Garlate, crac Fratelli Greppi: amministratrice assolta, tre anni invece ad un funzionario di banca
La sede di Garlate della Fratelli Greppi in una foto scattata prima del fallimento
Come ricostruito nel corso dell'istruttoria dall'operante della Guardia di Finanza chiamato a sintetizzare le indagini, necessitando di liquidità, nell'aprile 2012, con decisione presa dal cda, costatata l'imputazione per bancarotta distrattiva a F.G. (assistita dall'avvocato Roberto Zingari, sostituito nel corso dell'istruttoria dalla collega Giada Ammirati), la Fratelli Greppi aveva avviato una pratica per chiedere l'apertura di credito per 750.000 euro. Di questi 235.000 euro sarebbero stati poi “riscossi” attraverso il meccanismo del finanziamento soci dal Presidente (nel frattempo deceduto) che effettivamente vantava un credito, per ripianare un debito bancario di altra società, la Greppi Auto costituita per dare vita a una nuova concessionaria - mai aperta - che avrebbe dovuto insediarsi in un grande capannone, acquistato, accendendo un mutuo. Il tutto attraverso una ipoteca proprio su tale immobile. Da qui la “chiamata in causa” del dr. G.B.B. che, stando all'impianto accusatorio, tramite quella iscrizione volontaria ad acque già agitate, avrebbe posto la Banca in una condizione di vantaggio rispetto agli altri creditori.
Una verità quest'ultima "cristallizzata" dalla sentenza di primo grado. Il collegio giudicante ha ritenuto infatti colpevole il funzionario ed escludendo la contestata recidiva ha condannato lo stesso a 3 anni. Assolta invece la signora F.G., semplice membro del cda della fallita, "per non aver commesso il fatto".
A.M.