) che si divide tra le magliette pro Putin e gli aiuti all’Ucraina, e Forza Italia che un giorno dice una cosa e il giorno dopo il contrario.
Lo sguardo è rivolto in particolare alle prossime elezioni regionali, ma anche a consultazioni minori in arrivo in provincia (Ballabio, per esempio). Messaggio chiaro, dunque: “Italia al centro” sarà in corsa; se con il centrodestra, un nuovo cartello o in solitaria è tutto da vedere. Certamente, mai con la sinistra – ha poi aggiunto Romani – caratterizzata da un ambientalismo ideologico.
Il senatore ha anche ricordato come il distacco da Forza Italia sia dovuto da una parte alla questione di «fidanzate e maggiordomi», ma anche al fatto che nel 2019 Berlusconi ha deciso di fondere il partito con la Lega Nord. Che non è più quella di Umberto Bossi, che nasceva dal basso, dalla Lombardia che lavora. «Salvini ha soltanto l’argomento degli immigrati. Noi vogliamo andare a coprire un’area precisa, quella della razionalità, oltre la politica dei social e le giaculatorie leghiste sui magrebini che rubano i portafogli. Le prospettive non le sappiamo nemmeno noi. L’Italia di dieci mesi fa non era in grado di prevedere la situazione di oggi e così non è possibile sapere cosa sarà il nostro Paese fra dieci mesi».
D.C.