In viaggio a tempo indeterminato/236: nel cassetto...

Ognuno di noi ha la sua.
E poi ne abbiamo una comune a entrambi.
Ci sono anni in cui si allunga e altri in cui si accorcia.
Spesso ci dimentichiamo della sua esistenza.
Altre volte diventa un chiodo fisso.
Di cosa sto parlando?
Ok, non è il luogo adatto per gli indovinelli da Settimana Enigmistica.
Sto parlando della nostra personale lista delle esperienze da fare assolutamente nella vita.
Sono idee che raccogliamo nel corso del tempo, che magari hanno attirato la nostra attenzione per qualche motivo particolare.
Tipo io nella mia lista ho, tra le tante, incontrare il Dalai Lama, dormire in tenda accanto alla muraglia cinese e vedere un bradipo.
Insomma, cosette da nulla.
Non ricordo nemmeno come mi siano venute in mente.
Fatto sta che sono entrate nel cassetto delle esperienze che vorrei fare.
E stanno lì in attesa che io sia vicino alla zona di possibile realizzazione, per poter sbucare fuori.
Il cassetto è in continua evoluzione perché si aggiungono desideri e se ne realizzano altri.
Qualche giorno fa, però, è stato Paolo a tirar fuori qualcosa dal suo cassetto dei "da fare nella vita".

"Anghela in Turchia due cose voglio vederle assolutamente" mi aveva detto ancora prima che varcassimo il confine.
Mi aveva dato due nomi e nella mia testa, sinceramente, non dicevano molto.
Ma li aveva messi dentro quel cassetto quindi dovevano essere speciali.
Salire sul Monte Nemrut era il primo dei due.
Una volta entrati in Turchia, però, io me ne ero completamente dimenticata anche perché, dopo una rapida occhiata alla mappa, avevo pensato fosse decisamente fuori mano.
Ma poi passavano i giorni e i km e sembrava che la nostra rotta ci portasse proprio a passare vicino a quel monte.
"Pa, ma sei sicuro che ce la facciamo a salire lassù con il nostro van? Non è troppo ripido?"
"Non ce la faremo mai! O meglio, potremmo anche farcela ma poi credo dovremmo gettare il van dalla cima del monte.
Ma dobbiamo andarci per forza, sono 15 anni che voglio venirci"
"15 anni?!?" Avevo chiesto io incredula.
"Sì. 15 anni fa avevo visto in una libreria la copertina di una guida Lonely Planet della Turchia. La foto che avevano utilizzato era quella di una testa sul monte Nemrut. È da allora che ci voglio andare."
Paolo ha una memoria molto breve e difficilmente ricorda dove eravamo la settimana prima. Il fatto che si ricordasse della copertina di un libro dopo così tanti anni mi ha fatto capire che quel luogo doveva averlo tirato fuori proprio da quel famoso cassetto.
Era deciso, dovevamo andarci.
Ma dato che sforzare così il nostro van vecchietto non era un'opzione, avevamo bisogno di un'alternativa.
Camminare? 1300 m di dislivello in 12 km erano decisamente troppi per due poco allenati.
E quindi, il caro e vecchio metodo: l'autostop.

VIDEO:


Fare autostop è sempre un terno al lotto.
Può andare benissimo e il passaggio si trova in 5 minuti o può andare malissimo e si rischia di stare ore e ore ad aspettare invano.
Ecco, la seconda ipotesi è quella che si stava concretizzando per noi.
Nessuna macchina sembrava prendere la strada su cui ci eravamo appostati per chiedere un passaggio.
E con nessuna intendo proprio zero.
Tanto che un pastore che stava facendo pascolare le pecore, vedendoci scrutare la strada, si era avvicinato, aveva scosso il capo e ci aveva fatto segno di iniziare a camminare.
Ma proprio mentre stavamo per demordere, vediamo sopraggiungere un pick-up bianco.
Accosta.
"Nemrut Dagi?" Chiediamo noi.
E ci fa cenno di salire.
Era uno dei tecnici che lavorano ai cavi della corrente che stava andando sulla cima del monte per fare dei lavori.
La fortuna girava decisamente dalla nostra.
Come se il destino volesse darci una mano ad arrivare lassù.
Paolo aveva ragione. Dovevamo assolutamente vedere quel posto.

Sulla cima del monte, a più di 2000 metri di altezza, ecco comparire delle enormi teste di pietra.
Qui sopra, nel I secolo a.C. il re Antioco I fece costruire la sua tomba e la riempì di gigantesche statue di se stesso e di alcune divinità, come Zeus e Apollo.
È stata una sorpresa pazzesca per me arrivare lassù e trovarmi davanti quelle statue che affacciavano su un paesaggio infinito.
"Wow!" è stata l'unica parola che sono riuscita a dire anche perché il vento era così forte da togliermi il respiro.
"Ma come gli è venuto in mente di costruirsi una tomba quassù?" È stato il mio primo pensiero.
E in altre occasioni mi sarei messa a fare una ricerca, avrei voluto capire il perché, chi fosse questo re Antioco, cosa c'entrassero delle divinità greche.
Ma stavolta no.
Mi sono fermata e ho guardato il viso di Paolo.
La copertina di quel libro visto 15 anni prima era diventata realtà.
E nel suo sguardo ho letto la soddisfazione di essere arrivato fin lì, la felicità per aver raggiunto un luogo che sembrava impossibile, la meraviglia davanti a qualcosa  che è sopravvissuto a vento, terremoti e tempeste.
Quel giorno ci siamo sentiti davvero in cima al mondo.
Angela (e Paolo)
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