Roberto Castelli: non siamo contro la Lega. Ma rivendichiamo la richiesta di autonomia

Roberto Castelli
76 anni da compiere tra una quindicina di giorni, ma di mollare i propri ideali non ne vuole sentire parlare. L’ingegner Roberto Castelli dalla sua Lecco è stato tra i primi a seguire il leader storico Umberto Bossi e a credere al mito della Padania indipendente. Nella Roma (ladrona) Castelli è stato nei governi Berlusconi ministro della Giustizia e vice ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti. Il primo approdo in Parlamento era stato nel 1992 come deputato e poi come senatore. In parallelo il suo percorso nel movimento, inizialmente chiamato Lega Lombarda, a partire dal 1987. È stato a capo delle sezioni di Como e Lecco e presidente della Lega Lombarda. Nel 2012, con lo scandalo Belsito, figure di primo piano come Castelli sono state in parte defenestrate. Nel 2019 è stato scelto come presidente di Autostrada Pedemontana Lombarda. Con le dimissioni volontarie avvenute nel novembre scorso, ha avuto più tempo da dedicare all’associazione da lui fondata e presieduta, Autonomia e Libertà, che cavalca gli ideali federalisti del Nord. Il 26 giugno l’evento a Pontida per la firma del “patto di lealtà per il Nord”. Abbiamo incontrato il presidente Castelli a margine dell’iniziativa.

Com’è andata l’assemblea, ing. Castelli? Si sente soddisfatto?
“Stavamo preparando questo incontro da tanto tempo, è stato un po’ faticoso organizzarlo, non è una cosa che è arrivata dopo il referendum e le elezioni. Sono contento per questa mattinata, è andata esattamente come volevamo”.

Tutti vogliono sapere quali saranno i prossimi passi.
“L’obiettivo è crescere per far valere le nostre idee. Abbiamo messo in cantiere delle iniziative e ad agosto sarò disponibile a ricevere spunti per delle nuove attività”.

Puntate ad accogliere gli esuli della Lega Nord?
“Chi vuole entrare sarà ben accetto, ma noi non siamo contro la Lega. Lasciamo da parte le critiche aprioristiche a Salvini o al partito”.

Così come erano stati attribuiti i meriti a Salvini per l’exploit, così ora dovrebbero ricadere su di lui le responsabilità del tracollo. Concorda su questo?
“Io questo non lo dico. In molti vorrebbero un vero congresso nazionale che non si tiene da diversi anni”.

Però dite che il vostro “patto” appena siglato è il riferimento fondamentale della vostra azione. Un bello smacco nei confronti dello statuto del partito e dunque del partito stesso.

“Gli statuti vanno e vengono. Nel primo della Lega era segnato l’obiettivo dell’indipendenza della Padania. Io non ho niente da dimostrare, non mi interessa raggiungere il potere, ho già avuto tanto dalla politica. Vogliamo diffondere le nostre idee. Non adattiamo la politica al sentire dell’elettorato. Registriamo però con favore che l’idea dell’autonomia sta tornando ad essere discussa. Se uno come il deputato Invernizzi, che è referente provinciale a Bergamo della Lega per Salvini Premier, è iscritto ad Autonomia e Libertà, vorrà pur dire che la nostra posizione non è poi così eretica”.

Fintanto che resterete all’interno della Lega la vostra posizione potrebbe apparire solo a parole.
“La politica è fatta di parole. Qualcuno diceva che in principio era il verbo [sorride, ndr]. Le parole, inteso come pensiero, sono il motore di ogni cosa in politica. Poi se si ottiene potere, se si ha la forza, le si possono tradurre in azioni concrete”.

In questi giorni le frizioni in un altro movimento, i 5 Stelle, ha portato alla scissione. È quello che accadrà anche nella Lega?

“Sono cose ben diverse e lontane. Di Maio ha voluto applicare un’operazione di potere a tavolino. Noi non abbiamo creato un gruppo in Parlamento. Non c’è alcuna parentela tra le due cose. Noi stiamo cercando di rimettere al centro le radici della Lega”.

Nel suo intervento ha rigettato l’ipotesi che il Nord dreni le risorse al Sud, anzi sostiene l’opposto. Openpolis ha però elaborato i dati sul PNRR, da cui appare che i due ministeri chiave per i fondi del PNRR, quelli guidati da Giorgetti e Garavaglia, destinano al Sud appena il 25%. Come la mettiamo?
“Nella formulazione del Governo il 60% dei fondi del PNRR va al Sud [il vincolo è fissato in realtà al 40%, ndr]. Come ho già detto, con il PNRR hanno rifatto la Cassa del Mezzogiorno”.
Marco Pessina
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