Lecco, pestaggio in stazione con rapina: testimone già escusso chiede di essere nuovamente sentito. 'Avevo paura'
Colpo di scena dunque nel processo intentato nei confronti di Fabio Carter Gapea Dago il giovanotto, classe 1997, nato a Palermo ma con origini straniere, chiamato a rispondere di rapina e lesioni personali (in concorso con altri soggetti non identificati). Se quest'oggi infatti era prevista la chiusura dell'istruttoria e dunque la discussione finale, l'attenzione è stata completamente monopolizzata dal testimone tornato al cospetto della corte per arricchire di dettagli una vicenda che pareva già chiusa. Al centro del processo c'è il pestaggio subito il 16 marzo 2019 da un senegalese, classe 1995, oggi residente a Civate. Rotta la mandibola, il ragazzo si era trovato al Manzoni di Lecco senza il cellulare, le chiavi e i contanti che aveva in tasca. Da qui la contestazione a Gapea – attualmente in carcere dopo un'operazione antidroga della Squadra Mobile in quanto trovato in possesso di un'ingente quantitativo di stupefacente oltre che di armi, tra cui un revolver risultato rubato – anche del reato di rapina, come presunto componente del gruppetto di assalitori che avrebbe preso a calci e pugni il malcapitato, non riuscito però, alla scorsa udienza, a precisare chi avrebbe fatto cosa nel parapiglia.
Dietro all'aggressione ci sarebbe, secondo il testimone risentito quest'oggi, una questione di soldi con la vittima che avrebbe dovuto restituire al 25enne 300 euro. Lui non avrebbe assistito però al regolamento di conti, pur avendo incrociato Gapea a breve distanza da piazza della stazione, luogo dell'accaduto, sentendo poi i rumori delle botte, avvicinandosi a piedi. L'indomani invece avrebbe insistito con Fabio per riavere il cellulare dell'amico finito in ospedale, ottenendo dallo stesso un appuntamento per la restituzione dello smartphone.
“Perché l'hai picchiato?” avrebbe chiesto all'imputato sentendosi rispondere “doveva essere così”.
Alla domanda invece circa la reticenza dimostra in Aula a marzo, il ragazzino ha risposto di aver avuto paura. Perdendosi poi in una spiegazione che ha toccato un fratello che sarebbe stato minacciato da Gapea e buttando lì un “vivo in viale Turati” e un accenno ad una pistola che hanno fatto pensare alla questione per cui il 25enne è ora sottoposto alla misura cautelare del carcere ma, evidentemente, è tutta altra questione rispetto al fatto oggetto del procedimento odierno che andrà ora a sentenza il prossimo 1 dicembre, data a cui il processo è stato aggiornato per la discussione finale.
A.M.